Si chiama Giada Zanola, 34 anni, originaria di Brescia, la donna probabilmente uccisa dal compagno e gettata l’altra notte da un cavalcavia della A4 a Vigonza, in provincia di Padova, il cui corpo è stato poi travolto dal passaggio di un camion. In carcere, accusato di omicidio volontario aggravato, Andrea Favero, 39 anni, camionista.
Giada aveva comprato casa un paio d’anni fa e viveva proprio a Vigonza con il compagno e con il figlio di tre anni, che spesso ritraeva nelle foto postate sui social. Appassionata di tatuaggi, stava per iniziare un lavoro presso un impianto di distribuzione di carburanti, mentre prima lavorava in un negozio di Vigonovo, il comune della provincia di Venezia dove abitava tra l’altro Giulia Cecchettin. Come riporta anche il “Corriere della Sera” era una donna solare, descritta dai vicini di casa come sempre attenta e rispettosa. Con Favero era ai ferri corti e, probabilmente, scattavano spesso litigi anche violenti. L’ultimo potrebbe essersi consumato proprio la notte tra martedì e mercoledì, quando Giada era fuggita di casa in macchina, venendo poi raggiunta dal compagno sul cavalcavia della A4, a Vigonza. Resta da capire – lo stabilirà l’autopsia – se la donna sia stata stordita o abbia perso i sensi venendo malmenata prima di essere gettata oltre la recinzione del ponte autostradale. Quando gli inquirenti sono andati a cercare Favero nell’abitazione della coppia, hanno riscontrato che lo stesso aveva lividi sul corpo ed escoriazioni sui polsi, probabilmente dopo che Giada aveva tentato di difendersi, forse anche in precedenti episodi di violenza domestica. Come detto, e stando anche alle indicazioni degli investigatori, Favero avrebbe usato violenza sulla compagna altre volte, ma la donna non ha mai sporto denuncia. Il camionista 39enne viene descritto come un compagno molto geloso e possessivo.
I due avrebbero dovuto sposarsi a settembre, ma Giada aveva annullato le nozze. La 34enne, sempre secondo gli amici, non aveva mai manifestato propositi suicidi, anche perchè era molto legata a suo figlio. In ogni ogni caso aveva già comunicato al compagno l’intenzione di mettere fine alla loro relazione.
Nella ricostruzione dei rapporti tra i due sono arrivate poi anche le parole di un’amica di Giada Zanola che ha riferito agli inquirenti che la donna aveva paura di Andrea Favero. La testimone ha detto agli inquirenti che l’indagato “era geloso della relazione della vittima con un altro uomo, arrivando a dire che la Zanola le aveva confidato di avere paura dell’indagato”. La donna ha messo anche a verbale di avere visto “le foto delle ecchimosi riportate dalla vittima a seguito del litigio del 27 maggio 2024 e che i due litigavano con cadenza quotidiana, anche per motivi economici”. Di litigi “quasi all’ordine del giorno” ha parlato anche la madre dell’indagato. E un altro testimone ha raccontato “di avere ricevuto dalla vittima confidenze sulle condotte violente dell’indagato culminate in almeno due episodi nei quali l’aveva afferrata per il collo”.
“Qualche litigio, come in tutte le coppie, ma Giada non ci aveva mai detto che lui fosse stato violento o che la situazione fosse grave”. Queste le parole di Daniel Zanola, il fratello di Giada, commentando le ipotesi sul comportamento violento di Favero. La famiglia della vittima abita a Brescia e il fratello, parlando del compagno della sorella ora in arresto, ha detto: “Anche con noi Andrea era sempre tranquillo e gentile. Non sappiamo cosa sia successo, devo andare a parlare con la Polizia per capire”.
Intanto ha parlato anche Favero, interrogato dagli investigatori. “Alle 7.30 ricordo di essermi svegliato e di essermi accorto che Giada non c’era tanto è vero che le ho mandato un messaggio chiedendole se fosse già andata al lavoro e dicendole che non ci aveva nemmeno salutato come era solita fare”. Questo proprio uno dei passaggi dell’interrogatorio dell’uomo. Il pm di Padova Giorgio Falcone ha riferito che il messaggio è presente (ore 7.38) nella chat del telefono dell’indagato. “Sei andata al lavoro?? Non ci hai nemmeno salutato!!”. Per il sostituto procuratore, però, “appare evidente che i contatti telefonici e i messaggi presenti sul suo cellulare rappresentino una messa in scena”.