Un’ascesa criminale, un apparente pentimento, poi la caduta.
È la storia dei fratelli Sarno, una delle famiglie più potenti della camorra napoletana, la cui parabola racconta tanto della trasformazione della criminalità organizzata quanto delle sue capacità di rigenerarsi, persino dopo la collaborazione con lo Stato. Ciro, Vincenzo, Giuseppe e Pasquale Sarno, da temuti boss dell’area orientale di Napoli, sono tornati sotto i riflettori delle cronache giudiziarie per un nuovo, inquietante capitolo: il tentativo di ricostituire un potere criminale in Toscana, località nella quale si erano trasferiti sotto la tutela dello Stato, in veste di collaboratori di giustizia, dopo aver seminato morte e terrore tra le strade di Napoli. Partiti dal rione De Gasperi di Ponticelli, i fratelli Sarno, grazie ad una serie di alleanze, tra tutte quella con i Misso e i Mazzarella, riuscirono a controllare una gran fetta di territorio che si estendeva dall’entroterra vesuviano, fino alla periferia occidentale di Napoli, passando per il cuore del centro storico.
Negli anni ’80 e ’90, il clan Sarno era una delle realtà camorristiche più strutturate dell’area napoletana. Con base a Ponticelli, quartiere popolare dell’area est della città, i Sarno riuscirono a costruire un vero e proprio “sistema” criminale, fondato su traffici di droga, estorsioni e controllo del territorio. Al vertice dell’organizzazione c’era Ciro Sarno, detto ‘o sindaco, considerato il regista strategico del clan. Accanto a lui agivano i fratelli: Vincenzo, detto Cavalluccio, Pasquale, soprannominato Gio-Gio, e il cugino Giuseppe, noto come Caramella, ma anche il fratello Giuseppe, detto “o mussillo”, cugini, cognati, parenti diretti e acquisiti, amici, simpatizzanti, sostenitori del clan. Un vero e proprio esercito.
Il potere dei Sarno era tale da assoggettare interi quartieri, imporsi sui clan rivali e influenzare perfino equilibri politici e imprenditoriali. Erano temuti, rispettati e capillarmente presenti nel tessuto urbano.
Il declino iniziò negli anni Duemila. Una lunga serie di arresti e una pressione crescente delle forze dell’ordine e della magistratura portarono i Sarno a compiere un gesto inaspettato: la collaborazione con la giustizia. A partire dal 2009, diversi membri del clan, compresi i fratelli di vertice, scelsero di collaborare con i magistrati.
Una scelta che fece epoca nel mondo della camorra, perché mai un clan così potente aveva aperto le porte del proprio sistema con tanta decisione. Le loro dichiarazioni furono decisive per smantellare una parte importante della criminalità organizzata napoletana, portando a centinaia di arresti. Lo Stato sembrava aver vinto una battaglia cruciale.
Eppure, la parabola dei Sarno non si è fermata lì. Dopo anni di collaborazione e uscite dal programma di protezione, i fratelli sono tornati in affari. Ma non più a Napoli. Secondo la Direzione Distrettuale Antimafia di Firenze, Ciro, Vincenzo, Pasquale, Giuseppe e il figlio di Ciro, Antonio, avrebbero cercato di infiltrarsi nel tessuto economico della Toscana, in particolare a Prato, attraverso attività illecite nel settore dei rifiuti tessili e delle frodi fiscali.
Le indagini, partite nel 2022, hanno accertato che i Sarno, facendo leva sulla loro reputazione criminale, avevano instaurato rapporti con imprenditori locali e preteso denaro in cambio di “protezione” inesistente. In alcuni casi, avrebbero collaborato con imprenditori cinesi per facilitare l’evasione fiscale tramite false fatturazioni. Sono accusati anche di tentata immigrazione clandestina: avrebbero favorito l’ingresso illegale in Italia di decine di cittadini pakistani, destinati al lavoro nero nel distretto tessile pratese.
Il 20 maggio, su disposizione della DDA di Firenze, è scattato il blitz: dodici misure cautelari, cinque arresti in carcere, cinque ai domiciliari, due interdizioni da incarichi direttivi. Tra gli arrestati, i fratelli Sarno e il figlio di Ciro ‘o sindaco. Sono stati sequestrati beni per quasi un milione di euro.
La vicenda dei fratelli Sarno è emblematica. Da capi clan a collaboratori, da “pentiti” a protagonisti di una nuova fase criminale. Il loro ritorno all’attività mafiosa conferma quello che tra le strade di Ponticelli si è sempre saputo e che ha sempre legittimato a covare dubbi e sospetti sulla sincerità di quel percorso di collaborazione. Una vicenda che sottolinea anche quanto sia necessario un controllo costante su ex collaboratori, specie se ancora capaci di riorganizzare reti e contatti.
L’arresto dei fratelli Sarno è una lezione per le istituzioni: la camorra non si estingue con una condanna, cambia pelle, cambia territorio, ma continua a cercare il potere.