Malgrado la giovane età Carmine Montefusco, era diventato a tutti gli effetti l’alter ego del padre Salvatore alias Zamberletto, da quando era tornato a vivere nel rione De Gasperi di Ponticelli, dopo aver trascorso un lungo periodo in carcere. Condannato per le minacce e le estorsioni indirizzate a Carmine Sarno detto “Topolino” in seguito alla decisione degli ex boss di Ponticelli di collaborare con la giustizia. Montefusco confluì nel gruppo dei reduci del clan Sarno intenzionati a colmare il vuoto di potere generato da quel vortice di pentimenti, cercando di imporre la propria presenza sul territorio proprio praticando una serie di estorsioni a tappeto. Ad avere la peggio fu soprattutto “Topolino”, vessato e umiliato dal gruppo emergente, ma anche minacciato e costretto a consegnare la sua impresa di pulizie e soprattutto l’agenzia dei cantanti che aveva sfornato alcuni dei neomelodici più in voga in quel momento storico, in primis Alessio. Esasperato dalle continue minacce e temendo seriamente per la sua incolumità, denunciò i suoi estorsori facendoli arrestare. Di recente, Montefusco e gli altri condannati per quei fatti sono stati scarcerati pressoché in contemporanea e sono tornati a Ponticelli, nell’ex fortino dei Sarno. L’ultima scarcerazione è stata quella di Giovanni De Stefano, perno portante del clan dei “pazzignani” la cui posizione si era aggravata durante la detenzione in carcere in seguito all’aggressione di un agente penitenziario.
Montefusco è stato l’unico a mettersi immediatamente in evidenza, sfidando a viso aperto i De Micco, l’organizzazione che è riuscita a perseguire l’intento al quale aspiravano anche lui e il suo gruppo: subentrare ai Sarno nel controllo del territorio. Una velleità che “Zamberletto” non ha mai smesso di covare, come dimostrano le gesta compiute durante il periodo trascorso a Ponticelli, fino al recente arresto. Malgrado i rivali gli abbiano più volte indirizzato raid intimidatori, bombe e automobili incendiate, fino ad arrivare ad alzare il tiro: prima il mancato agguato sfociato in un violento incidente stradale in cui hanno avuto la peggio due affiliati al gruppo di Zamberletto e soprattutto l’agguato in cui ha perso la vita suo fratello Emanuele Montefusco lo scorso 9 luglio.
Nel corso degli anni, Montefusco ha manifestato a più riprese l’intenzione di non restare relegato nel rione De Gasperi e non ha mai smesso di cercare di ritagliarsi un ruolo di spessore nel contesto malavitoso ponticellese.
Dallo scorso inverno, questo braccio di ferro tra le parti è sfociato in una faida di camorra, culminata proprio nell’omicidio di Emanuele Montefusco, frutto di una vendetta trasversale, ma soprattutto di un’azione dimostrativa: il fratello di “Zamberletto” si era infatti lasciato alle spalle i precedenti per rapina e spaccio di stupefacenti e si guadagnava da vivere venendo rotoloni di carta lungo via Argine, proprio sul ciglio del marciapiede dove è stato assassinato. Non era coinvolto negli affari capeggiati dal fratello e il suo omicidio è stato compiuto con l’intento di lanciare un messaggio esplicito al ras del gruppo emergente nato sotto le sue direttive nel rione De Gasperi e poi rafforzato dal supporto degli altri clan operanti sul territorio in contrasto con i De Micco. I De Luca Bossa del Lotto O, ma soprattutto i D’Amico del rione Conocal. Alleanze annunciate sui social e che hanno anche ufficializzato l’affiliazione di Carmine Montefusco, figlio del ras. Malgrado sia cresciuto senza un padre, perchè quando Montefusco fu arrestato era poco più di un bambino, il giovane ha sposato pienamente la mission del padre non appena è tornato a Ponticelli.
Fu proprio Carmine Montefusco a ufficializzare l’alleanza con i D’Amico, mostrandosi sui social insieme al genero del boss Antonio D’Amico e a un nipote acquisito di quest’ultimo, cugino del ras Vincenzo Costanzo, poi clamorosamente passato dalla parte dei De Micco, di recente.
“Una sola squadra”, composta dai D’Amico e dal gruppo del rione De Gasperi capeggiato da Zamberletto. Uno spirito di squadra rilanciato dallo stesso Zamberletto junior che su tiktok ha poi pubblicato un video che proponeva una carrellata di foto che mostravano lui e suo padre che indossavano la tuta del Barcellona.
Un gruppo che ha inscenato un modello camorristico ibrido, a cavallo tra il vecchio e il nuovo, dove i social network hanno giocato un ruolo determinante, fornendo la cronaca in tempo reale delle fasi salienti che si sono avvicendate soprattutto negli ultimi tempi.
Zamberletto senior ha pagato a un prezzo altissimo quella guerra alimentata dalle sue stesse ambizioni: un fratello ucciso, l’ennesimo arresto che lo riconduce in carcere, insieme a suo figlio Carmine, arrestato da incensurato insieme a un altro affiliato. Un dato di fatto che conferma l’attitudine del ras di reclutare anche giovani inesperti e che non ha preservato dalle insidie della malavita neanche suo figlio.
Zamberletto junior, iperattivo sui social, poche settimane prima di finire in carcere ha condiviso con i followers l’esito del test di gravidanza della sua fidanzata e che tra pochi mesi lo renderà padre. Una relazione nata da poco, ma subito decollata e che adesso condanna quel bambino allo stesso destino che lui per primo ha vissuto.
“Zero rimpianti, se va male è esperienza”, si legge in uno dei tanti post pubblicati sui social da Carmine Montefusco. Un “figlio d’arte”, galvanizzato dal piano criminale del padre e soggiogato dal mito di Emanuele Sibillo, come tanti altri giovani che dopo la morte del leader della “paranza dei bambini di Forcella”, assassinato all’età di 20 anni, lo hanno mitizzato emulandone le gesta.
La foto che lo ritrae in posa a bordo di una grossa motocicletta, ricorda proprio quella in cui era lo stesso Sibillo ad adottare lo quell’atteggiamento, quando sognava di conquistare Forcella, scalzando i rivali del clan Mazzarella. Un sogno stroncato sul nascere dall’agguato in cui ha perso la vita. Una morte che ha concorso a rendere ancora più leggendaria e dannata la sua storia, rilanciata dagli altri giovani aspiranti interpreti della malavita contemporanea che si rispecchiano in quelle gesta e ancor più nell’ideologia di cui Sibillo si è fatto promotore durante la sua brevissima carriera criminale.
Particolarmente suggestivo uno degli ultimi post pubblicati di Montefusco Junior. In sottofondo la voce di Mariarca Savarese, compagna di Emanuele Sibillo, che nel documentario realizzato da Sky per ricostruire la storia del boss della “paranza dei bambini” di Forcella racconta anche le fasi salienti della loro relazione.
“Non potevo fargli un discorso sulla sua vita e sulla vita che aveva scelto, perchè, come si dice: chi è nato sotto una stella, non può morire sotto un’altra”, un messaggio premonitore dal quale trapela tutta la consapevolezza di un giovane che con ferma convinzione ha seguito le orme paterne, pur conoscendo i pericoli annessi.
Nel caso di Montefusco padre e figlio, l’arresto è giunto in un momento provvidenziale: le manette, probabilmente, gli hanno salvato la vita. Entrambi erano consapevoli di essere finiti nel mirino dei rivali ormai da tempo, soprattutto Montefusco senior e per questo hanno optato per un profilo basso ben lontano dallo “stile Sibillo” ostentato nel periodo in cui hanno ripetutamente sfidato i De Micco a suon di incursioni armate e vistosi cortei di moto, voluti per marcare il territorio, ma anche per sfidare i rivali contestandone l’egemonia, addentrandosi nei rioni controllati dai cosiddetti “Bodo”, in primis nel “parco di Topolino”, così ribattezzato proprio perché un tempo quel rione era controllato dal fratello dei Sarno, vessato da Zamberletto e gli altri reduci dello stesso clan all’indomani del pentimento delle figure apicali. Un intreccio di fatti e persone, a cavallo tra passato e presente che ha concorso ad accrescere la tensione tra le strade del quartiere negli ultimi mesi. Malgrado il gruppo emergente fondato da Zamberletto fosse consapevole di non disporre della forza economica e militare per sostenere una guerra contro i De Micco, non hanno mai indietreggiato.
Termina con l’arresto di Montefusco senior e junior il primo atto dell’ultima faida di camorra che ha fatto schizzare la tensione alle stelle tra le strade di Ponticelli. L’uscita di scena dei principali fautori del piano finalizzato a contestare l’uscita di scena dei De Micco ha concorso a sedare temporaneamente le ostilità. Seppure le scarcerazioni recenti e ancora di più quelle imminenti potrebbero legittimare l’ala dissidente a riprendere le ostilità, pur non potendo contare sul supporto del ras del rione De Gasperi e del suo rampollo.