Sono passati tredici anni dalla tragica morte del piccolo Antonio Giglio, il bambino di appena tre anni che perse la vita precipitando dal balcone di un appartamento nel Parco Verde di Caivano. Era il 27 aprile 2013. Una vicenda che ha lasciato ferite profonde nel cuore di un’intera comunità, segnando uno dei capitoli più oscuri nella storia recente del quartiere.
Antonio venne inizialmente considerato vittima di un incidente domestico. La madre, Marianna Fabozzi, e il compagno all’epoca, Raimondo Caputo (già coinvolto nell’orribile caso dell’omicidio della piccola Fortuna Loffredo), parlarono di una caduta accidentale. Ma nel tempo, grazie a indagini più approfondite e testimonianze emergenti, è affiorato un quadro ben più inquietante: il sospetto di un’altra morte non casuale, forse legata a un contesto di abusi, violenze e omertà.
Antonio, come Fortuna poco più di due anni dopo, è stato vittima di un sistema di degrado e paura che per anni ha reso il Parco Verde sinonimo di abbandono istituzionale, criminalità e sofferenza minorile. Due bambini volati nel vuoto a distanza di poco tempo, nello stesso quartiere, nello stesso silenzio assordante.
Ma tredici anni dopo, qualcosa è cambiato. Il Parco Verde di Caivano, pur conservando ancora molte delle sue ferite, ha avviato un percorso lento ma determinato di rinascita. Gli ultimi anni hanno visto un maggiore coinvolgimento dello Stato e della società civile: presidi delle forze dell’ordine, iniziative per i minori, centri sportivi, scuole riqualificate.
Grazie anche al clamore suscitato dai casi di Antonio e Fortuna, ma soprattutto dalla macabra vicenda delle due cuginette vittime di abusi da parte di un branco di ragazzini, Caivano non è più solo un simbolo del male, ma anche un terreno di sfida per chi crede nella possibilità di un riscatto sociale. Le parole “legalità”, “educazione”, “diritti dei bambini” sono entrate finalmente nel vocabolario quotidiano del quartiere. Famiglie, insegnanti e associazioni stanno ricostruendo con pazienza il tessuto di una comunità che non vuole più tacere.