L’omicidio del 19enne di Volla Santo Romano, maturato per mano di un minorenne proveniente da Barra, ha nuovamente risucchiato nell’occhio del ciclone il quartiere della periferia orientale di Napoli. Proprio come è accaduto in più circostanze, in seguito ad efferati episodi di cronaca, come l’omicidio di Francesco Pio Maimone, il 18enne aspirante pizzaiolo di Pianura, anche lui assassinato dal giovane rampollo di un clan operante nel quartiere Barra, Francesco Pio Valda.
Due omicidi che presentano numerose analogie: il movente, in primis. Un pestone che macchia una scarpa griffata che manda su tutte le furie l’assassino che impugna la pistola e spara ad altezza d’uomo contro il gruppo riconducibile all’autore del gesto maldestro. Sia Francesco Pio che Salvo vengono sono stati raggiunti dritto al petto da un colpo a bruciapelo che non gli ha lasciato scampo. Entrambi sono morti tra le braccia dell’amico più caro. Entrambi, seppure provenienti da famiglie modeste e da realtà difficili, erano riusciti a ritagliarsi un posto dignitoso nella società. Francesco Pio sognava di diventare pizzaiolo e di aprire un locale tutto suo, Santo giocava nel ruolo di portiere in una squadra che milita nel campionato di Eccellenza e lavorava. Due vite stroncate da due figli di un quartiere difficile, ma Barra non può e non deve pagare il prezzo più alto in questa strage di giovani innocenti, frutto di una violenza scriteriata e gratuita.
Un quartiere “schiacciato” tra due colossi: Ponticelli e San Giovanni a Teduccio, il cosiddetto “triangolo della morte”, a riprova della massiccia incidenza criminale che imperversa tra le strade dei tre tasselli che costituiscono la VI Municipalità di Napoli.
Barra conta oltre 36mila abitanti, distribuiti su una superficie inferiore agli otto chilometri quadrati: una densità abitativa importante, alla quale si addizionano una serie infinita di criticità. La più importante: l’assenza di un presidio autonomo di forze dell’ordine. Nessuna caserma, nessun commissariato. Il presidio di polizia più vicino è il commissariato Barra-San Giovanni, ubicato a San Giovanni a Teduccio. Un handicap enorme per un territorio nel quale si registra la presenza di alcune delle famiglie camorristiche più datate della città di Napoli, come i Cuccaro-Aprea.
Un quartiere ricco di storia, come comprova la massiccia presenza di ville del Miglio d’oro, ben 15. Un patrimonio artistico, oltre che storico-culturale non valorizzato, al pari dei molteplici siti d’interesse, come le antiche chiese. Un potenziale lasciato in balia dell’incuria e dell’abbandono, al pari delle altre risorse che potrebbero risollevare il quartiere. Un contesto ulteriormente segnato dai disservizi che si rilevano in molte altre periferie: la scarsa o inesistente presenza di trasporti pubblici che concorrono ad accrescere le distanze, soprattutto dal centro cittadino, seppure sia presente una stazione della Circumevesuviana che funge da punto di snodo tra diverse linee, il quartiere patisce l’assenza di infrastrutture e di servizi adeguati, utili a rendere quantomeno il contesto vivibile e la quotidianità meno proibitiva.
L’economia locale era basata prettamente sull’agricoltura, ma la rivoluzione che ha trasformato l’urbanistica del quartiere inondando i terreni di cemento nell’era del post terremoto, ne ha stravolto l’anima identitaria. Una crisi accentuata di recente dall‘emergenza covid che ha segnato duramente il destino di plurime attività commerciali, costrette ad abbassare definitivamente le serrande determinando l’insorgenza di strade- fantasma, popolate prettamente da pusher, piccoli e grandi criminali, così come confermano i reati predatori in sensibile aumento negli ultimi anni. E’ il ritratto della tristemente comune “opportunità mancata”. Barra, come molti altri contesti napoletani, potrebbe brillare di luce propria, grazie ad opere di riqualifica a 360 gradi, a partire da quelle che dovrebbero rientrare nella voce “pratiche di manutenzione ordinaria”, come la scarsa pulizia delle strade e la poca attenzione rivolta al decoro urbano.
In questo clima, la camorra ha messo in piedi una “palestra” dove allevare “giovani talenti”, come sottolineano i fatti di cronaca recenti, seppure sul territorio esistano numerose associazioni che provano a garantire un’alternativa a quei ragazzi, come il centro Ester, un plesso sportivo attivo dal 1979 e che consente ai giovani di cimentarsi nelle discipline sportive più disparate. Tantissime anche le realtà che offrono plurime alternative all’ozio e al richiamo millantatore della criminalità che talvolta con poche, pochissime risorse continuano ad adoperarsi come meglio possono.
E ci sono soprattutto i cittadini, i barresi, orgogliosi di essere tali, perché rappresentano la vera anima del quartiere, quella legata alla tradizioni e ai valori che si tramandano di generazione in generazione, come accade in ogni territorio sano e che non possono e non devono vedersi umiliati o oltraggiati dalle malefatte dei criminali.
I camorristi non hanno un quartiere o una città di provenienza, perché vivono seguendo delle regole e delle leggi che non vengono seguite e rispettate in maniera totalizzante e incondizionata da tutti gli abitanti di quel luogo.
I camorristi sono delle figure fuori contesto e fuori posto che occupano con forza e prevaricazione i territori.
I camorristi riproducono lo stesso modello educativo e il medesimo stile di vita in tutti i contesti in cui approdano con caratteristiche simili, intavolando dinamiche e affari illeciti che i cittadini onesti, troppo spesso, sono costretti a subire. A Barra, così come in molti altri quartieri, comuni e città di Napoli e non solo.
I camorristi non amano la propria terra, diversamente non la macchierebbero orgogliosamente di sangue e per questo non meritano di essere identificati con nessun territorio, perché non esiste nessuna realtà di Napoli, d’Italia o del mondo che merita di pagare un prezzo così alto per le vergognose gesta dei suoi figliastri.
Barra è il quartiere-simbolo dell’invasione dei camorristi e dell’abbandono delle istituzioni: un connubio letale che va a braccetto da decenni, contribuendo a creare quella situazione gravemente compromessa che è sotto gli occhi di tutti e che continua ad essere ignorata.
All’indomani dell’ennesima morte di un bravo ragazzo assassinato da un ragazzino proveniente da Barra, i riflettori delle istituzioni continuano ad illuminare altri territori, tenendosi a debita distanza dall’epicentro del terremoto e facendosi quindi colpevolmente promotrici di una politica che aggrava le criticità e le problematiche e che rischia di legittimare ed accrescere l’odio e la discriminazione tra quartieri.