La notizia del pentimento della “pazzignana” Luisa De Stefano, la 53enne che da tempo immemore ricopriva un ruolo di primo ordine nelle dinamiche camorristiche della periferia orientale di Napoli, non ha colto di sorpresa i soggetti più vicini alla sua famiglia, tuttora residente nel rione De Gasperi di Ponticelli.
In molti sanno che già nell’estate del 2022 la donna aveva manifestato la volontà di collaborare con la giustizia, ma fu costretta dai familiari a rivedere le sue decisioni, complice un episodio ben preciso.
Erano i primi giorni di agosto del 2022 quando Luisa De Stefano, durante una videochiamata con le sorelle residenti nel rione De Gasperi di Ponticelli, comunicò la sua intenzione di collaborare con la giustizia e cercò di convincerle a seguirla in quel percorso, lasciando a loro volta il quartiere per entrare nel programma di protezione riservato ai familiari dei collaboratori. I toni della conversazione divennero subito accesi e concitati, la sorella Antonella De Stefano – attualmente detenuta, insieme al marito Michele Damiano – fu colta da un malore. Le urla e le frasi scandite a gran voce consentirono ai residenti in zona di apprendere la notizia in tempo reale. Motivo per il quale, quell’informazione giunse immediatamente all’orecchio di alcune figure apicali del clan Minichini-De Luca Bossa, alleati dei “pazzignani” che avevano tutto da perdere qualora la De Stefano potesse effettivamente decidere di passare dalla parte dello Stato e pertanto si adoperarono immediatamente per sventare quel pericolo. Un esponente del clan Minichini-De Luca Bossa si fiondò nel rione De Gasperi per troneggiare sui familiari della De Stefano, annunciando l’intenzione di organizzare un colloquio in videochiamata tra “la pazzignana” e una figura apicale della cosca del Lotto O con il chiaro intento di spingerla a rivedere le sue decisioni.
Intorno a quello scenario si creò, fin da subito, un clima di tensione che turbò fortemente soprattutto le sorelle di Luisa De Stefano, ma non fu questo il motivo scatenante che portò la donna a tornare sui suoi passi. Malgrado le forti pressioni ricevute anche dai parenti reclusi, la De Stefano sembrava infatti fortemente intenzionata ad intraprendere l’unica strada che le avrebbe consentito di riabbracciare i figli. Tommaso Schisa, il suo primogenito, aveva deciso di collaborare con la giustizia tre anni prima, nell’estate del 2019 e da quel momento, sua sorella Rosa, insieme al compagno e alla figlia neonata, aveva lasciato il quartiere per trasferirsi in una località protetta, come previsto dal protocollo riservato ai familiari dei collaboratori. Furono gli unici parenti di Schisa ad andar via da Ponticelli. Motivo per il quale, l’unico ostacolo che impediva alla De Stefano di seguire le orme del figlio Tommaso erano proprio i familiari, restii a rinnegare la camorra e ancora di più a lasciare il rione De Gasperi. Il tallone d’Achille della “pazzignana” erano le sorelle, fortemente intenzionate a restare a vivere in quel quartiere e soprattutto in quel rione, insieme ai nipoti, ai quali Luisa De Stefano era legatissima, al pari di suo fratello Giovanni alias “Giovannone”, recluso in carcere in quel periodo storico, ma tornato in libertà di recente. Temeva soprattutto per la loro incolumità e pertanto, prima di compiere quel passo, voleva convincere i parenti a seguirla.
Dopo la videochiamata nel corso della quale Luisa De Stefano sganciò quella bomba, nel rione andarono in scena giorni concitati, la tensione era palpabile tra le mura delle abitazioni delle sorelle, fortemente allarmate da quella comunicazione e preoccupate per le loro sorti.
La sera del 9 agosto quello scenario raggiunse il punto di non ritorno.
Uno dei nipoti di Luisa De Stefano fu vittima di una violenta aggressione, mentre era in strada in compagnia di un cugino. Il giovane fu accerchiato da un gruppo di persone che gli sferrarono diverse coltellate alla testa. Il cugino, invece, avrebbe reagito per poi darsi alla fuga e fu inseguito fino alla sua abitazione, dove un gruppo di sicari in scooter gli indirizzò una raffica di spari. Il giovane, finito nel mirino dei killer, rimase miracolosamente illeso, riuscendo a raggiungere l’isolato 16 del rione De Gasperi, quindi la porzione del rione in cui è insediato il clan dei “pazzignani”.
I colpi di pistola richiamarono l’attenzione dei residenti in zona che allertarono le forze dell’ordine.
Quell’episodio fu utilizzato dai familiari della De Stefano per far leva sulle sue fragilità emotive, facendolo passare ai suoi occhi come il primo atto ritorsivo inscenato dagli esponenti della criminalità locale, non appena si era diffusa la notizia del suo possibile pentimento. Motivo per il quale, Luisa De Stefano accantonò la decisione di collaborare con la giustizia, temendo fortemente per l’incolumità dei suoi familiari che mai come quella sera, appariva oggettivamente messa a repentaglio dalle sue scelte.
In realtà, lo scenario che si celava dietro quegli episodi era tutt’altro e riguardava screzi scaturiti da futili motivi, fomentati dal carattere spocchioso e irriverente dei nipoti della De Stefano e dall’odio atavico che intercorre tra giovani legati a fazioni camorristiche antagoniste.
Trasportato immediatamente in ospedale, il nipote della De Stefano vittima dell’accoltellamento fu medicato e dimesso quella sera stessa. Ben diverso il clima nel quale era maturato il raid indirizzato a suo cugino, uno dei figli di Antonella De Stefano, nonché nipote di Luisa. Uno dei nipoti ai quali era più legato perché assai simile a suo figlio Tommaso da adolescente, non solo sotto l’aspetto fisico, ma anche per il piglio con il quale scalpitava per mettersi in mostra tra le strade di Ponticelli per rilanciare le quotazioni del clan di famiglia.
Il giovane era già finito nel mirino dei sicari, in passato aveva subito più volte minacce e intimidazioni analoghe, ma in quel momento storico, alla luce di quanto accaduto nelle ore precedenti, quell’episodio fu utilizzato come un jolly provvidenziale da giocare per indurre Luisa De Stefano a ritornare sui suoi passi. E così fu. Almeno in quella circostanza.