Continuano a registrarsi dissidi e malcontenti tra le fila dei De Micco, organizzazione attualmente egemone a Ponticelli, costretta a guardarsi le spalle non solo dalle incursioni dei rivali che rischiano di minare la supremazia conquistata con non poca fatica. Uno scenario tutt’altro che remoto, seppure dal carcere sia giunto l’ordine di deporre le armi da parte delle figure apicali di entrambe le organizzazioni che negli ultimi mesi erano entrate in conflitto: i De Micco su un fronte, il cartello costituito dai relitti degli altri clan presenti sul territorio, capeggiati dai D’Amico del Conocal e dal gruppo emergente tra le rovine del rione De Gasperi, capeggiato dal ras dell’isolato 17. Il “cessate il fuoco” imposto dalle figure di primo ordine della malavita ponticellese attualmente detenute e che rappresentano l’espressione più autorevole ed autoritaria delle fazioni entrate in contrasto di recente ha introdotto un clima di calma apparente del quale stanno beneficiando gli affari illeciti, seppure forte è il sentore di essere al cospetto di un equilibrio destinato a mutare, non appena una scarcerazione eccellente o un fatto eclatante concorrerà a minare le dinamiche correlate alle logiche criminali.
In quest’ottica, i dissidi che si registrano all’interno del clan De Micco potrebbero rappresentare un’insidia destinata a indebolire l’organizzazione, prestando il fianco a un attacco dei rivali.
Numerose le segnalazioni che narrano il vivo malcontento che si registra tra la nuova e la vecchia guardia del clan dei cosiddetti “Bodo” e riconducibile a uno scenario ben preciso. I vecchi affiliati, i fedelissimi che hanno già scontato condanne anche relativamente lunghe, fornendo una dimostrazione tangibile di servilismo e assoggettamento alla cosca fondata dai fratelli De Micco, non avrebbero gradito la rapida e comoda scalata al potere alla quale sono andate facilmente incontro le nuove leve del clan. Nella fattispecie, a suscitare disappunto e rancore è la posizione di quattro giovanissimi che allo stato attuale sono chiamati a costituire lo zoccolo duro dell’organizzazione. Seppure tra loro si annovera la presenza di alcuni soggetti che vengono indicati come gli esecutori materiali di diversi delitti eccellenti che hanno concorso a determinare la recente consacrazione del clan, gli affiliati di vecchia data non approvano il ruolo di prestigio, non solo in termini economici, ma anche di potere, che gli è stato riconosciuto. A loro avviso, si tratterebbe di gregari troppo giovani, inesperti ed esaltati, tra i quali figurano “figli d’arte”, quindi cresciuti da genitori che hanno marcato la scena camorristica locale, ma anche “esordienti” al debutto, appartenenti a famiglie estranee alle logiche criminali e anche questo concorre a destare allarmismo tra i malavitosi più temprati. Forte è il timore di un possibile pentimento, in vista di un ipotetico arresto, così come palpabile sarebbe la percezione dell’inconsapevolezza della gravità delle loro azioni.
Giovani che fin qui non avrebbero sostenuto alcun “banco di prova” in tal senso e che quindi potrebbero rivelarsi incapaci di reggere la pressione degli interrogatori o la routine della vita detentiva, un volta chiamati alla prima esperienza in un istituto penitenziario. Nessuno dei giovani rampolli del clan de Micco è consapevole di cosa sia “il carcere duro” e finora si starebbero limitando a godere dei benefici della vita criminale, per giunta forti di una posizione autorevole, a fronte di una giovanissima età. Un mix esplosivo, secondo alcuni affiliati della prima ora al clan dei “Bodo” che anche per questo motivo avrebbero deciso di prendere le distanze dalle dinamiche camorristiche, voltando le spalle non solo alla cosca, ma anche alla vita criminale. Troppi i rischi, in virtù del nuovo, sfrontato assetto esibito dal clan, frutto sì di una forzatura imposta da una serie di circostanze che prescindono dalla volontà dei vertici dell’organizzazione, ma che avrebbe al contempo concorso a demotivare e disilludere altri, ormai ex, affiliati.
Una micro-rivoluzione interna che tuttavia rischia di stravolgere e mutare l’assetto del clan concorrendo ad abbassare bruscamente l’età media dei gregari: un’arma a doppio taglio dalla quale potrebbero scaturire scenari imprevedibili.