Ha scaturito un acceso dibattito, l’ennesimo servizio che Report, la celebre trasmissione di Rai tre, ha dedicato al caffè. Il servizio, andato in onda nel corso della puntata di domenica 15 dicembre, ha evidenziato una cultura del caffè minima in Italia, tra prodotti mediocri, bruciati e in alcuni casi anche potenzialmente dannosi per la salute viste la scarsezza di norme igieniche e controlli. Centrale è stato il tema della tostatura, in particolare l’opportunità di tostare il caffè oltre talune soglie, considerate tollerabili ed anzi gradite dal grande pubblico e spiacevoli e pericolose per una parte della critica gastronomica.
A fare chiarezza su cosa significhi “scuro” e quali sono conseguenze, vantaggi e svantaggi di questo stile di tostatura, ci ha pensato la celebre rivista Gambero Rosso che ha riportato il parere di due esperti in materia.
«Report ha evidenziato una realtà poco nota agli italiani, vale a dire il basso grado di professionalizzazione degli addetti al mondo della caffetteria. Tranne rare eccezioni, infatti, il barista è ancora una figura assimilabile ad un operatore di macchina, sprovvisto di competenze sensoriali e spesso anche di una minima formazione sulle buone prassi da adoperare per estrarre un espresso correttamente. Il barista ha un compito molto delicato, poiché un solo errore è in grado di distruggere il lavoro svolto dai farmer in piantagione e dal tostatore in torrefazione», commenta Mauro Illiano, curatore della guida delle Torrefazione d’Italia. «È arrivato il momento di professionalizzare questo lavoro conferendo al barista un nuovo posto all’interno del mondo del food. Egli dovrà assomigliare sempre di più a uno chef ed al contempo avere delle abilità di storytelling, solo così il caffè potrà esprimersi al meglio in tazzina. Indipendentemente dallo stile di tostatura».
Andrej Godina, tra i massimi esperti mondiali di caffè e affianca Illiano come curatore della pubblicazione della guida, aggiunge: «Bernardo Iovene ha messo in luce la sostanziale scarsa cultura di prodotto presente a valle della filiera, ovvero sul gestore del bar e il barista. L’assaggio al caffè degli a specchi a Trieste ha evidenziato che, nonostante le milioni di tazzine vendute, non c’è conoscenza della materia prima e del flavore di tazza. La tostatura del caffè è una variabile importante per il flavore finale, ci sono gli appassionati dell’Arabica, delle miscele, degli Specialty tostati chiari e delle tostature scure. Ciascun consumatore può scegliere in base alle proprie preferenze e abitudini, l’importante è sempre accertarsi che trattasi di un prodotto di qualità!».
Quando si parla di caffè, uno degli elementi chiave che ne determinano il profilo aromatico e gustativo è la tostatura. Questo processo trasforma i chicchi verdi, crudi e ricchi di composti chimici, in piccoli reattori che in grado di creare una miriade di nuovi aromi, molto complessi e intensi. Durante la tostatura avvengono centinaia di reazioni chimiche e trasformazioni fisiche che incidono profondamente sul gusto, sull’aroma e sulla corposità della bevanda. Da questo processo derivano preferenze molto diverse tra i consumatori: alcuni prediligono tostature chiare, che offrono bevande vivaci, poco corpose e più acide, mentre altri optano per tostature scure, capaci di sviluppare caffè dal gusto amaro più intenso e maggiormente corposo.
La tostatura avviene in macchine tostatrici progettate per trasferire calore ai chicchi in modo modulare e uniforme. Si articola in diverse fasi, ognuna delle quali contribuisce a modificare la struttura e il sapore dei chicchi. Inizialmente i chicchi verdi perdono la loro umidità naturale a circa 100°C, preparandosi così per le reazioni chimiche successive. La temperatura poi sale rapidamente, arrivando alla fine a superare i 200°C, attivando trasformazioni chimiche fondamentali che durano dai 10 ai 20 minuti, a seconda del profilo di tostatura desiderato. Tra le reazioni più significative troviamo la reazione di Maillard, che avviene intorno ai 140°C e che utilizza soprattutto zuccheri e aminoacidi, generando composti aromatici complessi e il caratteristico colore marrone dei chicchi. Questo processo produce anche anidride carbonica, fondamentale per la formazione della crema nell’espresso. A temperature più elevate si attiva la caramellizzazione, durante la quale gli zuccheri si trasformano in centinaia di nuovi aromi, intensificando le note dolci e sprigionando aromi appartenenti alla categoria della pasticceria e del cioccolato. Contemporaneamente, gli oli naturali presenti nel chicco emergono in superficie, veicolando aromi e contribuendo alla corposità della bevanda.
Le tostature variano in base al metodo di estrazione del caffè. Per il caffè filtro si preferisce una tostatura più chiara, che esalta l’acidità, la freschezza e le note aromatiche fruttate e floreali. Questo approccio preserva una maggiore complessità e leggerezza, caratteristiche ideali per metodi di estrazione a filtro. L’espresso, invece, richiede una tostatura più scura, che sviluppa proprietà fisiche del chicco, che diviene maggiormente fragile e meno denso, caratteristiche che permettono di ottenere un corpo pieno e un profilo aromatico intenso e bilanciato. La tostatura più lunga attenua l’acidità e favorisce la dolcezza e l’amarezza, caratteristiche fondamentali per un espresso equilibrato. Senza un corretto bilanciamento dei gusti, infatti, l’espresso corre i rischio di rimanere troppo acido e decisamente poco corposo, carenze che collidono apertamente con la piacevolezza dell’espresso, che si caratterizza proprio per una buona densità tattile ed un bilanciamento dei gusti acido, amaro e dolce, e proprio per queste caratteristiche differisce dalle altre estrazioni del caffè. Quando la tostatura non raggiunge regimi minimi o si spinge oltre taluni limiti, il caffè perde armonia. Se troppo chiara, si ottiene un caffè eccessivamente acido, poco dolce, dal corpo debole e privo di complessità. Al contrario, una tostatura troppo scura riduce le sfumature aromatiche e sviluppa note troppo amare e bruciate. In espresso, questo si traduce in un gusto sbilanciato verso un amaro estremo, con un corpo denso leggermente ruvido e un retrogusto sgradevole.
Dopo la tostatura, il caffè diventa vulnerabile all’ossidazione, un processo in cui gli oli esposti all’aria reagiscono con l’ossigeno, creando il tipico odore sgradevole di rancido. Questo fenomeno, accelerato dalla luce, dall’abbondante presenza di ossigeno e dalle alte temperature, porta all’irrancidimento degli oli e a un aroma sgradevole di rancido. Per preservare al meglio il caffè, è importante conservarlo in grani, evitando la macinatura fino al momento dell’uso, utilizzando contenitori ermetici al riparo dalla luce e riponendolo a basse temperature, come in frigorifero o freezer. Allo stesso modo, anche il barista deve adoperare tutte le accortezze per evitare che eventuali residui grassi del caffè possano irrancidire e intaccare la qualità del caffè in tazza. Le preferenze dei consumatori variano in base al gusto personale. Chi ama l’acidità vivace dovrebbe optare per caffè Arabica tostati chiari, mentre chi predilige l’intensità del corpo e un bilanciamento gradevole tra acido e amaro può scegliere miscele con una percentuale di Canephora (Robusta) e una tostatura più scura. La tostatura non è solo un processo tecnico, ma un’arte che bilancia chimica e creatività. Ogni chicco porta con sé un mondo di flavori, pronto a essere scoperto e apprezzato attraverso il giusto profilo di tostatura e il metodo di preparazione più adatto.
Fatte queste doverose premesse, è bene tenere presente che la tostatura scura, definita anche “tostatura italiana”, “tostatura napoletana”, “tostatura a manto di monaco” o “tostatura a tonaca di frate”, non è uno stile adottato solo a Napoli o in Italia, ma largamente diffuso anche in altre aree del mondo. Una delle più grandi catene di caffetteria al mondo, Starbucks, usa tostare se sue miscele per espresso fino a colori molto scuri, e questo per enfatizzare taluni flavori del caffè e smorzare l’acidità delle miscele, destinate per lo più a sposarsi con bevande latte, che mal tollerano tenori di acidità spiccati e per contro ben impattano con caffè in cui la parte “dark e bakery” è dominante (cacao, nocciola tostata, liquirizia, biscotto, cannella, caramello scuro). Tante altre torrefazioni nel mondo usano tostare il caffè in maniera scura. Un esempio è Caffè Nero a Londra, ma anche Costa, Dunkin, Peet’s e Caribou, tutti colossi presenti in ogni angolo del pianeta, fanno lo stesso.
La realtà, dunque, ci restituisce una storia ben diversa da quanto ci possiamo immaginare. Nel mondo si beve molto più caffè tostato scuro rispetto a quanto possiamo immaginarci. È evidente che le tostature scure sono tipiche del caffè tostato da espresso, monoporzionato e magari moka, mentre i caffè destinati alle estrazioni in filtro (chemex, aeropress, french press, cold brew, ecc.) richiedono per loro natura una tostatura meno spinta (come abbiamo visto, la tostatura scura esalterebbe l’amaro e smorzerebbe le note aromatiche floreali/fruttate). Ma anche questo dato è spesso sconfessato. Negli USA, ad esempio, dove si è abituati a bere caffè filtro estratto da macchine automatiche, la tostatura più diffusa e prediletta dai consumatori è quella scura. Anche in Nord Africa il consumo di caffè “dark roast” è altamente diffuso. A questo punto a qualcuno potrebbe venire in mente la domanda: e allora il caffè tosato chiaro dove si consuma?
Le tostature chiare sono tipiche dei mercati in cui il consumo di caffè filtro è altamente diffuso e in cui si è abituati a consumare caffè monorigine e di qualità specialty (Nord Europa, Australia, Korea del Sud su tutti). Tali mercati, normalmente, sono caratterizzati da bevande dal tenore acido decisamente più spiccato, in cui la maestria del torrefattore non è quella di confezionare una miscela tendente al bilanciamento del gusto ma piuttosto l’esaltazione delle note aromatiche della singola origine, specie e varietà di caffè che sta lavorando. E’ una distinzione molto importante, perché da un lato (dark roast side) si realizza una miscela, un blend, e quindi l’arte del tostare si fonde con quella di selezionare le qualità di caffè non più adatte a stare da sole in tazza ma a formare una miscela fatta di proporzioni di ogni referenza, scelta di un colore di tostatura che possa andar bene al blend, ricerca di un bouquet complessivo ottimale e soprattutto un bilanciamento gustativo in grado di far convivere dolcezza, amarezza e acidità, provando a soddisfare le esigenze del consumatore. Dall’altro lato (medium-light roast side) si tende invece ad esaltare la singola qualità di caffè, che ha una sua precisa quota espressiva in termini di flavori, che il tostatore deve inseguire e provare ad esaltare nella maniera meno invasiva possibile. Volendo fare un parallelismo con il mondo del vino, la differenza assomiglia un po’ a quella nel fare uno champagne (assemblaggio) e un vino da mono vitigno.