Un 35enne residente nel “Parco di Topolino” di Ponticelli che avrebbe messo la firma su diversi delitti eccellenti, concorrendo a sancire la supremazia dei De Micco contestualmente alla scarcerazione di Marco De Micco, il boss fondatore dell’omonimo clan al quale, il gregario descritto come un camorrista temuto e spietato, avrebbe giurato fedeltà eterna.
Questo l’identikit di una figura “occulta”, ma di primo ordine del clan dei cosiddetti “Bodo”, avvezza a mantenere un profilo basso. Niente social, niente azioni eclatanti: entra in azione solo quando è necessario. Un soggetto noto negli ambienti camorristici e che secondo i ben informati sarebbe una delle pedine cruciali dell’organizzazione. Abituato a muoversi nell’ombra e a starsene rintanato in silenzio durante i momenti concitati per uscire allo scoperto solo per compiere azioni concrete. Un killer spietato e dal sangue freddo che evoca per certi aspetti il temuto carisma di Antonio “XX” De Martino, sicario condannato all’ergastolo per i reiterati delitti compiuti per favorire l’ascesa del clan De Micco, al pari dell'”uomo misterioso” che però, a differenza del primogenito del boss Francesco De Martino non ama l’ostentazione del potere criminale, tant’è vero che solo pochi, pochissimi soggetti addentrati nelle dinamiche malavitose sarebbero in grado di tracciare una descrizione fisica, malgrado si tratti di una figura camorristica di primo ordine.
Una condotta in netta antitesi con la tendenza maggiormente in voga tra gli interpreti della camorra contemporanea, quella che si pratica soprattutto sui social a suon di video e immagini eclatanti. Contenuti espliciti che attirano l’attenzione dei rivali, ma anche degli inquirenti, ma le giovani leve della camorra appaiono puntualmente pronte a correre il rischio di ipotecare un mandato di cattura, pur di conquistare follower e consensi anche nel mondo virtuale. Una dinamica che non affascina “l’uomo misterioso” del clan De Micco che sembra essere a tutti gli effetti un fedele praticante del vecchio codice d’onore della camorra.
Sull’omicidio di Salvatore De Martino, alias cap’ ‘e guerr’, ci sarebbe proprio la firma del fedelissimo e discreto seguace del boss Marco De Micco.
Un delitto compiuto in un momento storico cruciale e che secondo quanto emerso di recente sarebbe stato ordinato per stroncare i piani di De Martino, figura di spicco dei De Luca Bossa che probabilmente stava pianificando insieme agli altri reduci del clan, un agguato ai danni del boss Marco De Micco. Tornato a Ponticelli a marzo del 2021, il fondatore del clan dei “bodo” era sottoposto all’obbligo di firma e il commando intendeva stanarlo proprio quando si sarebbe recato presso la stazione dei carabinieri di Ponticelli che si trova proprio di fronte al rione Lotto O – fortino del clan De Luca Bossa – per andare a firmare.
Invece, nel bel mezzo del pomeriggio del 12 agosto del 2021, nei pressi dell’Isolato 23 del rione De Gasperi, un sicario a bordo di una moto guidata da un complice freddò il 45enne Salvatore De Martino, mentre il 49enne Salvatore Scarpato rimase gravemente ferito. De Martino morì poco dopo l’arrivo al pronto soccorso dell’ospedale Villa Betania, mentre Scarpato fu trasportato all’ospedale del Mare, in gravi condizioni, ma non in pericolo di vita.
Secondo quanto emerso di recente, l’autore di quell’agguato sarebbe proprio la figura occulta del clan De Micco, entrata in azione per favorire l’ascesa del boss Marco De Micco e al contempo sventare il pericolo che potesse finire nel mirino dei rivali, mentre alla guida della moto c’era uno dei giovani affiliati arrestati nell’aprile del 2022 insieme allo stesso boss con l’accusa di aver partecipato a un altro delitto eccellente, quello di Carmine D’Onofrio, il 23enne figlio naturale del boss Giuseppe De Luca Bossa, assassinato meno di due mesi dopo l’omicidio di De Martino.
Non solo omicidi, “l’uomo misterioso” del clan avrebbe compiuto altre azioni violente eclatanti, finalizzate a punire sgarri e regolare contenziosi o consentire all’organizzazione alla quale appartiene e alla quale ha giurato fedeltà eterna di preservare il controllo del territorio. Tant’è vero che nei rioni in odore di camorra regna la convinzione che Antonio Pipolo, ex affiliato al clan De Micco-De Martino, poi diventato collaboratore di giustizia, abbia già rivelato alla magistratura dell’esistenza di questa pedina occulta, ma cruciale che ricopre un ruolo tutt’altro che marginale nell’ambito dell’organizzazione.