Il 24 marzo 1944 si consumava uno dei capitoli più tragici della storia italiana durante la Seconda Guerra Mondiale: l’Eccidio delle Fosse Ardeatine. Quel giorno, 335 civili e militari italiani furono brutalmente assassinati dai nazisti come rappresaglia per un attacco partigiano avvenuto il giorno prima in Via Rasella, nel cuore di Roma.
Il 23 marzo 1944, i partigiani del GAP (Gruppi di Azione Patriottica) organizzarono un attentato contro una colonna di soldati tedeschi del Battaglione “Bozen”, composto da reclute altoatesine arruolate forzatamente nell’esercito nazista. L’esplosione di una bomba nascosta in un carretto per la nettezza urbana provocò la morte di 33 soldati tedeschi e il ferimento di altri.
La reazione del comando nazista fu immediata e spietata: Adolf Hitler ordinò di procedere con una rappresaglia feroce, stabilendo che per ogni tedesco ucciso sarebbero stati fucilati 10 italiani.
Il generale Herbert Kappler, comandante delle SS a Roma, e il capitano Erich Priebke organizzarono la strage. Il numero di vittime stabilito inizialmente era 330, ma a causa di un errore di conteggio furono uccise 335 persone. Le vittime furono scelte tra prigionieri politici, partigiani, ebrei e cittadini innocenti.
I condannati vennero portati in una cava di tufo abbandonata alle porte di Roma, le Fosse Ardeatine, e fucilati in piccoli gruppi, con un colpo alla nuca. Per nascondere il massacro, le gallerie furono fatte crollare con la dinamite, sigillando i corpi sotto tonnellate di macerie.
Tra le vittime c’erano figure come Don Giuseppe Morosini, sacerdote che aiutava la resistenza, e Mauro Benedetti, giovane partigiano di soli 16 anni.
Dopo la liberazione di Roma, il 24 marzo 1949, fu inaugurato il Mausoleo delle Fosse Ardeatine, dove riposano le salme delle 335 vittime. Ogni anno, la città di Roma e l’intera nazione ricordano questa strage con una cerimonia ufficiale.
Herbert Kappler fu condannato all’ergastolo nel 1948, ma riuscì a fuggire nel 1977 in circostanze mai del tutto chiarite. Erich Priebke, responsabile dell’elenco delle vittime, fu processato solo negli anni ’90, dopo essere stato scoperto in Argentina, e condannato all’ergastolo nel 1998.
L’eccidio delle Fosse Ardeatine resta un simbolo di barbarie e, al contempo, di coraggio. Le vittime, molte delle quali morirono gridando “Viva l’Italia”, rappresentano ancora oggi la lotta contro l’oppressione e la dittatura.
Ricordare il 24 marzo 1944 non è solo un dovere storico, ma un atto di resistenza morale per onorare chi ha pagato con la vita la speranza di un’Italia libera.