Una notizia che ha colto di sorpresa e commosso profondamente l’intera comunità ponticellese: è morto Carmine Laurino, conosciuto da tutti come “lo Sciacallo”, figura storica e carismatica del quartiere, simbolo di tutti i paradossi e le contraddizioni della Napoli popolare.
Per decenni, Laurino è stato un volto familiare per chi vive nella periferia orientale del capoluogo partenopeo. Famoso per la sua attività di vendita di sigarette di contrabbando, il suo chiosco spartano, ma sempre animato, era diventato ben più di un semplice punto di riferimento per fumatori incalliti: era un vero e proprio centro di aggregazione, un luogo di incontro per giovani e meno giovani. Con la sua proverbiale ironia e l’arte della chiacchiera, amava dire: “Fuori al mio chiosco si sono fatte più coppie che in chiesa… e oggi sono famiglie vere”.
Ma “lo Sciacallo” era molto più del “contrabbandiere buono” che tanti ricordano con un sorriso. Era un personaggio a tutto tondo, capace di passare con disinvoltura dal racconto colorito di un aneddoto di quartiere a un dibattito acceso sulla politica locale e nazionale. Il suo spirito goliardico, unito a una genuina passione per la vita della comunità, lo aveva reso una figura amata anche da chi non condivideva sempre i suoi metodi.
Quando il contrabbando di sigarette fu duramente colpito dalle operazioni di repressione, Laurino non si arrese né si nascose. Continuò a reinventarsi, mettendosi al servizio degli altri, in cambio di qualche spicciolo, inventandosi un mestiere ingegnoso, uno dei tanti della vita di un uomo che oggi possiamo dire essere morto da disoccupato, senza mai riuscire a trovare un impiego lavorativo “vero”, neanche per un giorno della sua vita. Con il suo inseparabile berretto in testa e in sella al suo vecchio Sì, si aggirava per i rioni di Napoli est alla ricerca di disservizi da segnalare, buche stradali, tombini ostruiti, lampioni spenti. Era, di fatto, un “addetto civico” ante litteram, un ponte tra la gente e le istituzioni, spesso assenti sul territorio.
Laurino conosceva bene il degrado: ci viveva dentro. Nato e cresciuto nell’isola due del rione De Gasperi, ha trascorso oltre 70 anni in una casa popolare fatiscente, ereditata dai genitori, senza mai riuscire a vedere realizzato il sogno di un’abitazione dignitosa. Un sogno, il suo, che con la sua morte diventa metafora del destino di tanti altri: ponticellesi onesti, dimenticati, lasciati ai margini, morti senza che nessuno ascoltasse davvero il loro bisogno di normalità.
Con Carmine Laurino se ne va un pezzo di storia non ufficiale, ma autentica, di Ponticelli. Lo Sciacallo non era un eroe, né un santo, ma un uomo del popolo, come lui stesso amava definirsi, con i suoi sbagli e le sue battaglie, capace però di lasciare un segno profondo nella memoria collettiva.

Ponticelli oggi lo saluta con affetto. Perché anche chi ha vissuto ai margini, può essere un simbolo. E lo sciacallo, per il suo quartiere, lo è stato davvero.