Fino a pochi mesi fa, i De Micco di Ponticelli sembravano una forza incrollabile, un clan che appariva destinato a mantenere saldamente il controllo del territorio, forte di una serie di scarcerazioni che avevano concorso a rinfoltire il gruppo di fedelissimi, al pari di una serie di cambi di casacca da parte di soggetti che hanno voltato le spalle ad altre organizzazioni camorristiche operanti nel quartiere, come gli Amitrano, tornati nuovamente a dare man forte ai “bodo”, dopo un clamoroso trascorso tra le fila dell’alleanza capeggiata dai De Luca Bossa, malgrado i noti contrasti legati a un passato tutt’altro che superato. Anche il giovane Giuseppe Perrella ha rinnegato il clan D’Amico, malgrado il vincolo di parentela che lo legava anche dal punto di vista affettivo alla cosca del Rione Conocal ed è confluito nel gruppo di giovanissimi dediti alle azioni violente che negli ultimi mesi, in particolare, si sarebbero intensificate proprio per consentire ai De Micco di preservare il controllo del territorio.
Una stabilità minata prima dai dissidi interni: in quest’ottica sarebbe maturato l’agguato in cui è rimasto ferito Mario Liguori lo scorso settembre nel “Parco di Topolino”, arsenale del clan De Micco, ma anche gli arresti hanno giocato un ruolo tanto determinante quanto inaspettato. Prima il blitz che il mese scorso ha messo fine alla libertà di diverse pedine cruciali del clan, come Gennaro La Rocca, fedelissimo del boss Marco De Micco e solida figura di riferimento dell’organizzazione proprio nel “parco di Topolino”. Un rastrellamento che ha riguardato quasi tutti gli arsenali del clan, privati di uomini, soldati dediti allo svolgimento di svariate mansioni, mentre gli affiliati già reclusi hanno visto la loro posizione aggravarsi ulteriormente e questo significa ricorrere all’utilizzo di altro capitale da investire per garantirgli una buona assistenza legale. L’ennesima stangata è arrivata pochi giorni fa. Un’operazione importante, non tanto dal punto di vista quantitativo, ma qualitativo.
Due latitanti, due arresti. Quattro figure cruciali del clan sono finite nel mirino degli inquirenti.
Irreperibili Fabio Riccardi e Giuseppe Perrella, in manette invece sono finiti due delle giovani leve più autorevoli del gruppo di giovanissimi al soldo del clan: Romualdo Amitrano, figlio di Domenico alias Mimì a’ puttana e Alessio La Volla, figlio di “scarola”, pertanto appartenente a una famiglia storicamente radicata nel rione Lotto 10, altra roccaforte dei De Micco.
Allo stato attuale, intorno a uno dei due fratelli De Micco ancora in libertà e che ricoprirebbe il ruolo di reggente del clan, sarebbero radunati due fedelissimi scarcerati di recente e un esiguo numero di affiliati. Un ridimensionamento notevole, quello attualmente patito dai “bodo” che tuttavia possono sempre contare sull’appoggio dei Mazzarella di San Giovanni a Teduccio. Un assist provvidenziale in un momento storico di oggettiva difficoltà.
Sul fronte rivale, la famiglia D’Amico, non è messa meglio. Ancora dolorante per il recente omicidio di Massimo Lucca, imparentato con l’attuale reggente del clan, i cosiddetti “fraulella” vivono rintanati nel rione Conocal, l’arsenale della cosca, in attesa delle scarcerazioni che continuano ad essere annunciate come imminenti e che a breve dovrebbero consentire al clan di beneficiare del supporto di diverse figure apicali in procinto di tornare a Ponticelli. In attesa che ciò accada, la tensione nel Conocal è schizzata alle stelle, all’indomani dell’ennesimo agguato subito dal clan D’Amico. Forte è il timore che i rivali possano entrare nuovamente in azione per approfittare del momento di sbandamento del clan, al fine di indebolire ulteriormente la fazione antagonista e ridimensionarne le velleità, ancora prima che possano maturare le attese scarcerazioni.
Una premessa che sembra trovare ampia conferma nella politica adottata dai “fraulella”, restii ad abbandonare le loro abitazioni. Ad accrescere la tensione concorre un retroscena inquietante: i rivali avrebbero manifestato la volontà di non fare sconti a nessuno, lasciando dedurre di essere disposti ad uccidere anche i parenti estranei alle dinamiche camorristiche. Un fatto che trova conferma in diversi episodi avvenuti di recente: l’omicidio di Emanuele Montefusco, ma anche il sequestro di Renato Audino, fratello del “cinese”, figura apicale del clan De Luca Bossa.