Uno scenario inimmaginabile fino a pochi mesi fa, quello che vede il clan D’Amico, i cosiddetti “fraulella” radicati nel rione Conocal di Ponticelli, costretti a fare i conti con una serie di eventi che hanno stravolto gli equilibri interni.
Un epilogo inimmaginabile, all’indomani dell’omicidio del ras Vincenzo Costanzo, nipote acquisito del boss Antonio D’Amico, figlio di una delle sorelle di Anna Scarallo, moglie del fondatore dell’omonimo clan. Fu proprio Costanzo a raccogliere le redini dell’organizzazione in seguito all’omicidio di Annunziata D’Amico e al blitz che decapitò il clan del Conocal pochi mesi dopo. Malgrado la giovane età, Ciculill’ – questo il soprannome di Costanzo – si limitò a curare gli affari di famiglia, concentrandosi principalmente sugli affari illeciti finalizzati a rifocillare le finanze del clan in un periodo di oggettiva difficoltà, guardandosi bene dal contestare la forza egemone dei De Micco.
Il colpo di scena che ha stravolto gli equilibri interni al clan D’Amico è subentrato in seguito al legame sentimentale nato tra due figlie del boss Antonio D’Amico e i rampolli del clan De Micco. Entrambe le giovani hanno messo su famiglia con due giovani cresciuti sotto l’ala protettrice dei De Micco: Francesco Petri, finito nel piano di vendetta di Alessio Bossis, ex fidanzato della figlia di Tonino fraulella, ma soprattutto Matteo Nocerino, figlio di Massimo “patacchella” e cugino di Antonio Nocerino detto brodino, fedelissimo dei De Micco, perno portante del clan fin dalle fasi salienti che hanno portato alla nascita dell’organizzazione che ha concorso a sancire la sua supremazia mettendo la firma su delitti eccellenti, come quello della donna-boss Annunziata D’Amico.
Uno scenario che ha concorso a creare un intreccio di parentele spinoso e destinato a sortire pesanti strascichi sul versante criminale in un futuro tutt’altro che remoto. Un equilibrio sempre più precario nell’ambito del quale ha già avuto la peggio proprio Vincenzo Costanzo, ucciso in un agguato di camorra a maggio del 2023. Il suo omicidio fu annunciato diverse settimane prima dagli abitanti del Conocal, consapevoli che fosse diventato una figura scomoda e ingombrante, come un macigno obsoleto del quale liberarsi. Così doveva essere e così è stato.
Il giorno successivo all’agguato finirono in manette proprio Matteo Nocerino e Gaetano Maranzino, cugino di Costanzo, accusati di aver partecipato, insieme ad altri membri della paranza del Conocal a una “stesa” compiuta sul luogo dell’omicidio in cui perse la vita il giovane ras dei fraulella.
La recente scarcerazione di Matteo Nocerino, al quale sono stati concessi gli arresti domiciliari fuori regione, avrebbe sancito l’ennesimo punto di non ritorno che ha stravolto gli equilibri interni al clan D’Amico.
Nocerino avrebbe palesato la volontà di appoggiare i De Micco, voltando le spalle al clan del suocero e non sarebbe stato l’unico a rinnegare i fraulella. Anche uno dei cugini di Vincenzo Costanzo ancora a piede libero avrebbe deciso di seguire Nocerino e schierarsi dalla parte del clan che la sua famiglia ha sempre osteggiato. Un cambio di casacca clamoroso che non è di certo passato inosservato, soprattutto quando il giovane si è recato dai gestori delle piazze di droga di viale Margherita per riscuotere la tangente da corrispondere al clan De Micco e ancora di più quando ha partecipato ad alcune azioni violente, come il pestaggio del fratello 14enne di uno dei fedelissimi di Alessio Bossis, il 22enne aspirante boss ucciso in un agguato di camorra nel 2022.
Nei rioni di Ponticelli appare sempre più chiaro che contestualmente alla scarcerazione di Nocerino deve essere accaduto qualcosa che ha stravolto gli equilibri in casa D’Amico. Un evento che ha concorso ad accrescere la tensione di per sè elevata per effetto della faida in corso e che vede i De Micco fortemente intenzionati a ridimensionare i piani del cartello camorristico costituito dalle fazioni rivali, tra le quali spicca anche il clan del Conocal.
Uno degli scenari più temuti è proprio quello che potrebbe portare il giovane imparentato con i D’Amico ad impugnare le armi per mettere a segno un agguato, finalizzato a fornire ai De Micco una tangibile dimostrazione di fedeltà, a discapito di un familiare. Un copione che sarebbe già andato in occasione di un delitto eccellente, secondo quanto ricostruito dagli esponenti della malavita locale.