Non era mai accaduto che tutti i membri della famiglia De Martino, organizzazione camorristica radicata nel rione Fiat di Ponticelli, si trovassero contemporaneamente detenuti. Madre, padre e tre figli, allo stato attuale, si trovano reclusi in diverse carceri italiane. Il primogenito Antonio De Martino, spietato killer che ha contribuito a consacrare l’egemonia dei De Micco compiendo delitti eccellenti, è in carcere dal novembre del 2017, ovvero da quando fu arrestato insieme ad altri 22 soggetti legati ai cosiddetti “Bodo” di Ponticelli. Il secondogenito Giuseppe e il figlio minore Salvatore, invece, furono arrestati insieme, l’otto agosto del 2023, unitamente ad altre figure di spicco dei clan De Micco-De Martino di Ponticelli, Aprea di Barra e Mazzarella di San Giovanni a Teduccio. Giuseppe De Martino tornò in carcere dopo appena sei mesi trascorsi a Ponticelli: fu scarcerato a febbraio dello stesso anno, dopo aver scontato diversi anni di reclusione. I genitori, i coniugi Carmela Ricci e Francesco De Martino, invece, in carcere ci sono finiti lo scorso 1° luglio per le reiterate minacce indirizzate alla ex compagna del figlio minore, Salvatore, dalla quale aveva avuto una bambina oggetto di continue rivendicazioni e pretese da parte dei nonni paterni, fino ad arrivare a reclamarne l’affidamento in maniera arbitraria.
La vita in carcere sta riservando amare sorprese ai De Martino. Uno dei figli di “Ciccio ‘o pazzo” sarebbe stato vittima di un altro pestaggio nel carcere di Terni in cui è recluso. Si tratterebbe del secondo episodio nell’arco di circa un mese e che va ad incastonarsi sempre nella stessa dinamica. Nello stesso istituto penitenziario sarebbero reclusi anche alcuni affiliati al clan Minichini-De Luca Bossa, un tempo in affari con i De Martino, poi passati a farsi la guerra. Tanti i conti in sospeso e i motivi di rancore riconducibili alle varie fasi della faida che prese il via in seguito al mancato agguato indirizzato al ras Luigi Austero, in quel momento storico reggente del clan Minichini-De Luca Bossa. Austero si trovava in auto e sua figlia era seduta accanto a lui, sul sedile passeggero anteriore, quando due sicari del clan De Martino a bordo di uno scooter, lo affiancarono e non esitarono a premere il grilletto, ma la pistola s’inceppò. Non si sarebbero fatti scrupoli ad entrare in azione, pur consapevoli di mettere a repentaglio la vita di una bambina, ma l’agguato non andò a buon fine solo per una fortuita casualità. Una circostanza che mandò su tutte le furie il ras che di lì a poco diede il via alla “stagione delle bombe”.
Il destino ha voluto che alcuni protagonisti di quella faida che tra il 2020 e il 2021 seminò il panico tra le strade di Ponticelli, si trovino attualmente reclusi nello stesso carcere, una circostanza della quale i De Luca Bossa-Minichini avrebbero approfittato per regolare i conti in sospeso e avrebbero pestato già due volte uno dei tre fratelli De Martino, attualmente detenuto nel carcere di Terni.
Non se la passano meglio i coniugi De Martino, sia Francesco De Martino che Carmela Ricci, avrebbero chiesto il trasferimento, appellandosi al divieto di incontro, dopo aver incrociato alcuni parenti diretti di Annunziata D’Amico, reclusi negli stessi istituti penitenziari nei quali si trovano anche loro da circa due mesi, ormai. Annunziata D’Amico, quando fu uccisa, il 10 ottobre del 2015, ricopriva il ruolo di reggente del clan di famiglia. Un delitto sul quale c’è la firma di Antonio De Martino, primogenito della coppia attualmente preoccupata dalle conseguenze alle quali potrebbero andare incontro incrociandosi in carcere con i familiari della boss, madre di sei figli, uccisa all’età di 40 anni.
Inoltre, prima che venisse assassinata, la D’Amico aveva incontrato spesso Carmela Ricci all’esterno del carcere di Santa Maria Capua Vetere dove si recavano per sostenere i colloqui con i rispettivi figli reclusi. In più circostanze, la “passillona” – questo il nomignolo con cui era nota Annunziata D’Amico negli ambienti criminali – aveva malmenato “donna Lina” alias Carmela Ricci e per questo motivo il fatto che sia stato proprio il primogenito di quest’ultima a compiere l’omicidio ha fin da subito introdotto anche un movente personale, oltre a quello legato al controllo del territorio, alla luce del fatto che “la passillona” si rifiutava di corrispondere ai De Micco una tangente sui proventi delle piazze di droga che gestiva nel fortino del suo clan, il rione Conocal.
Non è un segreto che gli uomini di casa D’Amico, all’indomani dell’omicidio, abbiano rinunciato a vendicare “la passillona”, intenzionati a portare a compimento quel piano non appena il marito, il primogenito della boss o i fratelli torneranno a piede libero, circostanza che prossimamente troverà riscontro nella realtà alla luce dell’imminente scarcerazione del marito e del primo dei sei figli della D’Amico. I familiari della “passillona” mirerebbero a punire tutte le persone che hanno avuto un ruolo cruciale nel determinare la morte della donna-boss, non solo gli esecutori materiali, ma anche i mandanti. Tra i nomi in cima alla lista nera figurano quelli dei parenti diretti di Antonio De Martino, il killer che ha ripetutamente premuto il grilletto per uccidere la reggente del clan rivale. Per questo motivo, i genitori reclusi in due diverse carceri, ma reduci dalla stessa brutta esperienza che li ha visti ritrovarsi faccia a faccia con alcuni familiari della D’Amico che non hanno mai smesso di bramare vendetta, vedendosi costretti a fare i conti con i fantasmi del passato, al pari del figlio finito per ben due volte nel mirino dei Minichini-De Luca Bossa.
Una serie di episodi che confermano il momento di difficoltà attraversato dalla famiglia De Martino, dentro e fuori dagli istituti penitenziari dove sono reclusi.