Napoli è una città che vive di contrasti, di tradizione e modernità, di fede e provocazione. E nulla rappresenta meglio questo connubio quanto il Duomo di Napoli, luogo sacro e simbolo identitario per generazioni di napoletani. In questi giorni, però, una controversa installazione fotografica sulla facciata del Duomo ha scatenato un acceso dibattito tra chi la considera un’opera d’arte e chi, invece, la percepisce come una profanazione.
L’opera d’arte urbana realizzata dall’artista francese JR, un collage fotografico di volti napoletani, adorna temporaneamente la cattedrale, creando un dialogo tra la storica architettura e la contemporaneità.
JR, noto per le sue installazioni fotografiche su larga scala, ha realizzato un collage che rappresenta un volto collettivo composto da ritratti di cittadini napoletani. L’opera, intitolata “Chi sei, Napoli?”, è stata installata sulla facciata del Duomo, offrendo una nuova prospettiva sulla città e i suoi abitanti.
Per la maggior parte dei napoletani, il Duomo non rappresenta solo un luogo di culto, ma un simbolo sacro, espressione di quei valori e di quella tradizione che meritano rispetto e che da secoli accoglie suppliche e preghiere dei fedeli, oltre all’appuntamento con la tradizione più sentito e partecipato dai napoletani, quello del prodigio della liquefazione del sangue di San Gennaro che vede confluire nel Duomo migliaia di fedeli, capeggiati dalle anziane donne di Napoli che si tramandano di madre in figlia le preghiere e le invocazioni da intonare per chiedere al Santo, alla napoletana maniera, di concedere il miracolo al suo popolo.
Per questo motivo, quei napoletani che custodiscono gelosamente quella tradizione e quei valori, vivono quell’installazione come un atto profanatorio che sfocia ben oltre il mero senso religioso.
Il Duomo di Napoli, sede del culto di San Gennaro, rappresenta per i napoletani non solo un luogo di fede ma un elemento identitario che racchiude secoli di storia e tradizione. Qualsiasi intervento che ne alteri l’immagine, anche se temporaneo e artistico, rischia di essere percepito come una mancanza di rispetto verso quella sacralità così sentita e radicata.
Ma c’è chi sostiene che l’arte debba provocare, scuotere, interrogare. I promotori dell’installazione difendono il loro progetto come un’opera di riflessione sulla contemporaneità, capace di dialogare con il passato. Tuttavia, per molti napoletani, quel dialogo appare forzato, irrispettoso e fuori luogo.
La polemica resta aperta, ma ciò che emerge con forza è il legame indissolubile tra Napoli e i suoi simboli, tra il popolo e la sua storia, tra l’arte e la fede. Un legame che, per i veri napoletani, non ammette compromessi.