E’ stata preceduta da una lunga agonia e da ripetute richieste d’aiuto, delle suppliche rimaste inascoltate, la morte di Marta Maria Ohryzko, ucraina di 32 anni trovata senza vita domenica mattina a Ischia dai carabinieri di Barano, nella zona del Vatoliere.
La scarpata si trova vicino alla roulotte in cui abitava con il convivente, che poi ha avvisato le forze dell’ordine. L’uomo, un 40enne nato in Russia, è stato sottoposto a fermo dai carabinieri e dalla Procura di Napoli (la IV sezione, fasce deboli) con l’accusa di maltrattamenti contestati nella forma più afflittiva, quella che prevede la morte e una condanna tra 12 e 24 anni di carcere.
Non è ancora chiaro come Marta Maria sia finita in quel dirupo, nel primo pomeriggio di sabato. Una cosa però è certa: malgrado fosse ferita, per ore e ore ha chiesto aiuto e perdono via cellulare al compagno russo, fino a sera, senza riuscire a risvegliarne la pietà. Secondo quanto emerso dall’analisi delle conversazioni sui cellulari, tradotte dal cirillico, sembra ormai acclarato che lui sapesse dove si trovava, ma non ha mosso un dito per aiutarla. Anzi. Quando l’ha trovata ha sì, chiamato i carabinieri, ma avrebbe anche cancellato le chat su WhatsApp, che poi l’avrebbero inchiodato.
La storia di Marta Maria è di quelle che mettono i brividi. E non solo per l’epilogo: abuso di alcol, aggressioni, maltrattamenti, minacce (non solo nei suoi confronti), pugni, schiaffi e bruciature. Violenze, solo in parte denunciate, che andavano avanti da un paio di anni. E quando ha preso il coraggio a due mani per presentare denuncia, alla fine si è fermata, proteggendo il compagno russo che verosimilmente odiava la nazione della compagna (“ucraini di m… che devono morire”).
Il primo messaggio d’aiuto, “sono caduta”, è delle 15,45 di sabato. L’ultimo alle 19,33. “Perdonami per tutto… aiutami per favore ad alzarmi… con questo mi salvi”. Poi ci sono due telefonate, in serata: alle 21,17, di ben 5 minuti, a cui c’è stata una risposta, e l’ultima alle 21,24, questa senza risposta.
A questi messaggi d’aiuto inascoltati seguirà il ritrovamento del cadavere, ma la mattina di domenica 14 luglio. Ai carabinieri dell’isola, Emiliano (così il cittadino russo è conosciuto) ha riferito che sabato era in collera con lei: aveva disatteso i suoi ordini e avevano litigato, ancora una volta: quel giorno la donna aveva bevuto, dice lui. E avevano bisticciato più volte per questo motivo. Sta di fatto che Marta Maria aveva subito più volte delle aggressioni e, alla fine, sempre secondo un racconto tutto da verificare, avrebbe fatto le valigie e se ne sarebbe andata. Poi la caduta, le richieste d’aiuto disattese, la morte e il ritrovamento.
Gli inquirenti sono tuttora al lavoro per scoprire le cause della morte di Marta Maria: sarà l’autopsia a fare luce sulla natura del decesso, come anche sulla natura delle ferite trovate sul suo corpo. Intanto lui è in cella, a Napoli, in attesa dell’udienza di convalida del fermo.