Sostiene che né lui né i suoi amici si siano accorti di quello che era accaduto, l’avvocato penalista napoletano Guido Furgiuele, indagato per la morte di Cristina Frazzica, la 31enne biotecnologa travolta dalla sua imbarcazione, mentre era in kajak insieme a un amico, nelle acque del mare di Posillipo la scorsa domenica 9 giugno.
Furgiuele, alla guida dell’imbarcazione, si è fermato e ha soccorso il giovane che era con la 31enne. Una persona che era sul suo yacht “ha visto a poppa un ragazzo sbracciarsi e siamo tornati indietro per soccorrerlo” ma “io e i miei ospiti non abbiamo avvertito alcun impatto”, è quanto dichiarato dall’avvocato 50enne ai magistrati che indagano sulla vicenda.
L’amico della ricercatrice di Voghera, Vincenzo Carmine Leone, “ci ha detto che la ragazza era stata investita da una barca velocissima ed eravamo convinti che non fosse la mia”.
“Se è così me ne assumo tutte le responsabilità – assicura poi parlando con i giornalisti – come ho detto al pm. Più che chiamare i soccorsi non potevamo fare”.
Guido Furgiuele, figlio di Alfonso, noto penalista napoletano, era comparso in questa vicenda come semplice soccorritore e invece potrebbe avere responsabilità nell’incidente. Le immagini delle telecamere di Villa Rosebery, la residenza partenopea del presidente della Repubblica, sulla costa davanti al luogo dell’impatto, fornirebbero importanti riscontri in questo senso, anche se non danno prova certa di cosa sia successo. Oltre al suo yacht gli inquirenti stanno verificando i movimenti di altre due imbarcazioni che erano nei pressi al momento dell’incidente.
Il natante di colore blu di Furgiuele, 18 metri, è sotto sequestro per gli opportuni accertamenti. Al lavoro gli investigatori con un perito per ricostruire attraverso i segni lasciati dall’impatto la dinamica precisa dell’accaduto.
Cristina, biotecnologa lombarda, ma originaria di Reggio Calabria, era a Napoli per motivi di studio. Amante del mare, era uscita in gita sul kayak con l’amico, anche lui avvocato napoletano. E’ finita sott’acqua dopo il violento impatto con natante. A ritrovare il suo corpo, a poca distanza dal luogo dell’incidente, è stata la Capitaneria di Porto. “Eravamo a duecento metri dalla riva, in un punto sicuro, fermi – ha raccontato sconvolto l’amico di Cristina –. Di colpo, in una manciata di istanti ci ha raggiunto un bolide che ci ha travolti. Aveva la prua alta, questo è l’unico mio ricordo”.