Le vessazioni subite in carcere dal rampollo del clan De Martino di Ponticelli da parte di alcuni affiliati al clan De Luca Bossa, non rappresentano l’unica parentesi che vede i dissidi e i contrasti in corso tra le strade del quartiere riversarsi anche all’interno degli istituti penitenziari.
Una delle situazioni più tese si registra nell’istituto penitenziario di Secondigliano dove sono reclusi Salvatore Montefusco alias Zamberletto e suo figlio Carmine. Le manette per i due sono scattate lo scorso luglio, al culmine di un periodo alquanto concitato per effetto della stagione di ribellioni avviata proprio da Montefusco senior, a capo del gruppo emergente del rione De Gasperi che forte del supporto di suo figlio e di altri giovani affiliati, ha ripetutamente contestato l’egemonia dei De Micco con il chiaro intento di provare a conquistare il controllo del territorio. Lo scorso inverno, il gruppo di “Zamberletto”, appoggiato anche dai reduci degli altri clan ostili ai De Micco, mise la firma su una serie di azioni eclatanti: “stese” e scorribande armate nei rioni-simbolo del potere dei rivali, ma soprattutto l’imposizione di una tangente da corrispondere al suo gruppo avanzata ai gestori delle piazze di droga più redditizie del quartiere, quelle saldamente radicate nell’isolato due e tre del rione De Gasperi e riconducibili a Pasquale Tarallo detto ‘a ceccia e Salvatore Romano detto il nippolo.
Proprio all’indomani della visita del ras a Tarallo, due giovani membri del suo gruppo – Tulipano e Arienzo – furono vittime di un incidente stradale, maturato al culmine di un mancato agguato da parte del commando rivale, appostato nei pressi del rione De Gasperi in attesa di un bersaglio nemico da stanare. Tulipano se la cavò con qualche giorno di ricovero in ospedale, ben più grave il quadro clinico di Arienzo che rimase in bilico tra la vita e la morte per diverse settimane. Un epilogo maturato al culmine di una serie di reiterati affronti indirizzati ai De Micco e che avevano concorso a favorire la nascita del clima che ha indotto questi ultimi a replicare con i fatti, al fine di ridimensionare i piani di Zamberletto che dal suo canto ha sottostimato la pericolosità della situazione, anche all’indomani del gravissimo incidente stradale che spedì in ospedale due giovani gregari. Montefusco continuò a perseguire l’intenzione di conquistare il controllo del territorio, seguitando a sfidare i De Micco. Probabilmente, il ras dell’isolato 17 del rione De Gasperi riteneva che il vincolo di parentela che lo lega a Gesualdo Sartori – figura apicale del clan D’Amico-Mazzarella, alleati dei De Micco – gli avrebbe garantito una solida immunità. Tuttavia, i rivali lo hanno smentito con i fatti, arrivando ad uccidere suo fratello Emanuele Montefusco, estraneo alle dinamiche camorristiche, pur di colpire “Zamberletto”. Un agguato che ha lanciato un monito chiaro e inquietante a tutti i clan intenzionati a non sottostare all’egemonia dei De Micco, proprio perché palesemente intenzionati a non fare sconti a nessuno, pur di preservare il controllo del territorio, manifestando la volontà di ripiegare anche sui parenti innocenti, pur di colpire i rivali. All’indomani dell’omicidio di Montefusco, le vendette trasversali che rischiano di mettere a repentaglio anche le vite di persone estranee alle logiche criminali, sono diventate una delle azioni più temute da parte dei cosiddetti “bodo”.
Dopo l’efferato agguato in cui perse la vita il fratello di Montefusco che si guadagnava da vivere vendendo rotoloni di carta sul ciglio della strada dove è stato assassinato, Ponticelli piombò in un clima pesantissimo, minato dal terrore e dal timore che il ras del rione De Gasperi potesse inscenare una replica, pur consapevole che i rivali avevano ucciso suo fratello anche con il chiaro intento di farlo uscire allo scoperto, poiché aveva adottato uno stile di vita prudente, proprio perché sapeva che sul suo capo pendeva una condanna a morte e per questo se ne stava rintanato in casa. In questo frangente maturano gli arresti di Montefusco senior e junior che di fatto hanno archiviato il capitolo relativo alla guerra in corso tra il gruppo riconducibile a questi ultimi e i De Micco. Almeno tra le strade di Ponticelli.
Ben altro scenario, invece, quello che avrebbe preso forma nel carcere di Secondigliano dove, oltre a Montefusco padre e figlio, sono reclusi anche soggetti legati al clan De Micco, oltre a detenuti in contatto con questi ultimi e che starebbero ricevendo indicazioni e direttive finalizzate a rendere davvero difficile la detenzione dei due rivali. “Zamberletto” avrebbe già subito un pestaggio, ma le intenzioni dei detenuti legati ai De Micco sembrano essere orientate a non dare tregua al ras del gruppo dissidente. In sostanza, approfittando della supremazia di cui dispongono anche tra le mura carcerarie, i De Micco sarebbero intenzionati a compiere una serie di azioni ritorsive, finalizzate a saldare il conto in sospeso da diversi mesi con quel ras che quando era a piede libero era riuscito a non farsi acciuffare, ma che adesso che si trova recluso in uno spazio limitato, non può sfuggire alla resa dei conti.