Un colpo di scena clamoroso quello che ha decretato la scarcerazione di Romualdo Sartori, 31 anni, figura di spicco del clan D’Amico-Mazzarella di San Giovanni a Teduccio, arrestato da latitante lo scorso 16 agosto al parco Green Village di Castel Volturno.
Sartori, ricercato da oltre un anno, era sfuggito a due blitz anti-camorra. Sul uso capo pendevano varie accuse: omicidio, tentata estorsione, detenzione di armi da fuoco, reati aggravati dal metodo mafioso.
Era sfuggito al blitz appena una settimana prima, il 9 agosto 2023, aveva fatto scattare le manette per altre nove persone indagate a vario titolo per i reati di tentata estorsione, intralcio alla giustizia, detenzione e porto di arma da sparo, tutti aggravati dal metodo mafioso e dalla finalità di aver agito per agevolare la camorra. Un’indagine avviata in seguito alla denuncia presentata dal gestore di un ristorante di Volla al quale diversi esponenti del clan avevano indirizzato ripetute richieste estorsive tra aprile e maggio scorsi.
Una denuncia, quella sporta dall’ormai ex gestore e titolare della braceria “Amore Carnale”, dalla quale non è solo emersa la ferocia e la violenza che contraddistingue l’operatività del cartello egemone nella periferia orientale di Napoli, ma che ha soprattutto consentito di ricostruire il nuovo assetto camorristico che si è configurato all’ombra del Vesuvio, all’indomani dei recenti accadimenti e che vede gli Aprea di Barra convergere nell’alleanza con i De Micco-De Martino-Mazzarella, rinnegando così la pregressa affiliazione al cartello camorristico legato all’Alleanza di Secondigliano e costituito dai vecchi clan camorristici di Napoli est: i Minichini-Casella-De Luca Bossa, ma anche i Rinaldi, acerrimi nemici dei Mazzarella. Un sodalizio animato dal duplice intento di scalzare i De Micco da Ponticelli e i Mazzarella da San Giovanni a Teduccio, ma come spesso accade, alleanze, strategie e intenzioni vengono ben presto stravolte e ristabilite dall’evoluzione delle dinamiche criminali.
“Noi a Barra abbiamo fatto una sola cosa con Ponticelli”: riferirà al ristoratore uno dei taglieggiatori, confermando la nascita di un unico sodalizio camorristico in cui sono confluiti anche gli Aprea.
Una vicenda che – viene sottolineato nell’ordinanza di custodia cautelare – doveva rapidamente giungere a un epilogo, non solo per preservare l’incolumità del denunciante, oggettivamente esposto a una concreta minaccia, ma anche per evitare l’insediamento del nuovo cartello camorristico e sventare possibili azioni di sangue.
Al momento dell’arresto, ad Aldo Sartori fu notificato anche un altro provvedimento di detenzione cautelare emesso nel maggio 2022, cui il 31enne era anche in quel caso sfuggito, e relativo all’omicidio del boss Patrizio Reale a San Giovanni a Teduccio, avvenuto l’11 ottobre 2009 al quale avrebbe partecipato, all’età di 17 anni, in concorso con altre cinque persone. Del resto, lo spessore criminale di Gesualdo Sartori emerge nitidamente dal suo curriculum criminale. La sua partecipazione all’omicidio di Reale non solo comprova la sua appartenenza al clan Mazzarella, prima ancora di compiere 18 anni, ma ne sottolinea anche lo spessore criminale, proprio perchè compartecipe di un delitto eccellente voluto per eliminare una figura di spicco di un clan rivale.
La relazione con la figlia del boss Salvatore D’Amico detto “o’ pirata” ha agevolato il suo inserimento e la scalata tra i ranghi dell’omonimo clan che rappresenta una vera e propria costola del clan Mazzarella, mentre il vincolo di parentela che intercorre tra Sartori e Antonio Nocerino, secondo quanto riferito dal collaboratore di giustizia Antonio Pipolo, avrebbe favorito la nascita dell’alleanza tra i De Micco e i Mazzarella. Nocerino è infatti un’affiliato della prima ora al clan dei cosiddetti “Bodo”, oltre ad essere uno dei gregari più rispettati e temuti.
Antonio Pipolo, ex affiliato al clan De Micco oggi collaboratore di giustizia, racconta di aver condiviso un periodo di detenzione in carcere proprio con Sartori che in quel frangente gli palesò la volontà di conoscere i De Micco. I due furono scarcerati pressoché in contemporanea nel 2020, quando il boss Marco De Micco era tornato a Ponticelli, dopo aver scontato una pena detentiva di circa 10 anni e fu proprio Pipolo ad organizzare un incontro, insieme al cugino Ivan Ciro D’Apice, tra quest’ultimo e Sartori.
“Ci vedemmo al bar dove abita Naturale. Lì nacque la fusione tra De Micco e Mazzarella”, si legge nel verbale in cui sono riportate le dichiarazioni di Pipolo. Il racconto del collaboratore prosegue e si sofferma sulle riunioni tra gli esponenti dei due clan, racconta delle partite di droga che i De Micco acquistavano dai Mazzarella ed era proprio Sartori a fare da garante.
Salvatore Giuliano, rampollo dello storico clan operante a Forcella e figlio di Luigi Giuliano, tra i condannati per l’omicidio della 14enne Annalisa Durante, ha conosciuto Sartori nel carcere di Larino, proprio come è accaduto a Pipolo e una volta tornati a piede libero ha avuto modo di appurare la vicinanza di Sartori ai Mazzarella incontrandolo in diverse occasioni insieme ad alcune figure di rilievo dell’organizzazione. Salvatore Giuliano riferisce di un incontro a casa di Michele Mazzarella, in quell’occasione Sartori era insieme a un ragazzo che indicò come suo cugino. I due erano lì per trattare una partita di erba che proveniva dal un suo canale diretto: “questa erba denominata “critical” fu presa dai Mazzarella che poi la distribuirono nei loro quartieri – afferma Salvatore Giuliano – noi invece non la prendemmo perchè si tratta di un tipo di droga che nel centro storico non va, nel senso che non piace. Nel centro storico si vende molto la “amnesia” spagnola.” Giuliano lo descrive come un soggetto che esce molto poco da casa, quindi propenso ad adottare un profilo basso.
Tornando all’accusa di tentata estorsione, la posizione di Sartori nel quadro ricostruito dalla stessa vittima appare piuttosto singolare, perché è lo stesso ristoratore a chiamarlo in causa. Forte dell’amicizia che intercorre tra loro fin da quando erano bambini, il ristoratore finito nel mirino del clan si rivolge a Sartori per chiedergli aiuto e pertanto, quando si reca a fargli visita per invocare il suo intervento, ricostruisce per filo e per segno l’intero calvario: Giuseppe Prisco, figlio di Lena Aprea, il giorno di Pasqua gli aveva chiesto “un regalo” di 500 euro. In seguito al suo rifiuto di accondiscendere alla richiesta estorsiva aveva ricevuto la visita di Bartolo Zuccoia, affiliato al clan De Micco che giunto al suo ristorante, gli intimò di consegnare 10mila euro: “ha detto fratm brodino che li devi portare e basta”, così fu motivata quella richiesta. Proprio perchè quell’estorsione era stata praticata per conto di Antonio Nocerino detto “brodino”, cugino di Sartori, il ristoratore decise di rivolgersi all’amico di infanzia per chiedergli di mediare.
La vittima racconta ai carabinieri di aver avuto l’impressione che Sartori fosse ignaro della vicenda e proprio per questo avrebbe preso tempo, chiedendogli di ritornare il giorno seguente per dargli modo di occuparsene. Sartori quindi gli comunica che quella richiesta estorsiva era frutto di una “ripicca” pretesa da Giovanni Prisco per punire il ristoratore per il comportamento irrispettoso che aveva adottato nei suoi confronti quando gli aveva chiesto di consegnargli 500 euro. Pertanto, Sartori annuncia all’amico che il massimo che avrebbe potuto ottenere attraverso la sua intercessione era vedersi dimezzare l’ultima onerosa richiesta estorsiva. E così fu: Sartori gli comunicò che “brodino” aveva accettato che consegnasse “solo” 5mila euro, a fronte dei 10mila euro richiesti inizialmente. Tuttavia, gli emissari del clan seguitarono a pretendere che il ristoratore consegnasse 10mila euro, perchè “l’imbasciata non era arrivata a Ponticelli”, ovvero, quanto gli era stato riferito da Sartori non era stato comunicato agli affiliati al clan De Micco coinvolti nella pratica estorsiva.
Sartori viene arrestato anche con l’accusa di detenzione illegale di armi, nella fattispecie, una piccola pistola modello Glock che avrebbe ostentato in presenza del ristoratore, in occasione dell’incontro in cui aveva comunicato al ristoratore che la richiesta estorsiva era stata dimezzata.
Seppure, secondo il gip, l’atteggiamento di Sartori avrebbe favorito e curato gli interessi del clan e non quelli della vittima, durante le fasi processuali questa premessa è venuta meno ed è stato scagionato da ogni accusa per non aver commesso il fatto.
Un risultato ottenuto facendo leva sulla ricostruzione della vittima, dalla quale emerge il ruolo del Sartori che funge da mediatore/paciere e appare estraneo al ricatto estorsivo, secondo la difesa. La posizione del ras del clan Mazzarella viene ulteriormente confermata da Salvatore De Martino, contiguo all’omonimo clan e arrestato insieme agli altri autori della tentata estorsione, il quale rivolgendosi al padre della vittima afferma che “Alduccio (Aldo Sartori, ndr) in questa storia non c’entra nulla… Giovanni deve portare 10mila euro sennò lo uccidiamo”.