Nel 2013, Belle Gibson, giovane e di origini australiane, iniziava a postare su Instagram le sue ricette colorate e nutrienti, accompagnandole con racconti sulla sua presunta lotta contro un cancro al cervello terminale. Diceva di aver rifiutato la chemioterapia e di aver trovato nella sana alimentazione la chiave per sconfiggere la malattia. La sua storia, così commovente e piena di speranza, attirò subito un pubblico vastissimo. Seguaci entusiasti la riempivano di commenti e condividevano i suoi post. Il suo blog, The Whole Pantry, divenne rapidamente popolare, e da lì il passo verso il successo commerciale fu breve. Nel giro di pochi mesi, Gibson lanciò un’app di ricette che scalò le classifiche dell’Apple Store e vendette un libro di cucina pubblicato dalla Penguin, casa editrice britannica. Il suo brand, basato su un mix di ricette salutari, stile di vita olistico e messaggi motivazionali, le permise di guadagnare grandi cifre in poco tempo. Ma c’era un problema: la malattia che diceva di avere non era mai esistita.
A scoprire la clamorosa truffa i giornalisti Beau Donelly e Nick Toscano nel 2015, che hanno Belle Gibson in un libro inchiesta, e ora la sua incredibile vicenda è diventata una serie Netflix, Apple Cider Vinegar, che racconta l’ascesa e la caduta di un’imprenditrice del wellness capace di trasformare una menzogna in un business da milioni di dollari.
A mettere in discussione la sua storia furono proprio alcune discrepanze emerse nei suoi racconti. A volte diceva di avere un tumore al cervello, altre parlava di metastasi sparse nel corpo. In alcune interviste sosteneva di essere stata curata dalla medicina convenzionale prima di convertirsi alla dieta naturale, in altre dichiarava di aver sempre rifiutato i farmaci. I giornalisti Beau Donelly e Nick Toscano decisero di approfondire e iniziarono a scavare nei suoi trascorsi. Scoprirono così che non esisteva alcuna cartella clinica a confermare la sua diagnosi e che nessun medico aveva mai certificato la sua malattia.
Nel 2015, pressata dalle domande della stampa, Gibson ammise la verità in un’intervista a The Australian Women’s Weekly: «Niente di tutto questo è vero». Ma ormai il castello di bugie si era sgretolato. La sua app fu rimossa dagli store digitali, il libro ritirato dal mercato e, nel 2017, la Corte federale australiana la condannò per condotta ingannevole e la multò per oltre 400mila dollari.