Come ampiamente ribadito dal nostro giornale, l’agguato costato la vita al 36enne Enrico Capozzi, poteva essere sventato.
Nel corso della settimana che ha preceduto l’agguato, la direttrice di Napolitan.it, la giornalista Luciana Esposito, aveva inoltrato agli inquirenti diverse segnalazioni che aveva messo in evidenza come “urgenti” e dalle quali trapelava nitidamente il pericolo al quale erano esposti gli abitanti di Ponticelli e in particolare i familiari dei Sarno ancora residenti nel quartiere. Un pericolo scaturito dal recente ritorno a Ponticelli dell’ex boss di Ponticelli ed ex collaboratore di giustizia Vincenzo Sarno che accompagnato da altri due parenti avrebbe rivolto delle richieste estorsive ad alcuni commercianti. Un fatto confermato, con non poco allarmismo, da dozzine di segnalazioni pervenute la sera del 30 dicembre alla direttrice di Napolitan che dopo aver riscontrato l’attendibilità della notizia ha prima inviato una comunicazione agli inquirenti e poi ha pubblicato un articolo.
Nella segnalazione inoltrata alle forze dell’ordine si evidenziava quanto segue:
“Vi contatto per inoltrare una segnalazione pervenutami in data 30 dicembre 2024 da parte di diversi abitanti del quartiere Ponticelli, i quali mi riferivano che l’ex boss Vincenzo Sarno, poi diventato collaboratore di giustizia, è stato avvisato a Ponticelli pochi giorni prima di capodanno e avrebbe anche indirizzato delle richieste estorsive ad alcuni commercianti del quartiere.
Gli stessi cittadini erano piuttosto allarmati non solo per eventuali ritorsioni ed agguati che potrebbero scaturire dalla presenza di Sarno a Ponticelli, ma manifestavano forte preoccupazione anche per la mia incolumità, in quanto le minacce che Vincenzo Sarno mi ha rivolto un anno fa sono di dominio pubblico.
Tramite alcuni post pubblicati sul suo profilo Instagram a gennaio del 2024, lo stesso annunciava la volontà di tornare a Ponticelli per “uccidermi con le sue mani”.
Proprio dalle plurime denunce della giornalista, lo scorso marzo, erano scaturite le circostanze che hanno fatto riaprire le porte del carcere per Vincenzo Sarno, determinandone l’estromissione dal programma di protezione riservato ai collaboratori di giustizia. L’ex boss si è ritrovato quindi costretto a scontare dietro le sbarre la pena residua che lo relegava agli arresti domiciliari, un beneficio decaduto per effetto delle reiterate violazioni compiute: la divulgazione di contenuti espliciti sui social, malgrado non sia concesso ai collaboratori di utilizzare quelle piattaforme per interagire con il mondo esterno, al fine di preservarne l’incolumità, ma anche le pratiche illecite che stava cercando di avviare nella località dove vive sotto la tutela dello Stato, attirando così le inimicizie di alcuni esponenti delle malavita locale, anche loro di origini napoletane e che prima di lui avevano avviato delle attività illecite nella stessa zona.
“La colpa” della giornalista Luciana Esposito sarebbe quella di aver divulgato il video, diventato virale, della diretta facebook dove suo fratello Giuseppe – anche lui collaboratore di giustizia – e la moglie di Vincenzo Sarno, schernivano lo Stato e lanciavano messaggi espliciti ai loro interlocutori. Una violazione che valse l’estromissione dal programma per entrambi e il ritorno in carcere per Giuseppe Sarno, sul cui capo pendevano delle pene residue che tuttora sta scontando in regime di detenzione.
Tornato in libertà poco prima che il 2024 volgesse al termine, Vincenzo Sarno ha portato a compimento il piano annunciato platealmente nei post pubblicati sui social network dove annunciava l’intenzione di tornare a Ponticelli, non di certo per concedersi una passeggiata di piacere.
In seguito alla pubblicazione dell’articolo in cui in nostro giornale riportava la notizia del ritorno nel quartiere di un ex Sarno, poi collaboratore di giustizia, come spesso accade, alla giornalista Luciana Esposito sono pervenute molte altre segnalazioni utili a ricostruire il disegno criminale di Vincenzo Sarno. Una serie di dettagli che hanno chiuso il cerchio, dando un nome e un cognome ai parenti che gli hanno fornito appoggio, ricostruendo con dovizia di particolari tutti i tratti salienti del piano ordito dall’ex boss di Ponticelli per tornare a marcare la scena camorristica locale.
Non è tutto. Quei testimoni si dichiaravano disposti a mettere nero su bianco quelle deposizioni, motivo per il quale, a due giorni di distanza dalla prima segnalazione, la direttrice di Napolitan, ha inoltrato la seconda comunicazione agli inquirenti, nelle quali erano elencate non solo le ulteriori informazioni acquisite, ma anche l’elenco delle persone che si rendevano disponibili a rilasciare dichiarazioni.
Accadeva il 4 gennaio.
In questo scenario, la sera del 9 gennaio, è stato ucciso in un agguato di matrice camorristica, il 36enne Enrico Capozzi, figlio di una cugina di Vincenzo Sarno che nel 2023 aveva denunciato per estorsione il ras dei De Micco Antonio Nocerino. Quest’ultima circostanza ha rappresentato un’ulteriore motivazione che ha spinto i sicari a far sì che la scelta del bersaglio da colpire ricadesse su Capozzi, condannato a morte da quel vincolo di parentela che lo legava ai Sarno, ma anche dall’affronto indirizzato a una figura apicale del clan egemone a Ponticelli.