Procede a ritmo serrato il processo volto a far luce sull’omicidio di Francesco Pio Maimone, l’aspirante pizzaiolo 18enne di Pianura, ucciso da un proiettile vagante sul lungomare di Mergellina, mentre era seduto nei pressi di uno chalet, la sera del 19 marzo del 2023.
Nel corso dell’ultima udienza che si è celebrata davanti alla Corte di Assise di Napoli è stato ascoltato l’imputato accusato di essere l’esecutore materiale dell’omicidio: Francesco Pio Valda, giovane rampollo dell’omonimo clan operante a Barra che nei presi precedenti all’omicidio di Maimone, si era reso autore di una serie di azioni delittuose, finalizzate a consacrare l’egemonia del clan Valda-Aprea nel quartiere della periferia orientale di Napoli.
In aula, Valda ha ammesso di avere sparato alcuni colpi puntando l’arma verso il cielo, sentendosi “accerchiato”, dopo aver ricevuto un calcio e di aver sentito anche altri colpi di pistola prima di fuggire. Inoltre, ha affermato di ignorare come fosse morta la vittima, ed ha chiesto comunque scusa ai familiari.
Valda, in aula, ha dichiarato di non riuscire a trovare pace per aver cagionato la morte di un ragazzo innocente. Secondo la sua versione, avrebbe appreso dell’omicidio la mattina seguente dai giornali. Si sarebbe trovato coinvolto in una rissa durante la quale è stato «preso a calci in pancia dopo aver avuto una discussione verbale per futili motivi». A quel punto il presunto killer sarebbe fuggito dalla zona degli chalet e avrebbe esploso dei colpi di pistola in aria senza mai rendersi conto che alle sue spalle un proiettile aveva appena ucciso un ragazzo. Inoltre, ha affermato di aver sentito l’esplosione di altri colpi e che in quei frangenti siano entrate in azione anche altre armi. Di tutt’altro avviso è stata fin qui la Procura, che ritiene Valda l’esecutore materiale del delitto.
L’omicidio maturò al culmine di una lite per futili motivi, tra due gruppi di giovani, uno di Barra, l’altro del rione Traiano. Un pestone che aveva macchiato la costosa scarpa calzata da Valda, la scintilla che infervorò gli animi, proprio come accaduto lo scorso 2 novembre a Mergellina, quando sul selciato è rimasto il corpo di Santo Romano, 19enne incensurato di Volla. A sparare un minorenne di Barra, amico di Valda.
La sera del 19 marzo, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, Valda avrebbe sparato anche per zittire gli sfottò di coloro che quando gli videro estrarre l’arma, iniziarono a deriderlo e a schernirlo, asserendo che fosse una pistola a salve. Verosimilmente, secondo l’accusa, Valda avrebbe sparato anche indispettito da quelle provocazioni, al fine di dimostrare di essere in possesso di una “pistola vera”, ancora non ritrovata dagli inquirenti. Secondo la ricostruzione degli inquirenti il giovane avrebbe esploso una serie di colpi ad altezza d’uomo, forse puntando il gruppo di giovani con i quali era scoppiata la lite. I fori presenti su alcune vetture in sosta e soprattutto quello che si è rivelato fatale per Francesco Pio Maimone, confermano la ricostruzione degli inquirenti.