I De Micco avevano bisogno di rilanciare le loro credenziali di clan che detiene saldamente il controllo del quartiere Ponticelli e per centrare in maniera efficace l’obiettivo era necessario “fare il morto”.
Non sarebbe solo questo il movente legato all’ultimo agguato di camorra andato in scena tra le strade del quartiere della periferia orientale di Napoli che negli ultimi tempi si conferma uno dei fronti più caldi della città dove, malgrado il blitz dello scorso 3 ottobre che ha riguardato 60 soggetti legati al clan De Micco-De Martino e i plurimi controlli straordinari che si sono svolti nei giorni successivi agli arresti e che hanno visto un massiccio dispiegamento di forze dell’ordine effettuare controlli mirati tra le strade del quartiere e i rioni controllati dai clan operanti sul territorio.
I De Micco, dal loro canto, hanno dimostrato fin da subito la ferma intenzione di allontanare l’ombra della paura che rischiava di far vacillare il clan, depauperandolo del timore reverenziale e dell’autorevolezza necessari per seguitare a detenere lo scettro del leader. Una serie di azioni dimostrative ed eclatanti hanno concorso a mostrare le intenzioni del clan attualmente egemone a Ponticelli, seppure negli ultimi giorni si sono susseguiti una serie di eventi che hanno contribuito ad accrescere la tensione.
Il rumors secondo il quale tra i 60 soggetti finiti in manette meno di tre settimane fa, ben tre affiliati si sarebbero già fatti avanti per passare dalla parte dello Stato, ha concorso a destabilizzare fortemente il clima. Un fatto che, se confermato, andrebbe a minare seriamente il destino del clan. Tuttavia, è nelle ultime 48 ore che si sono avvicendati i fatti più eclatanti.
Prima il mancato agguato ai pusher del Lotto 11, i fedelissimi rampolli del clan De Micco, andato in scena nella tarda serata di giovedì 17 ottobre. Poi il mancato arresto del ras Fabio Riccardi che si era reso irreperibile all’alba di venerdì 18 ottobre, quando i poliziotti hanno bussato alla porta della sua abitazione per trarlo in arresto. Una latitanza durata circa 24 ore, perché il ras, tornato in libertà nell’inverno del 2023, nella mattinata di sabato 19 ottobre si sarebbe consegnato spontaneamente ai carabinieri. Un gesto probabilmente dettato dalla consapevolezza che quella fosse l’unica strada perseguibile per continuare a vivere: negli ambienti criminali sono noti i dissidi e i contrasti intercorsi tra Riccardi e gli altri affiliati, soprattutto per ragioni di carattere economico. Il fatto più clamoroso riguarda il misterioso furto avvenuto in casa di Riccardi l’estate scorsa e che avrebbe visto dei topi d’appartamento trafugare una consistente somma di denaro in contante destinata a convergere nelle casse del clan. Un evento che ha gettato una fitta ombra di dubbi sulla fedeltà del ras ai De Micco che non solo per questa ragione avrebbero deciso di disfarsi di quel gregario che temevano potesse aggiungersi all’elenco dei possibili collaboratori di giustizia, pronti a voltare le spalle alla malavita una volta finito in manette. Un sentore ringalluzzito dal gesto spontaneo del ras che ha messo fine volontariamente alla sua latitanza.
In ogni caso, l’uscita di scena di Riccardi concorre ad indebolire i De Micco, depauperati di un’altra pedina cruciale. Un fatto che di per sé avrebbe legittimato la cosca ad impugnare le armi per dimostrare con i fatti che quell’egemonia conquistata con non poca fatica non è stata minimamente scalfita dagli eventi recenti.
Infine, l’aspetto più inquietante riguarda un altro scenario ben più cruento: sull’agguato indirizzato al parente dell’attuale reggente dei D’Amico potrebbe esserci la firma del cugino del defunto ras Vincenzo Costanzo, di recente passato dalla parte dei De Micco. Un cambio di casacca clamoroso alla luce dell’odio atavico che intercorre tra le due famiglie camorristiche, da sempre in conflitto. Proprio per questo motivo, il sentore che aleggiava nell’aria da tempo e che era stato introdotto da diversi avvertimenti, potrebbe aver trovato riscontro nella realtà: l’agguato costato la vita a Massimo Lucca potrebbe rappresentare la prova di fedeltà richiesta dai De Micco all’ex rampollo del clan D’Amico. Un battesimo di sangue reso necessario dalle circostanze e dalle plurime insidie che legittimano i “bodo” a vedere nemici e minacce ovunque.