Giancarlo Siani nasce a Napoli, il 19 settembre 1959, nella casa di famiglia al Vomero e frequenta il Liceo classico Giovan Battista Vico di Napoli diplomandosi con il massimo dei voti.
Iscrittosi all’Università partenopea, inizia immediatamente la propria attività giornalistica dedicandosi principalmente alle condizioni sociali delle zone più emarginate della città.
L’emarginazione e il disagio sociale, specialmente tra i più giovani, catalizzano infatti le energie di Siani sia sotto il profilo della ricerca e dello studio della realtà cittadina, sia per le proprie iniziative di denuncia e sensibilizzazione.
Non a caso, infatti, il disagio giovanile e le difficili condizioni di alcuni quartieri di Napoli rappresentano fattori ambientali decisivi per l’agire delle
organizzazioni camorristiche, soprattutto per il reclutamento di giovani nelle dinamiche criminali del traffico di stupefacenti.
Su questi temi, Siani scrive i primi articoli per il periodico “Lavoro nel Sud”, scrive i suoi primi articoli per il periodico “Osservatorio sulla camorra”, diretto da Amato Lamberti, appassionandosi ai rapporti ed alle gerarchie delle famiglie camorristiche che controllavano Torre Annunziata e dintorni. Diventa corrispondente da Torre Annunziata per il Mattino di Napoli. In questo ruolo, Giancarlo Siani si occupa spesso di cronaca nera e di camorra, che gli permette pertanto di ricostruire molte delle relazioni tra famiglie delle consorterie criminali, i loro affari, i loro legami. Come giornalista del Mattino, Siani riesce a rintracciare gli interessi della camorra nella ricostruzione successiva al terremoto avvenuto in Irpinia nel 1980, irritando significativamente i boss del clan Gionta.
In una delle sue inchieste più celebri, Siani denuncia le connivenze tra la mafia siciliana di “Cosa nostra” e la famiglia dei Nuvoletta, ipotizzando l’accordo con il clan Bardellino della “Nuova famiglia” per spodestare il boss Valentino Gionta, allo scopo di porre fine alla lotta tra le famiglie appartenenti alla camorra partenopea. Tuttavia, la pubblicazione dell’inchiesta a seguito dell’arresto di Gionta suscitò l’ira dei Nuvoletta poiché rivelò al pubblico la loro “soffiata” alle Forze di Polizia, in contrasto al “codice tradizionale” delle organizzazioni di stampo mafioso.
Nell’articolo pubblicato nel giugno del 1985, Siani afferma che il clan dei Nuvoletta, alleato dei Corleonesi di Totò Riina, e il clan Bardellino, esponenti della “Nuova Famiglia”, vogliono spodestare e vendere alla polizia il boss Valentino Gionta, divenuto un personaggio scomodo. Secondo quanto successivamente rivelato dai collaboratori di giustizia, l’arresto di Gionta è stato il prezzo che i Nuvoletta hanno pagato al boss Bardellino per ottenerne un patto di non belligeranza.
I capiclan Lorenzo ed Angelo Nuvoletta tengono, allora, numerosi summit per decidere in che modo uccidere il giornalista e stabilirono Siani doveva essere ucciso lontano da Torre Annunziata per depistare le indagini.
Il giorno della sua morte Giancarlo telefona all’ex-direttore dell’Osservatorio, Amato Lamberti, chiedendogli un incontro per parlare di cose che “è meglio dire a voce”. Non si è però mai saputo di cosa si trattasse e se Giancarlo avesse iniziato a temere per la sua incolumità.
La sera del 23 settembre 1985, un commando di killer sopraggiunse nei pressi dell’abitazione di Giancarlo Siani; al momento in cui il giornalista fece ritorno a casa, a bordo della propria Citroen Mehari, i sicari fecero fuoco attingendolo più volte al volto.
Per chiarire i motivi che hanno determinato la morte del cronista, ucciso all’età di 26 anni, e identificare mandanti ed esecutori materiali sono stati necessari 12 anni e 3 pentiti.
Gli esecutori materiali e i mandanti dell’omicidio sono stati assicurati alla giustizia e condannati all’ergastolo dalla Corte di Assise di Napoli nel 1997.