Alla redazione del nostro giornale continuano a pervenire segnalazioni che confermano e rafforzano la ricostruzione del business illecito radicato da diversi anni nel quartiere Ponticelli e che vede i clan operanti in zona beneficiare di ingenti guadagni gestendo la compravendita delle case di edilizia popolare, molto spesso costringendo famiglie estranee alle dinamiche malavitose a lasciare l’alloggio di cui sono legittime assegnatarie.
Un diritto scippato con la forza prevaricatrice di chi, servendosi di metodi mafiosi, fa leva sulla paura dei cittadini onesti, costringendoli ad assecondare le imposizioni della camorra.
Un business illecito al quale il nostro giornale ha dedicato ampio spazio, ricostruendo l’intero sistema e soprattutto dando voce alle testimonianze delle vittime, quelle famiglie alle quali la camorra ha negato il diritto alla casa, impedendogli perfino di portare via mobili ed elettrodomestici acquistati con no pochi sacrifici, ma anche indumenti, ricordi, oggetti buttati via senza alcun ritegno né riguardo, per sgomberare l’appartamento e renderlo disponibile al nuovo acquirente.
Una delle segnalazioni giunte di recente alla nostra redazione, si focalizza su una figura specifica: il procacciatore. Il soggetto dedito al monitoraggio dei rioni popolari, al fine di individuare gli alloggi più facili da occupare. Quelli rimasti vuoti, molto spesso per via di una lunga degenza in ospedale da parte di qualche abitante, ma anche quelli in cui vivono i soggetti più vulnerabili, anziani, disabili, ragazze madri, famiglie oneste e incapaci di ribellarsi al ricatto della criminalità.
Un incomodo che frutta duemila euro ad appartamento per il segnalatore degli alloggi da occupare. In molti casi, tale soggetto si attiva quando i referenti del clan dediti al business illegale gli segnalano la necessità di trovare una casa per un acquirente con il quale è già in corso una trattativa. La tempestività gioca un ruolo determinante al fine del buon esito dell’operazione che si traduce in un margine di guadagno per tutte le parti coinvolte: il procacciatore, gli esponenti della criminalità organizzata operanti nella zona, e soprattutto il soggetto dedito alla lavorazione dei documenti finalizzati a regolarizzare la posizione degli occupanti abusivi. Quest’ultima figura, a Ponticelli, ha un nome e cognome: Vincenzo Sollazzo, consigliere della VI Municipalità di Napoli, residente nel rione Incis e gestore di un Caf nel rione Conocal. E proprio nell’ufficio del suo Caf, il consigliere si prodigherebbe per sistemare i documenti degli occupanti abusivi. Una pratica che nella maggior parte dei casi si traduce nella cancellazione della residenza per la famiglia legittima assegnataria dell’alloggio di edilizia popolare e pertanto, tutti i membri del nucleo familiare risultano senza fissa dimora, loro malgrado, con tutte le complicazioni e i disagi annessi a questo status.
Il prezzo di una casa popolare oscilla tra i 15mila e i 25mila euro, in base al livello di gradimento della famiglia da parte dei vertici del clan operante nel rione in cui acquista l’alloggio: un nucleo familiare costituito da soggetti imparentati con affiliati o comunque propenso a garantire omertà e connivenza è più ben accetto rispetto a una famiglia che ripiega su quella soluzione perché incapace di trovare una sistemazione alternativa.
Duemila euro finiscono nelle tasche del procacciatore, cinquemila euro in quelle del soggetto addetto alla lavorazione dei documenti, mentre la restante parte confluisce nelle casse della camorra.