Un pomeriggio qualunque, la luce ancora alta, la città che si muove nei suoi ritmi quotidiani. A San Giovanni a Teduccio, quartiere della periferia orientale di Napoli, la normalità si spezza con il rumore secco dei colpi di pistola. È successo di nuovo, in piazza Capri, dove un’auto è stata colpita da quattro proiettili. Dodici bossoli calibro 9×21 a terra. Nessun ferito, ma tanta paura.
Non si tratta di un episodio isolato.
Negli ultimi mesi, il quadrante orientale della città è stato teatro di una serie inquietante di episodi di violenza: agguati, intimidazioni, colpi sparati contro abitazioni e attività commerciali. La mappa delle sparatorie si allunga tra via Ravello, corso Protopisani, via Raffaele Testa. Quartieri popolari, densamente abitati, dove la linea tra la vita quotidiana e l’incubo si fa ogni giorno più sottile.
Le dinamiche ricordano da vicino quelle di un conflitto armato. Non ci sono eserciti in divisa, ma clan camorristici che si contendono spazi, affari, rispetto. Non ci sono trincee, ma strade percorse da motorini senza targa, finestre sbarrate, guerriglieri che sfilano tra le strade dei quartieri con le armi in bella mostra. Non c’è un fronte dichiarato, ma una guerra che si combatte in mezzo alla gente, alla luce del sole.
Secondo un recente report della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, nei primi sei mesi dell’ultimo anno sono stati registrati oltre 40 episodi tra sparatorie, attentati incendiari e intimidazioni nelle sole aree orientali della città. Il quartiere San Giovanni a Teduccio figura tra i più colpiti, con un’incidenza doppia rispetto ad altre zone della città.
Nel 2024, le Forze dell’Ordine hanno sequestrato oltre 200 armi illegali solo tra Ponticelli, Barra e San Giovanni. Parallelamente, il tasso di dispersione scolastica in questi quartieri supera il 22%, ben al di sopra della media cittadina (13,5%), un dato che preoccupa perché indica un terreno fertile per il reclutamento giovanile da parte della criminalità organizzata.
Le indagini spesso si scontrano con un muro di omertà, ma non mancano i segnali di resistenza: associazioni, comitati civici, parrocchie e scuole che ogni giorno provano a strappare spazi alla paura.
Il paragone con città in guerra non è solo giornalistico: è il riflesso di una realtà in cui la vita è scandita dalla paura e dall’incertezza. Dove anche l’orario in cui portare i figli a scuola può diventare una valutazione di rischio.