Il clan De Luca Bossa e in particolare, la costola della cosca del Lotto O radicata nel plesso di edilizia popolare di via Matilde Serao a Caravita, devono fare i conti con l’esistenza dell’ennesimo collaboratore di giustizia, un tempo figura apicale dell’organizzazione.
Una circostanza che fin dai primi istanti era apparsa palesemente chiara agli occhi degli abitanti di Caravita. Una serie di eventi resero evidente la decisione maturata dall’ex ras del rione. In particolare, il blitz mirato da parte dei carabinieri di Cercola e Torre del Greco che portò al ritrovamento di armi occultate nel fortino del clan radicato a Caravita e al conseguenziale arresto di Ciro Silvestri, 46enne del posto già noto alle forze dell’ordine. Si tratta del compagno della madre di Fatima Tubelli, moglie Eduardo Fiorentino Mammoliti detto “Fiore”, figura di spicco della malavita locale, detenuto da diversi mesi. Dopo un breve periodo trascorso in libertà, attivandosi fin da subito per riorganizzare il clan, finì nuovamente dietro le sbarre dopo poche settimane e lo scorso inverno la sua posizione si era notevolmente aggravata, in quanto raggiunto da un’altra ordinanza di custodia cautelare in carcere, nell’ambito di un blitz finalizzato a decapitare proprio il suo clan d’appartenenza, nell’ambito del quale ha ricoperto un ruolo di primo ordine. Da qui la decisione di collaborare con la giustizia, risalente al 20 dicembre del 2023. Il ritrovamento di quelle armi e l’arresto del suocero, come compresero fin da subito i residenti in zona, rappresentarono la garanzia richiesta dagli inquirenti, utile a provare la bontà della sue intenzioni.
A legittimare la ipotesi del pentimento di Mammoliti, fin da subito, non hanno concorso solo il ritrovamento di due armi ben occultate e l’arresto del suocero, ma anche un altro fatto ancora più suggestivo: la sparizione dei suoi familiari residenti a Caravita. Di punto in bianco, contestualmente al blitz dei carabinieri, si persero le tracce di moglie e figli di “Fiore”. Un dettaglio che in un rione non passa inosservato. La casa chiusa e disabitata, le automobili non parcheggiate in strada, nessun segnale di presenza. Come se fossero partiti di punto in bianco. Una circostanza che poteva essere maturata, per l’appunto, solo per effetto dell’iter previsto dal programma di protezione riservato ai parenti dei collaboratori di giustizia e che pertanto aveva portato allo spostamento dei suoi familiari in una località protetta.
A ufficializzare la collaborazione di Mammoliti hanno concorso altri due fatti avvenuti a distanza ravvicinata.
Il primo: la richiesta di una tangente di diverse migliaia di euro, imposta ai parenti dell’ex boss di Caravita, che hanno occupato l’abitazione rimasta vuota. Un’imposizione pratica da uno dei due reggenti del clan De Micco di Ponticelli che nella frazione del comune di Cercola esercita una particolare influenza.
Il secondo: le dichiarazioni rese dallo stesso Mammoliti alla magistratura e riportate nell’ordinanza che ha fatto scattare le manette per il ras del rione De Gasperi Salvatore Montefusco e suo figlio Carmine. La storia criminale di Montefusco e il suo coinvolgimento nelle dinamiche malavitose, non sono state ricostruite solo dall’ex De Micco Antonio Pipolo, ultimo collaboratore di giustizia di Ponticelli, ma anche da quelle di Eduardo Fiorentino Mammoliti, un tempo affiliato ai De Luca Bossa, stesso clan d’appartenenza di Montefusco padre e figlio.