La camorra dilaga e spadroneggia tra le strade di Ponticelli e lo fa, per l’ennesima volta, mettendo la firma su un agguato eclatante, l’ennesima vendetta trasversale voluta per rivendicare con veemenza la supremazia, su tutto e tutti. Stato compreso.
L’agguato messo a segno nella serata di giovedì 9 gennaio nel Parco Merola di Ponticelli risuona come un pugno in pieno viso sferrato allo Stato e alle sue leggi. A Ponticelli, dilaga la camorra, comandano i De Micco. E da stasera, dopo l’agguato di stasera, forte è il sentore che la rottura tra lo Stato e i civili sia diventata insanabile.
Lo Stato ha tradito Enrico Capozzi, un giovane di appena 36 anni, già vedovo e padre di tre figli che nel 2022, quando il ras dei De Micco, Antonio Nocerino detto brodino, ha bussato alla sua porta per avanzare una richiesta estorsiva, lo ha denunciato e lo ha fatto arrestare. Ma non è solo per questo che il clan ha decretato la sua condanna a morte.
Capozzi è anche il figlio di una delle cugine dei Sarno, una delle poche famiglie imparentate con gli ex boss di Ponticelli rimaste nel quartiere dopo le vendette trasversali che nel 2016 costarono la vita al cognato e al fratello disabile degli ex leader della camorra napoletana. Una punizione inflitta per vendicarsi delle condanne scaturite dalle dichiarazioni rese dai fratelli Sarno alla magistratura. Un vortice nel quale è stata risucchiata anche la vita di Capozzi, all’indomani del clamoroso ritorno a Ponticelli di Vincenzo Sarno, ex boss dell’omonimo clan che dopo i 15 anni trascorsi sotto la tutela dello Stato, dopo l’ennesima scarcerazione, ha speso la ritrovata libertà per mettere la firma su un’azione eccellente. L’ex boss non si è limitato a mostrarsi in giro tra le strade di Ponticelli, ma si è spinto oltre avanzando delle richieste estorsive ad alcuni commercianti, indirizzando quindi un affronto plateale al clan attualmente egemone. Un’azione che ha annunciato in maniera eclatante il ritorno dell’ex boss a Ponticelli, unitamente all’intenzione di riconquistare un ruolo di spessore nel contesto malavitoso.
Consapevole del pericolo al quale si è sovraesposto compiendo quell’azione, Vincenzo Sarno si è messo in salvo ed è ritornato nella località dove tuttora si trova sotto tutela dello Stato, malgrado lo scorso marzo sia stato estromesso dal programma di protezione riservato ai collaboratori di giustizia e nuovamente tradotto in carcere, dopo aver ripetuto una serie di violazioni. Una volta scarcerato ha immediatamente impugnato quel verdetto appellandosi al Tar e in attesa che venga definito il suo status, resta sotto la tutela dello Stato, mantenuto dallo Stato. Quello stesso Stato che, invece, ha abbandonato Capozzi, malgrado l’acclarato pericolo al quale si era esposto denunciando i suoi estorsori.
Non era uno stinco di santo, Capozzi. I suoi precedenti lo sottolineano, ma non è mai stato affiliato a un clan di camorra e dopo essere rimasto vedovo si era prettamente dedicato ai suoi tre figli, adoperandosi come meglio poteva per fare in modo che patissero il meno possibile la mancanza della madre. Lo dimostra il fatto che quando ha subito una richiesta estorsiva da parte di un camorrista al quale era perfino imparentato, non ha esitato a chiamare in causa quello stesso Stato che lo ha abbandonato al suo destino.
Quel conto in sospeso con i De Micco probabilmente ha inciso in maniera decisiva quando, alla luce dei recenti accadimenti, si è riaperta la caccia ai parenti dei Sarno da stanare per indirizzare un monito inequivocabile all’ex boss Vincenzo Sarno che dal suo canto era più che consapevole che quella toccata e fuga a Ponticelli, con richieste estorsive annesse, avrebbe messo concretamente a repentaglio le vite dei parenti che vivono nel quartiere.
Capozzi aveva troppi requisiti appetibili, l’affronto al ras dei De Micco, il vincolo di parentela con i Sarno e per questo è diventato il bersaglio da colpire, affinché i De Micco potessero uscire più forti e credibili anche dal clamore suscitato dall’ultima incursione di Vincenzo Sarno che rischiava di svilirne la supremazia. Dovevano zittire i rumors e mostrare le fauci, non solo all’ex boss che ha osato mancargli di rispetto in quella che, oggi, “è casa loro”, ma era ugualmente necessario schernire quello Stato al quale i commercianti vittime di estorsioni si rivolgono, si affidano. Quello Stato in cui credono le persone perbene, quelle che si lasciano ispirare dalla legalità.
La replica dei De Micco era tanto prevedibile quanto annunciata, così come anticipato dal nostro giornale nei giorni scorsi. Un urlo rimasto inascoltato, l’ennesimo che porta via con se un triste e rabbioso rammarico, unitamente alla consapevolezza che la vita del 36enne Enrico Capozzi poteva essere tratta in salvo. Se solo lo Stato si fosse comportato come lo Stato dal quale anche i cittadini di Ponticelli meriterebbero di essere tutelati.
I cittadini temono l’escalation di sangue. Quello andato in scena stasera è un delitto eccellente, l’ennesimo di una lunga serie che hanno concorso ad allungare la sica di sangue che continua a macchiare le strade del quartiere.
Dopo l’agguato costato la vita a Capozzi, il rischio al quale sono sovraesposti i parenti dei Sarno che vivono a Ponticelli è sotto gli occhi di tutti. Concreto, tangibile, palpabile. Fino a quando la partita con l’ex boss non potrà definirsi chiusa, i parenti dei Sarno non potranno definirsi al sicuro. Stasera è toccato al bersaglio più appetibile, quello che era in possesso del maggior numero di requisiti appetibili per il clan, ma domani potrebbe toccare a un “innocente puro”. Non è allarmismo, ma il triste e consapevole dramma che si respira tra le strade di un quartiere che patisce l’abbandono dello Stato da tanto, troppo tempo. Forse, è più opportuno affermare che a Ponticelli, contro la camorra, lo Stato non è mai realmente sceso in campo, accontentandosi di vincere sporadiche partite.