Torna al centro delle vicende di cronaca anche il nome di Pasquale Sarno, noto come “Gio-gio”, è stato arrestato insieme ai fratelli Ciro e Vincenzo, al cugino Giuseppe e ad Antonio, figlio di Ciro, nell’ambito di un’operazione coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Firenze. Le accuse includono associazione per delinquere finalizzata a reati fiscali, estorsione aggravata dal metodo mafioso, autoriciclaggio e violazioni delle norme sull’immigrazione.
Originario del quartiere Ponticelli di Napoli, Pasquale Sarno, insieme ai fratelli Ciro, Vincenzo, Giuseppe e Luciano, è stato uno dei leader del clan Sarno, che ha dominato l’area orientale della città dagli anni ’80. Dopo l’arresto del fratello Ciro alla fine degli anni ’90, Pasquale ha assunto un ruolo di primo piano nell’organizzazione, alternandosi nella reggenza del clan con gli altri fratelli a piede libero. Nel 2009, ha deciso di collaborare con la giustizia, contribuendo allo smantellamento del clan.
Gravemente malato, “Giò-Giò” era riuscito ad ottenere la capitalizzazione che inizialmente gli era stata negata, proprio facendo leva sulle sue precarie condizioni di salute, sottolineando che senza il contributo dello Stato non poteva continuare a vivere nella cittadina ligure dove si era insediato e dove era sottoposto a cure che non poteva interrompere. In passato, – su input del fratello Ciro Sarno – aveva chiesto aiuto alla direttrice di Napolitan.it, la giornalista Luciana Esposito, al fine di “creare un caso mediatico” per denunciare le negligenze dello Stato che li aveva presi in carico e che non intendeva riconoscere i benefici che, in quanto collaboratore di giustizia, gli spettavano di diritto, ma la giornalista si rifiutò di perorare la sua causa.
Tuttavia, le indagini recenti hanno rivelato che i fratelli Sarno avrebbero tentato di riorganizzare le attività del clan in Toscana, in particolare a in Toscana – dove dimoravano i fratelli Ciro e Vincenzo – e in Liguria, dove invece si era insediato Pasquale Sarno, sfruttando la reputazione criminale acquisita a Napoli. Avrebbero cercato di infiltrarsi nel settore del trasporto di rifiuti tessili, collaborando con imprenditori locali.
L’operazione eseguita lo scorso 20 maggio ha portato a dodici misure cautelari, inclusi arresti domiciliari e interdizioni da incarichi direttivi. Sono stati effettuati sequestri di beni e conti correnti per un valore di quasi un milione di euro in Toscana, Liguria, Campania e Friuli Venezia Giulia .