All’indomani del blitz che nel novembre del 2022 ha portato all’arresto di più di 60 persone, decapitando l’alleanza costituita dai vecchi clan operanti nell’area orientale di Napoli, forte era il sentore che le figure di spicco dell’organizzazione che per un breve periodo aveva conquistato anche il controllo del territorio, fossero destinati a restare in carcere per un lungo periodo.
E invece, il processo che vedeva alla sbarra gregari e figure apicali dei clan Minichini-De Luca Bossa, Schisa, De Martino, Casella, Aprea, Rinaldi, ha riservato non poche sorprese, complice la scelta del rito abbreviato che garantisce la riduzione di un terzo della pena, unitamente all’abilità degli avvocati difensori che ancora una volta sono riusciti ad evidenziare le lacune che trapelano dai quadri accusatori imbastiti intrecciando intercettazioni e dichiarazioni rese da collaboratori di giustizia. In assenza di riscontri oggettivi e di accuse supportate da prove più solide e più difficili da scardinare, gli avvocati avranno buone possibilità di trovare un cavillo sul quale fondare una strategia difensiva che sovente si rivela destinata ad ottenere un risultato insperato perfino per l’imputato.
In questo clima si sono sgretolate le accuse a carico di Christian Marfella, basate su intercettazioni e testimonianze dei collaboratori di giustizia. Quella del figlio di Teresa De Luca Bossa e del boss di Pianura Giuseppe Marfella non è stata l’unica assoluzione eccellente. Scarcerate anche sua nipote, Martina Minichini, moglie del ras Luigi Austero e sua cognata, Luigia Cardillo, moglie di suo fratello Alfredo Minichini. La posizione delle due donne si è notevolmente alleggerita per effetto della derubricazione dell’associazione mafiosa nel reato di ricettazione. Le porte del carcere si sono aperte anche Pasquale Damiano, rampollo del clan delle “Pazzignane”, nipote della donna-boss Luisa, figura apicale dell’alleanza. Anche in questo caso, le principali accuse a carico di Damiano erano rappresentate dalle dichiarazioni rese da suo cugino Tommaso Schisa, figlio di Luisa De Stefano e figura di primo ordine dell’organizzazione. In casa De Martino, invece, assolti Davide Tomi, giovane legato alla paranza del “Lotto 10” e Francesco Pignatiello, consuocero del boss Francesco De Martino.
Una serie di scarcerazioni maturate in un momento storico di per sé concitato per effetto della faida in corso già da diversi mesi e che vede i De Micco contrapporsi ai reduci dei clan rimaneggiati proprio a partire da quel blitz. Un evento che poteva galvanizzare le velleità della compagine intenzionata a scalzare i De Micco: non a caso, all’indomani delle feste andate in scena nel Lotto O e nel rione De Gasperi per accogliere Martina Minichini e Pasquale Damiano, è stato assassinato Emanuele Pierino Montefusco, fratello del ras “Zamberletto”, alleato dei De Luca Bossa, a capo del gruppo emergente del rione De Gasperi che negli ultimi tempi si era messo in evidenza sfidando ripetutamente i De Micco.
Le condanne più importanti sono quelle che riguardano le figure apicali dell’organizzazione che non hanno incassato meno di 10 anni di reclusione.
Aprea Gennaro 18 anni,
Audino Francesco 17 anni,
Boccardi Roberto 16 anni,
De Luca Bossa Umberto 15 anni,
De Luca Bossa Giuseppe 14 anni,
Casella Eduardo 14 anni,
Casella Giuseppe 14 anni,
Righetto Giuseppe 14 anni,
Austero Luigi 14 anni,
De Luca Bossa Emmanuele 12 anni e 8 mesi,
Onesto Gabriella 12 anni,
Acanfora Antonio 10 anni e 8 mesi,
Amitrano Domenico 10 anni e 8 mesi,
Aulisio Luigi 10 anni e 8 mesi,
Casella Vincenzo 10 anni e 8 mesi,
Imperatrice Ciro 10 anni e 8 mesi.
È opportuno ricordare che la posizione di molti imputati potrebbe aggravarsi qualora dovessero sopraggiungere altre condanne, ipotesi tutt’altro che remota tenendo conto che le indagini che hanno fatto scattare le manette per le oltre 60 persone arrestate nel 2022, presero il via nel 2015, contestualmente al ritrovamento di alcuni manoscritti presso l’abitazione della “pazzignana” Luisa De Stefano, figura cruciale del cartello che proprio in quel periodo storico si stava costituendo con il duplice intento di subentrare ai Mazzarella di San Giovanni a Teduccio e ai De Micco di Ponticelli nel controllo degli affari illeciti. Proprio per questo motivo fu piazzata una microspia nell’appartamento della De Stefano che ha consentito di ricostruire le fasi dell’omicidio del boss dei Barbudos del rione Sanità Raffaele Cepparulo, in cui perse la vita anche il 19enne Ciro Colonna, vittima innocente della criminalità.
Un’organizzazione che ha prima navigato nell’ombra, guardandosi bene dal cercare lo scontro con i rivali, per poi uscire allo scoperto contestualmente al blitz che a novembre del 2017 ha sancito la temporanea uscita di scena del clan De Micco, per effetto di 23 arresti che indebolirono notevolmente il clan. Non a caso, poche ore dopo il blitz fu proprio “la pazzignana” Luisa De Stefano a gettare la maschera per sfidare apertamente i rivali presentandosi nel garage della famiglia De Micco per manifestare l’intenzione di non corrispondere più al clan la tangente sui proventi delle piazze di droga gestite dalla sua organizzazione. Poche ore dopo, i rivali replicarono con una stesa nel rione De Gasperi. Un ultimo, disperato tentativo di rivendicare credibilità e potere che diede il via a una breve schermaglia che comunque vide i reduci dei De Micco capitolare al cospetto dell’alleanza a sua volta rimaneggiata dal blitz che nel 2022 ha tradotto in carcere, non a caso, anche un nutrito numero di donne, molte delle quali imparentate proprio con la “pazzignana” Luisa De Stefano.
Di seguito, le condanne incassate dagli altri imputati:
Cerrato Ciro 12 anni e 8 mesi, De Turris Giovanni 12 anni e 8 mesi, De Martino Luigi 12 anni, Oliviero Fabio 12 anni, Damiano Giuseppe 11 anni e 4 mesi, Gianniello Domenico 11 anni e 4 mesi, Crisali Luigi 10 anni e 8 mesi, La Penna Luca 10 anni e 8 mesi, Schisa Tommaso 10 anni e 8 mesi, Aulisio Nicola 10 anni, Sorrentino Mario 10 anni, Clienti Francesco 10 anni, Concilio Luca 10 anni, D’ Apice Ciro Ivan 10 anni, Di Dato Francesco Paolo 10 anni, Di Pierno Domenico 10 anni, Esposito Giovanni 10 anni, Ferlotti Alessandro 10 anni, Onori Nicola 10 anni, Ricco Ciro 10 anni, Palumbo Giovanni 10 anni, Cipollaro Cira 10 anni, De Luca Bossa Anna 10 anni, Lazzaro Maria 10 anni, Boccia Mariarca 8 anni e 8 mesi, Barbato Vincenzo 8 anni, Postiglione Ciro 6 anni e 8 mesi, Pipolo Antonio 5 anni e 4 mesi, Esposito Ciro 5 anni e 4 mesi, Boccardi Carmine 3 anni, De Stefano Enza 3 anni, Ercolano Fortuna 3 anni, Cardillo Luigia 2 anni, Esposito Vincenza 2 anni, Gala Mariarca 2 anni, Minichini Martina 2 anni.
In sostanza, quelle che andrebbero monitorate sono le condanne incassate dai gregari, i manovali del clan, ovviamente destinati ad essere scarcerati prima dei leader dell’organizzazione, il cui ruolo potrebbe ricoprire un valore più o meno cruciale in base all’evoluzione delle dinamiche in corso. In assenza di figure più autorevoli ed esperte in stato di libertà, tra loro potrebbero celarsi i nuovi ras di Ponticelli, soprattutto se dimostreranno di disporre dell’affidabilità richiesta dal clan, scontando la pena detentiva senza lasciarsi accarezzare dalla possibilità di collaborare con la giustizia.