Francesco Pio Maimone aveva tutte le carte in regola per lasciarsi tentare dal richiamo millantatore della camorra, ma non si è mai lasciato corrompere. Eppure, nel suo destino era scritto un finale amarissimo: è morto ucciso, mentre trascorreva una serata in compagnia degli amici.
Cresciuto nelle “Case gialle” di Pianura, quartiere della periferia occidentale di Napoli, uno dei tanti rioni popolari della città in cui spadroneggiano degrado e criminalità. Francesco Pio: un nome che gli fu dato per mostrare gratitudine al santo di Pietrelcina per il miracolo della vita che aveva donato ai suoi genitori, quando ormai avevano quasi abbandonato ogni speranza di avere figli. Cresciuto in quella che viene definita una “famiglia allargata”: il padre Antonio, si era lasciato alle spalle un matrimonio e tre figli, poi sono arrivate altre due sorelle. Una famiglia numerosa, a fare da collante era proprio Francesco Pio, con la sua goliardia e la sua naturale incapacità di alimentare liti e conflitti.
La scuola l’ha abbandonata precocemente, i genitori si adoperavano come meglio potevano per mantenere la famiglia. Un copione tristemente noto che spesso racconta di ragazzi che si sono avvicinati ai reati predatori o allo spaccio di stupefacenti, pur di garantirsi una ballata in discoteca o un paio di scarpe nuove.
Francesco Pio no.
Ha scelto da che parte stare e ci è rimasto. Fino alla fine.
Puliva i bidoni della spazzatura destinati a raccogliere l’umido per racimolare 20 euro, faceva il rider, si adoperava come meglio poteva per individuare lavoretti utili a garantirgli dei soldi. Si è sempre sporcato le mani di fatica. Solo di fatica.
Varcata la soglia dei 18 anni, gli amici, il primo amore, la prima delusione d’amore, hanno scandito quelli che oggi sappiamo essere gli ultimi mesi della sua vita. Giorni che ha vissuto lavorando sodo per realizzare il suo sogno, in primis imparando il mestiere nella pizzeria del marito della sua prima sorellastra, poi avviando l’iter per accedere ai fondi messi a disposizione dal bando “resto al sud” destinato a finanziare i progetti dei giovani meridionali. Mancava poco, era ormai quasi tutto pronto. Nell’arco di pochi mesi, insieme a sua sorella, Francesco Pio avrebbe inaugurato una pizzeria tutta sua.
Francesco Pio era capace di sfruttare tutte le opportunità che questa città offriva ai ragazzi a corto di risorse economiche che non intendevano delinquere, ma non per questo volevano essere costretti a rinunciare alle piccole, grandi gioie di una vita normale. Come accadeva d’estate, quando non poteva permettersi una vacanza al mare con gli amici e allora tutti insieme andavano al centro polifunzionale San Francesco d’Assisi a Marechiaro. Una struttura messa a disposizione dal comune di Napoli e che per 11 settimane garantisce un soggiorno estivo residenziale per 550 ragazzi della città.
Una vita fatta di valori semplici, gioie genuine, valori autentici, la famiglia e l’amicizia, in primis.
Francesco Pio Maimone era già un uomo a 18 anni.
Un uomo pronto a farsi carico delle responsabilità della vita, per garantirsi un futuro da tratteggiare nella stessa direzione: un lavoro stabile e duraturo, capace di assicurargli una vita serena, una fidanzata con la quale mettere su famiglia, fare dei figli.
Francesco Pio ambiva a una vita normale. Felice e normale.
Un sogno infranto da un proiettile che lo ha trafitto mentre trascorreva una serata qualunque insieme a Carlo, il suo amico inseparabile. Quello che gli è stato accanto fino all’ultimo respiro. E’ morto tra le sue braccia, in un eterno abbraccio che li ha resi inseparabili, nella vita e nella morte, anche dopo la morte.
Doveva essere un’uscita fugace, al termine dell’ennesima domenica sera che Francesco Pio aveva trascorso in pizzeria a lavorare. Ha fatto appena in tempo a sedersi sulla sedia di uno dei tanti chalet di Mergellina. A circa 20 metri di distanza, una lite tra due paranze di giovani, uno di loro afferra la pistola e si mette a sparare. Scene da far west nel cuore della movida napoletana. L’ennesima notte balorda che macchia di sangue l’asfalto del lungomare più bello del mondo.
Il destino ha voluto che tra decine di avventori, quel proiettile uccidesse Francesco Pio Maimone, mandando in frantumi i suoi sogni, i suoi progetti. La sua vita fatta di gioie semplici e di piccoli e grandi traguardi.
Si era sempre tenuto alla larga da quella camorra che condanna sistematicamente i giovani a carcere e morte, ma non è servito a preservare la sua vita da quel terribile destino.
Il destino ha voluto che ad uccidere Francesco Pio Maimone fosse un coetaneo, proveniente dalla periferia opposta a quella dalla quale era partito lui e che per giunta porta il suo stesso nome: Francesco Pio Valda, rampollo di una famiglia camorristica di Barra, quartiere della periferia orientale. Due periferie distanti, ma molto simili.
Francesco Pio Valda l’altra faccia della medaglia, quella che mostra le vite bruciate di giovani dediti alla criminalità, galvanizzati dall’idea di contare qualcosa perché ostentano quella pistola che suscita paura e rivendica rispetto. Quelli pronti ad uccidere per una scarpa griffata, sprezzanti di togliere la vita a un ragazzo che per comprare quelle stesse scarpe ha macinato sudore e sacrifici.
Due ragazzi, lo stesso nome, una vittima e un carnefice. Due destini, lo stesso verdetto: fine pena mai. Francesco Pio Valda sconterà la pena in carcere, Francesco Pio Maimone al cimitero.