All’alba di martedì 11 marzo 2025, una vasta operazione dei Carabinieri del NAS ha interessato le province di Napoli e Salerno, portando all’esecuzione di misure cautelari nei confronti di 70 persone. L’accusa principale è quella di associazione per delinquere finalizzata al falso ideologico e materiale, corruzione e truffa aggravata ai danni del Servizio Sanitario Nazionale (SSN).
Circa 300 militari sono stati coinvolti nell’operazione, eseguendo un’ordinanza emessa dal GIP di Napoli su richiesta della Procura partenopea. Le indagini hanno svelato un sistema illecito che coinvolgeva medici, impiegati pubblici e imprenditori del settore funebre, tutti accusati di manipolare procedure sanitarie e amministrative per ottenere vantaggi economici indebiti.
L’inchiesta ha portato alla luce un tariffario ben definito per servizi illeciti. I certificati di morte naturale venivano rilasciati dietro compenso di 50 euro, spesso senza che il medico legale visitasse il defunto, accelerando così le pratiche funerarie. Per ottenere l’autorizzazione alla cremazione senza le procedure standard, venivano richiesti 70 euro. In alcuni casi, i kit per l’esame del DNA dell’ASL Napoli 1 Centro sono stati trovati negli uffici delle imprese funebri, suggerendo un uso improprio di materiali pubblici. Inoltre, venivano emessi certificati falsi per ottenere permessi di parcheggio riservati ai disabili, dietro compenso.
Tra gli arrestati figurano cinque dirigenti medici dell’ASL Napoli 1 Centro, accusati di aver intascato tangenti dalle imprese funebri, diversi impiegati dell’ASL e dell’ufficio di stato civile del Comune di Napoli, coinvolti nella falsificazione di documenti e nell’accelerazione indebita delle pratiche funerarie, circa 30 imprenditori del settore delle pompe funebri, due dei quali nel frattempo deceduti, accusati di aver corrotto funzionari pubblici per ottenere certificazioni e autorizzazioni in modo illecito.
L’indagine, durata circa due anni, ha documentato 300 episodi illeciti, molti dei quali registrati tramite video. Il distretto sanitario coinvolto, situato nella zona del Chiatamone a Napoli, era già stato al centro di precedenti inchieste riguardanti falsi invalidi, suggerendo una radicata cultura dell’illegalità in quell’ambito.