Domenica 27 aprile, a Dongo, sulle rive del Lago di Como, si è svolta una nuova commemorazione neofascista in ricordo della morte di Benito Mussolini e dei gerarchi fascisti fucilati nel 1945. Circa un centinaio di partecipanti si sono ritrovati nei luoghi storici della cattura, molti dei quali hanno esibito simboli del Ventennio e compiuto il saluto romano, gesto vietato dalla legge ma frequentemente praticato durante queste manifestazioni commemorative. L’evento, come ogni anno, ha suscitato forti polemiche per il suo significato politico e la sua sfida ai valori costituzionali della Repubblica Italiana.
In risposta alla presenza neofascista, l’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia) e numerosi movimenti antifascisti hanno organizzato una contromanifestazione per riaffermare i principi della Resistenza e della democrazia. Centinaia di persone si sono radunate per ricordare non solo la fine del regime fascista, ma anche il sacrificio di coloro che combatterono per liberare l’Italia. I manifestanti hanno scandito slogan contro il fascismo e deposto corone di fiori in memoria dei partigiani, ribadendo l’importanza di difendere la memoria storica e i valori costituzionali.
Data la tensione tra i due schieramenti, la Prefettura di Como ha predisposto un imponente dispositivo di sicurezza. Sono stati impiegati numerosi agenti di Polizia e Carabinieri, con l’obiettivo di mantenere l’ordine pubblico ed evitare scontri. Le due manifestazioni sono state tenute separate da barriere e presidi mobili, e nonostante alcuni momenti di tensione verbale, non si sono registrati incidenti gravi. Tuttavia, il dibattito sulla legittimità e la gestione di eventi di ispirazione neofascista continua ad animare l’opinione pubblica e le istituzioni.
Dongo è uno dei luoghi simbolo della fine del fascismo in Italia. Qui, il 27 aprile 1945, Benito Mussolini e alcuni gerarchi fascisti furono catturati dai partigiani della 52ª Brigata Garibaldi. Il giorno successivo, Mussolini e la sua compagna Claretta Petacci furono fucilati a Giulino di Mezzegra. Gli altri gerarchi furono giustiziati a Dongo, e i loro corpi vennero esposti pubblicamente a Milano in piazzale Loreto. Questi eventi segnarono la caduta definitiva del regime fascista e rappresentano un momento fondamentale della storia italiana, ancora oggi oggetto di memorie contrastanti.