Fino a poche settimane prima dell’arresto di Giovanni Braccia, figura apicale del clan De Martino di Ponticelli, alcuni poliziotti del commissariato di Ponticelli avrebbero cercato di servirsi di lui, all’indomani dell’ennesima notte di violenza.
Nella fattispecie, nella notte tra il 22 e il 23 agosto, tra le strade del quartiere si verificarono una serie di eventi concitati che sfociarono negli spari indirizzati alla finestra di un’abitazione in via Ulisse Prota Giurleo. Non si trattò una vicenda riconducibile alle dinamiche camorristiche, seppure maturò in un momento storico in cui regnava una certa tensione tra i clan operanti sul territorio.
Secondo quanto ricostruito dai testimoni oculari, tutto avrebbe avuto inizio da una lite avvenuta nei pressi della villa comunale “De Filippo”. Protagonisti della vicenda un uomo, dedito alla consegna di panini insieme alla sua attuale compagna, nonché padre di un giovane, frutto di una precedente relazione con una donna legata a una famiglia storicamente addentrata nelle dinamiche criminali del quartiere, nonché perno portante del clan De Martino. La lite sarebbe sarebbe avvenuta proprio tra le due donne, ex ed attuale compagna dell’uomo che sarebbe intervenuto a supporto di quest’ultima, colpendo più volte l’ex che si sarebbe quindi recata nel rione Fiat per mettere al corrente dell’accaduto suo figlio e richiederne l’intervento. Il giovane, rampollo del clan De Martino, galvanizzato dalla consapevolezza di essere rimasto tra i pochi a perorare la causa dei cosiddetti “XX”, avrebbe intravisto in questo scenario un’opportunità da sfruttare al meglio per conquistare un ruolo autorevole nel clan d’appartenenza e nel contesto malavitoso ponticellese.
Pertanto, la lite sarebbe proseguita nei pressi dell’abitazione del padre del giovane affiliato al clan De Martino e ad avere la peggio sarebbe stata nuovamente l’ex compagna. Mentre tutti i soggetti che erano coinvolti nella lite si trovavano ancora in strada e la situazione era piuttosto concitata, il giovane “XX” avrebbe estratto la pistola esplodendo diversi colpi d’arma da fuoco verso la finestra dell’abitazione del padre, consapevole del fatto che nell’appartamento non ci fossero persone.
Sul posto giunse una volante del commissariato di Polizia di Stato di Ponticelli per i rilievi del caso. Oltre a rinvenire due bossoli, gli agenti verbalizzarono la deposizione dei protagonisti della lite. Pertanto, i colleghi del reparto anticrimine, una volta acquisite le informazioni, avrebbero avviato le indagini volte a far luce sulla vicenda. Evidentemente intendevano chiudere il caso “con il colpaccio” e per questo miravano a rinvenire la pistola utilizzata dal giovane per compiere il raid indirizzato al padre e inchiodarlo alle sue responsabilità.
Proprio per questo motivo, come già sarebbe accaduto più volte in passato, avrebbero richiesto l’intervento di Braccia, chiedendogli esplicitamente di segnalargli in nascondiglio dove il giovane aveva occultato la pistola dopo il raid, consapevoli che il “custode delle armi” dei De Martino poteva sicuramente disporre di quell’informazione. Un’interazione che in più circostanze avrebbe consentito agli stessi agenti di rivenire le armi del clan dei cosiddetti “XX”, basandosi sulle soffiate che gli sarebbero pervenute proprio dall’armiere della stessa organizzazione, nonché fedelissimo della famiglia De Martino. Un fatto che troverebbe conferma dalla costante presenza delle firme degli stessi poliziotti sui verbali stilati al margine del rinvenimento delle armi del clan nn solo avvenuti negli ultimi anni. Un rapporto che, in sostanza, avrebbe garantito ai suddetti poliziotti una sorta di “esclusiva” in materia di rinvenimento di armi e droga.
Il giorno seguente alla lite sfociata negli spari, però, Braccia avrebbe categoricamente rifiutato di fornire il suo aiuto ai poliziotti, dichiarando di non essere disposto ad aiutarli per nessuna ragione. Non sono chiari i motivi del diniego che sarebbe stato recepito con non poco dissenso. Negli ultimi tempi, il ras del clan, titolare di una salumeria nel rione Incis, avrebbe negato la sua collaborazione ai poliziotti in più circostanze, a causa di una serie di screzi che avevano concorso a minare il rapporto tra le parti.
E’ bene precisare che qualora le suddette “soffiate” siano giunte ai poliziotti in buona fede, quindi senza ottenere nulla in cambio, la pratica potrebbe anche essere considerata lecita. Tuttavia, al fine di scongiurare incomprensioni e ambiguità che nel passato recente hanno già risucchiato il commissariato di Ponticelli nel calderone, sarebbe auspicabile la presenza di verbali e annotazioni di servizio utili a chiarire il rapporto tra alcuni poliziotti operanti sul territorio e diverse figure di spicco della criminalità.