Un retroscena inquietante, quello emerso nei rioni di Ponticelli, alla vigilia del blitz che lo scorso 3 ottobre ha portato all’arresto di 60 soggetti legati al clan De Micco-De Martino, organizzazione camorristica che nelle ore precedenti ha rimarcato l’intenzione di detenere il controllo del territorio mettendo la firma su un omicidio, l’ennesimo voluto per colpire una fazione antagonista.
Un’azione dimostrativa o forse potrebbe celarsi un movente ancora più strutturato dietro l’omicidio di Massimo Lucca, 43 anni, imparentato con l’attuale reggente del clan D’Amico del rione Conocal di Ponticelli.
Un agguato che matura in un periodo storico concitato e che s’incastona tra una serie di eventi tutt’altro che irrilevanti che hanno concorso a minare la stabilità del clan De Micco. Un rischio che i “bodo” dovevano stroncare sul nascere in maniera chiara e inequivocabile, optando così per l’ennesima azione dimostrativa finalizzata a rilanciare l’egemonia del clan e al contempo ridimensionare le ambizioni delle organizzazioni rivali. Un intento reso necessario anche dall’imminente scarcerazione di diverse figure apicali del clan D’Amico: un evento atteso dai familiari proprio per riorganizzare la cosca e tornare a marcare le strade del quartiere, senza temere le reazioni dei De Micco. Per questo motivo il clan del Conocal avrebbe optato per un profilo basso. Una politica resa ulteriormente necessaria dalle plurime incursioni armate dei rivali proprio nel fortino del clan e che solo per fortuite casualità già nei mesi scorsi non sono sfociate in omicidi.
Ad accrescere la tensione in casa D’Amico il clamoroso cambio di casacca di alcuni parenti confluiti nel clan De Micco. Un colpo di scena inaspettato che ha fornito ai rivali un prezioso vantaggio, disponendo di informazioni fruibili solo ai membri della famiglia, utili a ricostruire abitudini, spostamenti e che il clan mira a sfruttare per colpire i rivali, come è apparso inequivocabilmente chiaro fin da subito.
In particolare, un giovane rampollo della famiglia D’Amico si sarebbe aggiunto al gruppo dedito alle azioni violente, insieme ad altre tre giovani leve, coordinate e supportate da uno dei fedelissimi del clan scarcerato nei mesi scorsi. Un gruppo che avrebbe messo la firma su diverse azioni inscenate per consolidare l’egemonia del clan e che vanno ben oltre le “stese” e i pestaggi.
Ci sarebbe proprio la firma delle giovani leve del clan De Micco sull’omicidio di Emanuele Pietro Montefusco, fratello del ras Salvatore Montefusco, perno portante del gruppo emergente che nei mesi scorsi aveva cercato di conquistare un ruolo di spessore nell’ambito del contesto malavitoso locale. Emanuele Montefusco, seppure non direttamente coinvolto nelle dinamiche camorristiche, avrebbe pagato con la vita quel vincolo di parentela che lo legava al ras del gruppo dissidente e quindi sarebbe stato ucciso per compiere una vendetta trasversale.
I De Micco avrebbero armato la mano del giovane rampollo del clan D’Amico chiedendogli di mettere la firma su quel delitto eccellente per dimostrare alla sua “nuova famiglia” fedeltà e assoggettamento. Montefusco è stato ucciso per ridimensionare i piani del clan che godeva anche dell’appoggio dei D’Amico e pertanto il giovane imparentato proprio con questi ultimi sarebbe stato chiamato a compiere un’azione che lo avrebbe legato a vita al nuovo clan d’appartenenza.
Una strategia dietro la quale si celerebbe un piano oculato da parte dei “bodo”: indurre il giovane a compiere numerosi omicidi, per poi liberarsene. Una suggestione ulteriormente motivata dall’ultimo agguato andato in scena a Ponticelli e che ha visto finire nel mirino dei sicari un parente dell’attuale reggente del clan D’Amico. Anche in questa circostanza, forte è il sentore che i rivali abbiano nuovamente armato le mani dell’ormai ex rampollo dei D’Amico che non a caso negli ultimi tempi avrebbe trovato accoglienza presso l’abitazione della parente di un affiliato di primo ordine al clan De Micco, nella zona di San Rocco ,storico arsenale dei “bodo”.
Uno scenario che potrebbe ben presto culminare nell’omicidio del giovane rampollo: qualora dovesse accadere, sarebbe più logico da parte degli inquirenti ipotizzare che quel delitto sia frutto di una possibile vendetta da parte dei D’Amico che non di una subdola strategia ordita dai De Micco che si sarebbero serviti del giovane per poi gettarlo in pasto a una morte violenta.