Ciro De Cesare, già condannato nel 2018 a sette anni di reclusione per cessione di sostanze stupefacenti e per il ruolo di cassiere in un’associazione criminale ex art. 74, è stato prosciolto dall’accusa di possesso illecito di un telefono cellulare durante la detenzione nel carcere di Secondigliano.
Determinante per l’assoluzione è stato il lavoro dell’avvocato difensore Sara Piccini, che ha fatto leva sulla totale assenza di prove concrete, sottolineando come l’unico elemento a supporto dell’accusa fosse una semplice annotazione di servizio, priva di ulteriori riscontri investigativi. Il giudice ha così emesso una sentenza di non luogo a procedere, evidenziando la carenza di elementi probatori sufficienti per sostenere l’accusa.
Il caso riaccende i riflettori sulla facilità con cui i dispositivi entrano nelle carceri e sulle difficoltà di raccogliere prove concrete per sostenere le accuse. Per De Cesare, la sentenza rappresenta un’ulteriore tappa giudiziaria importante in un percorso segnato da una condanna che lo aveva già condannato a diversi anni di reclusione e che poteva accrescere, se l’ulteriore procedimento avviato mentre era già detenuto non si fosse concluso a suo favore.