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L’agguato ai D’Amico potrebbe essere “la prova di fedeltà” del parente traditore

Luciana Esposito di Luciana Esposito
20 Ottobre, 2024
in Cronaca, In evidenza
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L’agguato ai D’Amico potrebbe essere “la prova di fedeltà” del parente traditore
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Un agguato che aleggiava sul rione Conocal di Ponticelli dall’estate scorsa, quello che ha visto finire nel mirino dei killer Massimo Lucca, 43enne, pregiudicato, imparentato con una figura di spicco del clan D’Amico, organizzazione che detiene il controllo di quel rione.

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Nei mesi scorsi, in più occasioni si erano registrate incursioni armate da parte dei De Micco, gli acerrimi rivali dei D’Amico, fin dall’era post Sarno. Una faida eterna, senza vincitori né vinti, che ha ripetutamente macchiato di sangue le strade del quartiere. Tantissimi i giovani morti per prestare servizio alle rispettive fazioni d’appartenenza, perfino una donna ha perso la vita per assecondare le logiche di quella guerra. E non era una donna qualunque: Annunziata D’Amico, 40 anni, madre di sei figli, sorella di Antonio e Giuseppe, boss fondatori dell’omonimo clan, uccisa quando ricopriva il ruolo di reggente dell’organizzazione.

Un agguato che ha sancito il punto di non ritorno, rendendo impossibile qualsiasi armistizio.

Negli ultimi mesi, i D’Amico avevano battuto in ripiegata, auspicando di organizzare una controffensiva non appena le figure apicali del clan sarebbero state scarcerate: in procinto di libertà non solo Giuseppe Riccardi, compagno di Carla D’Amico, ma anche Salvatore Ercolani, marito di Annunziata D’Amico. E’ principalmente intorno a queste due figure che i “fraulella” starebbero concentrando i loro piani, in attesa di riabbracciare Genny “fraulella”, primogenito della donna-boss ucciso celebrato e indicato sui social network come il reggente del clan di famiglia.

Troppo deboli e poco organizzati per ipotizzare di adottare una politica diversa, anche perché, nei mesi scorsi, i D’Amico hanno dovuto fare i conti anche con un’altra amara sorpresa: il clamoroso tradimento di alcuni familiari che sarebbero passati dalla parte dei De Micco, complice un vincolo di parentela che lega uno dei generi del boss Antonio D’Amico a una figura apicale del clan dei “bodo”. Una frattura interna al clan di famiglia che non solo ha concorso ad indebolire la cosca, ma che ha anche concorso a rafforzare la compagine rivale che, inoltre, può beneficiare della preziosa possibilità di disporre di informazioni ed indicazioni cruciali, trattandosi di parenti dei rivali che conoscono abitudini, nascondigli e molto altro.

Un vantaggio che i De Micco avrebbero sfruttato in molteplici occasioni, come dimostrano gli episodi che si sono susseguiti negli ultimi mesi. Non solo le continue incursioni di un commando armato nel rione Conocal che ha costretto i D’Amico a controllare la zona disponendo delle sentinelle armate sui tetti degli edifici, proprio come avviene sul fronte di guerra. L’episodio più macabro riguarda il rinvenimento di alcuni proiettili, collocati sulla finestra dell’abitazione dell’attuale reggente del clan D’Amico, nonché genero del boss Antonio D’Amico.

Un inquietante “saluto” da parte dell’ex parente e affiliato, ormai fedelissimo dei “bodo”: un messaggio inequivocabile, proprio perché solo lui poteva essere in grado di sapere esattamente dove collocare quei proiettili. A riprova del forte legame che intercorre tra l’ex D’Amico e la sua attuale “famiglia”, vi è il fatto che avrebbe trovato ospitalità a San Rocco, storico arsenale dei De Micco, presso l’abitazione della parente di una figura apicale dell’organizzazione.

Un presagio che ha preso sempre più forma tra le strade del quartiere, quello secondo il quale il membro della famiglia D’Amico passato al soldo dei De Micco sarebbe stato chiamato a fornire un’inequivocabile prova di fedeltà al clan.

Non è da escludere che questo sia il “messaggio nel messaggio” recapitato ai D’Amico poche ore fa e che la mano che i rivali abbiano armato per uccidere Massimo Lucca, 43enne imparentato con l’attuale reggente del clan dei “fraulella”, sia proprio quella del “parente traditore”. Un’ipotesi che introduce uno scenario inquietante, ma che proprio nei fatti che si sono avvicendati nelle ultime ore trova gli elementi più credibili. Le voci insistenti che ipotizzano il possibile pentimento di diversi affiliati, potrebbero aver contribuito ad accelerare il corso degli eventi, portando i “bodo” a chiedere all’ex rampollo di casa D’Amico una prova inequivocabile di fedeltà al suo nuovo clan d’appartenenza.

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