Il clima di calma silente, contraddistinto dall’apparente assenza di contrasti e fibrillazioni, subentrato a Ponticelli da più di un mese, in realtà cela una serie di dinamiche che stanno facendo più rumore degli spari.
Lo scenario più concitato è quello riconducibile allo stato di tangibile difficoltà in cui versano i De Martino e non solo perché non era mai accaduto prima che tutti i membri della famiglia egemone nel rione Fiat di Ponticelli – marito, moglie e tre figli – si ritrovassero contemporaneamente reclusi, ma soprattutto per le concitate vicende che si stanno verificando negli istituti penitenziari in cui le figure apicali del clan sono recluse. Sia il boss Francesco De Martino che sua moglie Carmela Ricci avrebbero richiesto il trasferimento dopo aver incrociato alcuni parenti di Annunziata D’Amico, la reggente dell’omonimo clan operante nel rione Conocal di Ponticelli, uccisa in un agguato di camorra, il 10 ottobre del 2015, compiuto proprio dal primogenito della coppia, Antonio De Martino. Un delitto eccellente, non solo perché per la prima volta la camorra di Ponticelli ha messo la firma sull’omicidio di una donna, sbugiardando il falso mito secondo il quale la criminalità organizzata dovrebbe riconoscere una sorta d’immunità a donne e bambini, ma soprattutto per una serie di dinamiche correlate a quell’agguato, a partire dagli screzi e dallo scenario che lo hanno introdotto e ancor più quello scaturito dall’uscita di scena della reggente del clan D’Amico per effetto di un delitto tanto efferato.
Risulta comprensibile che i coniugi De Martino, consapevoli del pericolo al quale sono esposti subendo quella convivenza forzata con i familiari della donna-boss ancora a caccia di vendetta, abbiano chiesto di essere trasferiti in altri istituti penitenziari.
Tuttavia, lo scenario più allarmante è quello subito da uno dei tre figli del boss Francesco De Martino, attualmente recluso nel carcere di Terni e che nell’arco delle ultime settimane avrebbe già subito due pestaggi per mano di una figura apicale del clan Minichini-De Luca Bossa, fazione antagonista con la quale, per un breve periodo, i De Martino entrarono in affari contestualmente alla battuta d’arresto dei De Micco, decretata dal blitz che nel novembre del 2017 fece scattare le manette per diverse figure di spicco del clan, tra i quali Antonio De Martino, primogenito di “Ciccio ‘o pazzo” che ha concorso a consolidare la leadership dei De Micco compiendo una serie di delitti eccellenti, tra i quali anche quello della donna-boss Annunziata D’Amico. Proprio per questo motivo i De Micco hanno evitato di rompere definitivamente gli equilibri, anche dopo una serie di rappresaglie violente inscenate dai De Martino che sulla carta figurano ancora come alleati dei cosiddetti “Bodo”, almeno per due buone ragioni.
In primis, per tributare al killer Antonio De Martino la giusta e doverosa ricompensa, non solo in riferimento agli omicidi eseguiti per favorire e consolidare l’ascesa del clan, ma anche per premiarne “la detenzione da uomo d’onore” che lo vede incassare ergastoli senza farsi accarezzare dall’idea di collaborare con la giustizia. Scongiurare quest’ultimo scenario resta una delle priorità in cima agli obiettivi da perseguire per i De Micco, in quanto “Antonio XX” potrebbe rivelare delle dichiarazioni utili a ricostruire diversi omicidi ancora irrisolti, oltre a chiarire le dinamiche di taluni episodi che sarebbero stati ricostruiti parzialmente o in maniera falsata dagli inquirenti. Motivo per il quale, i De Micco non avrebbero mai smesso di provvedere al mantenimento dei membri della famiglia De Martino attualmente detenuti, provvedendo a consegnare ogni mese una generosa somma di denaro al parente incaricato di gestire e curare i loro affari e che mantiene i rapporti con le figure di spicco del clan attualmente recluse, provvedendo a consegnargli anche “la mesata” dei De Micco.
Inoltre, alla luce dello scenario che si è configurato negli ultimi tempi e ancor più in vista delle imminenti scarcerazioni attese in casa D’Amico e che si annunciano destinate a far schizzare nuovamente la tensione alle stelle tra le strade di Ponticelli, i De Micco devono scongiurare il pericolo di mostrarsi vulnerabili palesando una frattura interna con i De Martino che, all’inizio delle ostilità, erano schierati dalla parte dei D’Amico. Nel contesto criminale le apparenze contano più dei fatti ed esorcizzare lo spauracchio della presenza di una crisi interna al clan, risulta una delle priorità più impellenti. Proprio per questo motivo alcune figure apicali del clan De Micco si starebbero attivando per negoziare una pax armata con alcune figure di spicco del clan Minichini-De Luca Bossa al fine di sedare la situazione che si è creata in carcere, nella quale ha avuto la peggio già per ben due volte uno dei fratelli De Martino.