Un’esecuzione in piena regola, quella compiuta dal commando che ha ucciso Emanuele Pierino Montefusco, mentre stanziava lungo via Argine, all’altezza del civico 91, per vendere rotoloni di carta, come di consueto. Dopo le condanne per rapina e spaccio di droga, “Pierino” era diventato noto tra gli abitanti del quartiere Ponticelli proprio per la sua attività di venditore ambulante. I frequentatori assidui della zona si erano abituati alla sua presenza sul ciglio della strada e proprio quell’ordinaria routine ha sancito la sua condanna a morte: Montefusco è finito nel mirino dei sicari per ragioni tutt’altro che riconducibili alla sua condotta, ma solo perché era l’obiettivo più facile da colpire per indirizzare un temibile monito al gruppo capeggiato da suo fratello Salvatore Montefusco che da diversi mesi è entrato in guerra con i De Micco.
Per questo motivo, fin da subito, il suo omicidio è stato attribuito ai De Micco, il clan che attualmente detiene il controllo degli affari illeciti a Ponticelli e con il quale suo fratello Salvatore Montefusco è entrato in contrasto già da diversi mesi. Se nei primi mesi i De Micco hanno optato per la politica della tolleranza, pare per espresso volere delle figure apicali della cosca attualmente detenute che avrebbero preferito privilegiare gli affari illeciti senza spargimento di sangue per non attirare l’attenzione delle forze dell’ordine, lo scenario è repentinamente mutato alla vigilia di Pasqua, all’indomani dell’ennesima pretesa avanzata dal ras del rione De Gasperi ai gestori delle piazze di droga più redditizie del quartiere, radicate proprio nello stesso rione. Un commando appostato a bordo di un Suv intercettò due affiliati al gruppo del rione e non riuscendo a sparargli, optò per un violento incidente stradale culminato nel ferimento dei due rivali. Il 23enne Vincenzo Arienzo fu ridotto in fin di vita e si è ripreso poche settimane fa, mentre il 32enne Giuseppe Tulipano fu ferito in maniera meno grave, riuscendo a cavarsela con qualche giorno di ricovero in ospedale.
Un mancato agguato sfociato in un violento incidente stradale che annunciò le intenzioni dei De Micco che palesemente miravano a colpire il ras del cartello dissidente. A partire da quel momento, sul quartiere è calato il silenzio, fino alle recenti schermaglie. Un mancato agguato nel rione Conocal e l’agguato in cui ha perso la vita il fratello del ras del rione De Gasperi, all’indomani della scarcerazione di due figure apicali del cartello composto dai dissidenti dei De Micco.
Un agguato messo a segno senza particolari sforzi, “Pierino” non pensava che la crociata contro i de Micco avviata dal fratello potesse mettere a repentaglio la sua vita, ma i rivali lo hanno smentito con i fatti lanciando così al clan antagonista un monito inquietante: i De Micco non sono disposti a farsi scrupoli e fin quando la compagine rivale non sventolerà bandiera bianca, nessuno potrà sentirsi al sicuro. Anche i parenti estranei alle dinamiche camorristiche.
Con il passare dei giorni, tra le strade del quartiere cresce la consapevolezza che in qualsiasi momento i sicari potrebbero entrare in azione per mettere a segno un altro colpo. Due gli scenari possibili, in tal senso.
La replica del cartello rivale che potrebbe inscenare la vendetta e colpire un parente dei De Micco, ugualmente non inserito nel contesto criminale. I cittadini temono che nel mirino dei killer, in questo caso, potrebbe finire il padre dei boss che è solito trascorrere le sue giornate nel garage di famiglia, poco distante dalla sua abitazione. Molti automobilisti che parcheggiano proprio lì la loro auto vivono con particolare apprensione questa ipotesi per ovvie ragioni. Forte è il timore tra la gente comune che la fazione antagonista possa decidere di ripagare con la stessa moneta i rivali cercando di colpire un parente dei De Micco estraneo alle logiche camorristiche. Un intento che i De Luca Bossa – anche loro confluiti nel gruppo di Zamberletto, insieme ai D’Amico del Conocal – in passato hanno più volte cercato di perseguire, all’indomani dell’omicidio di Antonio Minichini, figlio di Anna De Luca Bossa e Ciro Minichini, senza mai riuscirci. Una brama di vendetta galvanizzata dall’omicidio di Carmine D’Onofrio, figlio naturale di Giuseppe De Luca Bossa, anche lui assassinato dai De Micco, proprio come il cugino Antonio.
Troppi i conti in sospeso, al pari degli interessi in ballo, ma la fazione antagonista appare oggettivamente troppo debole e spaventata per colpire i De Micco che dal loro canto potrebbero decidere di mettere a segno un altro agguato per archiviare definitivamente la pratica. Forte è il sentore che i De Micco possano tornare ben presto ad impugnare le armi per infliggere il colpo di grazia ai rivali. Proprio per questo motivo starebbero inscenando una serie di azioni ritorsive e provocatorie finalizzate a far uscire allo scoperto le figure di spicco del cartello antagonista. Qualora dovessero restarsene rintanati nei loro fortini, i killer potrebbero nuovamente ripiegare sui parenti estranei alle dinamiche criminali ed è proprio questo lo scenario più temuto, soprattutto dai cittadini, stanchi di vivere stretti nella morsa della camorra.