Approda in Consiglio dei ministri il decreto legge contro l’emergenza carceraria. Due le principali novità nel testo in primis, una corsia veloce per uscire dalla detenzione, una volta dimostrata la buona condotta. Non si parla di aumentare gli sconti di pena previsti per legge – 45 giorni ogni sei mesi per chi dà prova di buona condotta – quanto di invertire le procedure. Questo, nelle intenzioni del governo, accelererà la liberazione anticipata e dunque creerà spazio nelle celle.
L’altro fronte su cui interviene il decreto riguarda le cooperative che lavorano con i detenuti con una stretta sui controlli delle associazioni che si offrono di “riabilitare” chi sta per uscire dal carcere e reintrodurlo in società e chiedono fondi pubblici per farlo.
Infine il decreto includerà disposizioni per accelerare la costruzione di nuovi istituti detentivi, anche all’interno di caserme cedute dalla Difesa, e l’aumento delle telefonate mensili dei detenuti ai familiari.
A meno che il pm non segnali al tribunale di sorveglianza la cattiva condotta del detenuto, lo sconto di 45 giorni scatterà ogni sei mesi. A decidere insomma non sarà più il tribunale di sorveglianza, ma direttamente il pm competente per l’esecuzione della pena. Il meccanismo, che oggi richiede un’istruttoria e un esplicito via libera dai tribunali già ingolfati, diventerà quindi automatico e questo potrà liberare i tribunali dalla valanga di richieste di scarcerazione anticipata – circa duecentomila – che finiscono per ingolfare il sistema e rinviare a data da destinarsi l’effettiva liberazione del detenuto che ha diritto allo sconto di pena.
Il testo prevede l’istituzione di un registro nazionale delle “coop”. Sono infatti circa settemila i detenuti a un passo dalla liberazione e nelle condizioni di accedere a pene alternative. Gli ultimi sei mesi di pena, a sentire gli addetti ai lavori, sono anche i più delicati, perché è in questo frangente che si spiana la strada per un graduale ritorno in società, o per l’isolamento del detenuto una volta libero. A questo serve l’accordo fra governo e coop: le associazioni registrate nell’albo nazionale si faranno carico di una parte dei costi per mantenere i detenuti. Che per lo stato sono un salasso: si stimano in media centocinquanta euro a persona, ogni giorno, per garantire cibo, vestiti e servizi essenziali a uomini e donne negli istituti penitenziari.