Prima e dopo l’incursione a Ponticelli, risalente ai giorni a cavallo tra Natale e Capodanno, l’ex boss Vincenzo Sarno, si è recato a casa di una sorella, residente in un comune del casertano. Forte del supporto e della copertura fornito anche da un’altra parente, l’ex numero uno della camorra ponticellese avrebbe assoldato un gruppo di cittadini di nazionalità romena radicati nella zona del casertano. Almeno tre o quattro persone, oltre ai due parenti diretti giunti in Campania insieme a lui. L’ex boss, al pari degli altri parenti che hanno aderito al programma di protezione riservato ai familiari dei collaboratori di giustizia, vive in località che dista da Napoli centinaia di chilometri.
I tre hanno raggiunto la Campania in auto.
La prima tappa: l’abitazione della sorella che vive nel casertano. Malgrado l’ex boss e gli altri due parenti che lo accompagnavano siano giunti a notte fonda a casa della donna, la loro presenza non è passata inosservata. Diverse persone hanno infatti confermato alla direttrice di Napolitan.it, la giornalista Luciana Esposito, di aver visto i tre in compagnia di uomini di nazionalità romena. Verosimilmente, consapevole di non poter beneficiare del supporto di altri esponenti della criminalità locale, in quanto difficilmente un clan di camorra appoggerebbe il piano bramato da un ex boss che per 15 anni, in veste di collaboratore di giustizia, ha aiutato la magistratura ad infliggere dure condanne che in maniera trasversale hanno colpito diverse organizzazioni, molte delle quali ancora operanti nell’area di Napoli e provincia. Pertanto, Vincenzo Sarno ha puntato tutto sui romeni che – secondo quanto ricostruito dai testimoni – erano già in affari con la sorella dell’ex boss, seppure dediti alla pratica di reati minori. Un gruppo di reclute sicuramente di poco calibro, ma pur sempre meglio di niente. Considerando la base di partenza sulla quale Vincenzo Sarno ha pianificato il suo ritorno sulla scena camorristica ponticellese e che verte su un percorso di collaborazione con la giustizia durato 15 anni. Un arco temporale nel quale ha concorso soprattutto ad inchiodare alle loro responsabilità i suoi fedelissimi, quei giovani mandati al macero per supportare il sogno criminale dei fratelli Sarno.
Il boss e i gregari rimediati, il giorno seguente, si sarebbero spostati a Ponticelli. Diversi testimoni oculari confermano di aver visto e riconosciuto non solo Vincenzo Sarno, ma anche i due parenti che lo accompagnavano. Probabilmente, il piano dell’ex boss prevedeva proprio questo: Sarno voleva essere visto e riconosciuto, voleva che il suo ritorno a Ponticelli destasse scalpore. Si è recato personalmente presso le attività commerciali degli esercenti ai quali ha rivolto delle minacce estorsive. Un mero atto di vanità, un gesto puramente simbolico, poiché dopo quel giro tra i negozi, si è dileguato. Prima di rientrare nella località dove tuttora vive sotto l’ala protettrice dello Stato, l’ex collaboratore, ormai aspirante boss, ha fatto nuovamente tappa a casa della sorella, in provincia di Caserta.
Dietro la passeggiata eclatante che Vincenzo Sarno si è concesso tra le strade del quartiere, difficilmente si può celare la reale intenzione di tornare a marcare la scena camorristica ponticellese da leader. Il fatto che si sia immediatamente defilato e dileguato lo conferma. Soprattutto perché alle richieste estorsive avanzate agli esercenti del quartiere, dovrebbe far seguito il giro dei commercianti minacciati, finalizzato a riscuotere il denaro richiesto facendo leva su quel clan Sarno che per circa trent’anni ha seminato morte e terrore tra le strade di Napoli e provincia e che sembrava ormai riconducibile a un passato superato. Dietro la scelta strategica di affiancarsi a due giovani parenti che i cittadini avrebbero facilmente riconosciuto come soggetti legati alla famiglia Sarno, si cela proprio la necessità di bluffare giocando al rialzo. Ostentando quindi una struttura organizzativa più solida, lasciando intendere che la voce “clan Sarno” contemplasse il ritorno a Ponticelli di tutti gli uomini che un tempo hanno contribuito alla costruzione di quel solido impero criminale, ma così non è. Un bluff che, tuttavia, nella fase iniziale, ha sortito l’effetto sperato, considerando il panico e l’apprensione scaturiti da quella incursione a sorpresa che ha risucchiato i cittadini dentro un passato che auspicavano di essersi lasciati alle spalle.
Significativa la reazione a caldo dei soggetti taglieggiati dall’ex boss e dei cittadini allarmati: hanno chiamato in causa il clan attualmente egemone a Ponticelli, i De Micco, sollecitando un intervento risolutivo, affinché la questione fosse stroncata sul nascere e quella clamorosa vicenda non ne mettesse in discussione la supremazia. Dal loro canto, i ras di Ponticelli, avrebbero fornito ampie garanzie e rassicurazioni, impegnandosi a risolvere la questione.
Uno scenario che evidenziava il pericolo al quale erano esposti i parenti dei Sarno residenti a Ponticelli, in virtù dell’impossibilità oggettiva di colpire direttamente Vincenzo Sarno e i suoi accompagnatori, prontamente fuggiti dal pericolo, dopo aver gettato la bomba.
Un dettaglio, tutt’altro che irrilevante, ha concorso a designare come vittima sacrificale Enrico Capozzi. Il 36enne, ucciso in un agguato di camorra nel corso della serata di venerdì 9 gennaio, era il figlio di una cugina dei Sarno, ma anche l’imprenditore che aveva determinato l’arresto del ras dei De Micco Antonio Nocerino detto “brodino“, denunciandolo per estorsione nel 2023.
I killer hanno reso esecutiva quella condanna a morte, all’incirca due settimane dopo l’incursione dell’ex boss a Ponticelli.
E’ la cronaca di una sequenza di eventi che lasciavano presagire che a pagare le conseguenze di quello scenario che inaspettatamente si era delineato tra le strade del quartiere sarebbe stato un soggetto estraneo alle dinamiche camorristiche, purché imparentato con la famiglia Sarno.
Così doveva essere e così è stato.