Dopo l’arresto di Salvatore e Carmine Montefusco, le due figure apicali del gruppo emergente del rione De Gasperi di Ponticelli che dallo scorso inverno ha lanciato il guanto di sfida ai De Micco, a presidiare l’ex roccaforte dei Sarno sono rimasti solo i “pazzignani”, gruppo camorristico storicamente radicato nel rione e attualmente capeggiato da “Giovannone” ovvero Giovanni De Stefano, fratello della donna-boss Luisa, condannata all’ergastolo in via definitiva per aver partecipato all’omicidio del boss del rione Sanità Raffaele Cepparulo, in cui perse la vita anche il 19enne Ciro Colonna, vittima innocente della criminalità.
L’uscita di scena di Luisa, al pari di quella di sua sorella Antonella e del marito Michele Damiano, a capo di una delle piazze di droga più datate del rione, non ha ridimensionato i piani dei “pazzignani”, ancor più in seguito alla scarcerazione di “Giovannone”, tornato a Ponticelli dopo aver scontato una condanna condivisa proprio con “l’amico ritrovato” Salvatore Montefusco e altri reduci del clan Sarno che in seguito alla bufera scaturita dal pentimento delle figure apicali del clan, cercarono di indurre a ritrattare gli ex boss di Ponticelli, minacciando e umiliando Carmine Sarno, oggetto di intimidazioni e richieste estorsive nell’ambito del piano finalizzato anche a colmare il vuoto di potere generato dalla dissoluzione del clan che per circa un trentennio ha dominato la scena camorristica ponticellese e che vedeva proprio il gruppo in cui confluirono “Zamberletto” e “Giovannone” praticare estorsioni a tappeto per imporre la supremazia del clan che avevano rifondato.
Altre storie, altri scenari, ben diversi da quelli che Montefusco e “Giovannone” hanno cercato di ribaltare di recente, animando il moto di rivolte finalizzato a contrastare la forza egemone dei De Micco: il clan che di fatto è riuscito a subentrare ai Sarno, non prima di aver combattuto un’alacre guerra di camorra. Una delle tante che da allora fino ad oggi, si sono abbattute sul quartiere, non risparmiando, di certo, sangue innocente.
L’ultima vita estranea alle logiche criminali sacrificata per alimentare le ostilità tra i clan entrati in contrasto risale allo scorso 9 luglio, esattamente un mese fa. Emanuele Pierino Montefusco, 48enne fratello del ras Salvatore “Zamberletto”, si era lasciato alle spalle i precedenti per rapina e spaccio di droga e ormai da anni si guadagnava da vivere vendendo rotoloni di carta sul ciglio di quel marciapiede in via Argine dove è stato freddato dai sicari.
Non era un camorrista, Pierino.
Non era addentrato negli affari illeciti del fratello, ma è stato ugualmente assassinato, all’indomani della notte di schiamazzi andata in scena nel Lotto O nel rione De Gasperi per festeggiare la scarcerazione di Martina Minichini, moglie del ras dei De Luca Bossa Luigi Austero e Pasquale Damiano, primogenito di Antonella De Stefano, quindi nipote di “Giovannone”. Numerosi i messaggi subliminali indirizzati ai rivali, soprattutto sui social, per annunciare l’inizio di una nuova era camorristica. Un intento stroncato sul nascere dai “bodo” che la mattina seguente sono scesi in strada per “fare il morto”.
Un omicidio simbolico voluto per inscenare una dimostrazione di forza e lanciare un messaggio ben chiaro alla fazione antagonista: i De Micco sono disposti a tutto pur di sancire l’uscita di scena dei rivali e punirne l’irriverenza, anche uccidere i parenti innocenti. Un’azione delittuosa voluta anche per costringere “Zamberletto” ad uscire allo scoperto e ucciderlo. Il commando ha infatti ripiegato su Pierino Montefusco proprio perchè il ras del rione De Gasperi viveva da diversi mesi da segregato in casa, optando per una condotta più che prudente, consapevole di rischiare la vita.
Una strategia condivisa anche dall’amico e sodale “Giovannone” e dai suoi parenti: in passato, i “pazzignani”, tutte le volte che sono finiti nel mirino dei De Micco hanno sistematicamente adottato la stessa strategia, barricandosi in casa fino a quando la tensione non si allenta. Così come accadde tre anni fa, contestualmente alla scarcerazione del boss Marco De Micco che nel corso dell’estate 2021 diede il via alla strategia che senza particolari sforzi gli consentì di riappropriarsi del quartiere, partendo proprio dal rione De Gasperi. Prima le incursioni in moto, poi le passeggiate in compagnia della moglie, senza tralasciare le salatissime richieste estorsive indirizzate proprio ad Antonella De Stefano, non solo per sottolineare la supremazia del clan imponendole una tangente sulle piazze di droga che gestiva da decenni, ma soprattutto per regolare un vecchio conto in sospeso, un affronto che proprio sua sorella Luisa indirizzò ai “bodo” contestualmente alla prima vera battuta d’arresto patita dal clan. Poche ore dopo il blitz che a novembre del 2017 portò all’arresto di 23 figure di spicco del clan De Micco, “la pazzignana” si recò nel garage di proprietà della famiglia De Micco per annunciare l’intenzione di non corrispondere più al clan la tangente sui proventi delle attività di spaccio. Un atto di ribellione che diede il via alla faida che ha consentito ai clan alleati di Napoli est – cartello camorristico in cui confluirono anche “le pazzignane” – di conquistare il controllo del territorio. Ragion per cui, una volta tornato in libertà, il boss Marco De Micco ha preteso di riscuotere dalle “pazzignane” le tangenti con gli interessi per recuperare anche il denaro perso nel corso di quella breve parentesi che vide la fazione antagonista avere la meglio sui De Micco.
Quello che si registra attualmente non è uno scenario molto diverso: dopo l’omicidio di Montefusco, un commando riconducibile ai De Micco ha fatto irruzione nel rione per compiere due spedizioni punitive. Nel mirino dei picchiatori, il factotum dei “pazzignani” e la donna che gestisce il business delle imprese di pulizie in quella sede, per espresso volere di “Zamberletto”. Una vera e propria spedizione punitiva, l’ennesima, finalizzata a smorzare le velleità dei rivali.
Dopo l’arresto di Salvatore Montefusco e di suo figlio Carmine, i “pazzignani” sono rimasti da soli a controllare il rione, pur guardandosi bene dal farsi vedere in giro. Allo stato attuale, i “pazzignani” restano un clan a conduzione familiare: “Giovannone” può contare sul supporto di nipoti e sorelle, oltre che di un gruppo di ragazzini, dediti prettamente alla gestione delle piazze di droga storicamente controllate dalla famiglia/clan nel rione.
Inoltre, in questo momento storico, per l’ennesima volta, la camorra sta gestendo la compravendita degli alloggi di proprietà del comune di Napoli del rione De Gasperi. Famiglie cacciate di forza, in maniera anche molto pretestuosa, perchè legate ai rivali in maniera diretta o indiretta, ma anche per regolare conti un sospeso e dissidi di carattere personale. Futili pretesti, ma anche semplici antipatie talvolta rappresentano la sterile motivazione che induce “i pazzignani” a cacciare le famiglie dalle case che intendono rivendere per rifocillare le casse del clan.
Nel rione De Gasperi di Ponticelli, “i pazzignani” stanno cacciando le famiglie dalle loro abitazioni per inscenare una dimostrazione di forza o per compiere vendette personali. Una politica che dimostra il timore del clan, ormai rimasto isolato e circoscritto nel suo regno. Le figure apicali dell’organizzazione sanno che un passo falso o un passo al di fuori della linea di demarcazione può costargli la vita, motivo per il quale mostrano i muscoli ai soggetti estranei alle dinamiche camorristiche che non possono fare altro che subire in silenzio. Forti con i deboli, timorosi con i leader della camorra ponticellese, i “pazzignani” troneggiano sui civili praticando una condotta che concorre ad aggravare la di per sé compromessa situazione di emergenza abitativa che dilaga nel rione.
In attesa che il piano di assegnazione dei nuovi alloggi che dovrebbe portare all’abbattimento dei fatiscenti edifici, la camorra continua a trarre beneficio e guadagni dal clima di silenzio/assenzio calato sul rione con il beneplacito delle istituzioni.