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Lady Diana, la storia di un’icona che neanche la morte è riuscita ad oscurare

Redazione Napolitan di Redazione Napolitan
31 Agosto, 2024
in Arte & Spettacolo
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Lady Diana, la storia di un’icona che neanche la morte è riuscita ad oscurare
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Il 31 agosto dl 1997, i media e i tg nazionali annunciarono la notizia che sconvolse il mondo: un incidente stradale, avvenuto sotto il Ponte de l’Alma, a Parigi, provocò la morte di Diana Spencer, il suo compagno Dodi Al-Fayed, figlio dell’imprenditore egiziano Mohamed Al-Fayed, e il conducente dell’auto Henri Paul. L’unico a sopravvivere all’impatto fu la guardia del corpo del produttore cinematografico, Trevor Rees-Jones.

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La sera prima dell’incidente, sabato 30 agosto 1997, Lady Diana e Dodi Al-Fayed giunsero a Parigi su un jet privato dopo un breve soggiorno in Sardegna. La coppia, per non sentire la pressione dei paparazzi, decise di spostarsi in un appartamento lontano rispetto all’Hotel Ritz, l’albergo parigino in cui risiedevano. Così Henri Paul, capo della sicurezza della struttura, decise di accompagnarli di persona. Con loro c’era anche Trevor Rees-Jones, la guardia del corpo di Al-Fayed. Per allontanare i fotografi e i giornalisti, un’auto vuota venne fatta passare davanti all’ingresso principale, in modo tale che la principessa e l’imprenditore uscissero da un’entrata secondaria. Poi salirono sulla Mercedes-Benz S280, che si schiantò nella galleria a causa dell’alta velocità.

Lady Diana era entrata in arresto cardiaco quando i medici sono giunti sul posto e che tempestivamente hanno cercato di rianimarla per poi trasportarla in ospedale. Ma le ferite erano troppo gravi non le hanno lasciato scampo: il cuore si era spostato nella parte destra del torace, danneggiando la vena polmonare e il pericardio. Diana si spense alle 4 della mattina del 31 agosto 1997, all’età di 36 anni.

A seguito dell’incidente, si diffusero diverse teorie del complotto che affermavano – e che affermano tutt’ora – che dietro all’accaduto ci fossero i Servizi segreti britannici e la famiglia reale stessa. Molte alimentate anche dal papà del produttore cinematografico e amico della principessa, Mohamed Al-Fayed. Alcuni hanno puntato il dito contro Filippo di Edimburgo, al tempo ex suocero di Diana, che sarebbe il mandante del tragico episodio. Mentre altri sostengono che sia stata un’idea dell’attuale re della Gran Bretagna, Carlo III, visto che la sua ex moglie lo avrebbe accusato di una lettera in cui avrebbe scritto di «volerla uccidere simulando un incidente d’auto».

«La principessa dei cuori della gente», così si era definita Spencer durante la celebre intervista rilasciata alla BBC nel 1995, due anni prima della sua morte. Quel servizio della rete televisiva inglese divenne famoso in tutto il mondo per la celebre frase «eravamo in tre in quel matrimonio», con la quale Diana confermava i tradimenti di Carlo. Come vuole la storia, il principe Carlo avrebbe intrattenuto una relazione extraconiugale con Camilla Parker Bowls, che oggi porta in testa la corona da regina.

Lady Diana, quando è morta, aveva appena iniziato ad assaggiare la felicità. Iniziò a patire una profonda solitudine non appena entrò a far parte della famiglia reale. Il suo matrimonio non era la fiaba che aveva immaginato, visto che Carlo continuò a frequentare Camilla durante il matrimonio. Passava da sola le giornate nella loro casa, Highgrove House, e non riusciva a sopportare la pressione della stampa. Così iniziò a riversare la sua sofferenza sul cibo, iniziando a soffrire di ansia e di bulimia. Dopo la fine del matrimonio travagliato, aveva avuto diverse relazioni che avevano conquistato le pagine dei rotocalchi di tutto il mondo, ma solo quando incontrò l’uomo che ha perso la vita insieme a lei in quell’incidente “la principessa triste” sembrava aver trovato la strada verso la felicità. Un destino amaro che ha stroncato anche le missioni umanitarie della principessa, diventata un simbolo iconico potentissimo nella lotta ai diritti dei più deboli. Particolarmente efficaci le battaglie di cui si fece promotrice per contrastare l’AIDS nei paesi sottosviluppati e le mine antiuomo. Ancora oggi, le sue parole, le sue interviste, vengono riproposte e si rivelano portatrici di messaggi tutt’altro che superati.

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