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VIDEO-Il nuovo business d’oro della camorra di Ponticelli: così la moglie del boss vende merce sui social

Luciana Esposito di Luciana Esposito
29 Maggio, 2024
in Cronaca, In evidenza
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Merce di tutti i tipi, dai capi di abbigliamento per bambino ai cosmetici e alle creme dimagranti e anticellulite, ma anche prodotti per la casa, accessori di brand rinomati, venduti in maniera totalmente illecita in diretta su facebook: ecco come il nuovo business d’oro della camorra di Ponticelli assicura una fonte di guadagno considerevole al clan.

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Nel caso dei rinomati brand d’abbigliamento per bambino, in primis Oviesse, il clan è stato capace di bruciare sul tempo i rivenditori autorizzati, vendendo rigorosamente in diretta sui social i capi della collezione estiva in pieno inverno e viceversa, quando nei negozi erano in pieno corso i saldi estivi o invernali. L’altra caratteristica peculiare e distintiva della merce venduta illegalmente su facebook è il prezzo irrisorio che non può essere neanche definito competitivo, perché in alcuni casi si spinge ben oltre la metà del prezzo marcato sul cartellino.

Ma come arriva quella merce tra le mani della venditrice della camorra?

La redazione di Napolitan.it ha avviato un’inchiesta all’inizio del 2024 per ricostruire l’intera filiera, partendo da un’evidenza innegabile e ampiamente documentata: a capo del business illecito c’è la moglie di uno dei due reggenti del clan De Micco di Ponticelli, mentre la vendita dei capi sui social è affidata a una donna che ha dichiarato di essere sua cugina.

Tutti i giorni, nel primo pomeriggio, pressoché alla stessa ora, un soggetto consegna non meno di 4 o 5 plichi di abiti direttamente a casa del boss, in via Virginia Woolf a Ponticelli. Da lì la merce viene trasferita in via Cupa Vicinale Pepe, arsenale del clan De Micco, nell’appartamento dove vive la venditrice e dove materialmente si svolgono le dirette facebook.

Il coinvolgimento della moglie del boss è dimostrato dalla sua partecipazione ad alcune vendite sui social, dove è proprio lei a decidere i prezzi dei capi d’abbigliamento da vendere. Onnipresente nella fase di avvio del business, si è poi progressivamente defilata, seppure non manca di apparire accanto alla sua parente-social in alcuni video su tiktok finalizzati a diramare dei messaggi espliciti.

Si tratterebbe di capi originali, sottratti dai depositi dove si trovano in giacenza, prima di essere smistati presso i vari punti vendita autorizzati, consegnati al clan con la complicità di un dipendente che provvederebbe quindi a recapitare la merce sottratta illegalmente al leader dei De Micco, previa ricompensa. Un passaggio cruciale che giustifica i prezzi irrisori applicati ai capi venduti. Ogni plico contiene 100 capi, ciascun indumento viene venduto a un prezzo che varia da un minimo di tre euro a un massimo di 10 euro. Calcolatrice alla mano, non è difficile constatare che in questo modo la camorra si assicura una fonte di guadagno di diverse migliaia di euro al giorno, senza versare neanche un centesimo nelle casse dello Stato. Niente tasse, niente fatture o scontrini: un guadagno netto e sfrontato che da mesi viene ostentato sui social network.

La moglie del boss e la sua cugina/complice in più di una circostanza hanno sfoggiato capi d’abbigliamento lussuosi per ostentare il buon esito degli affari. Uno schiaffo all’orgoglio dei lavoratori onesti che vendono quella stessa merce, ma che non possono “giocare al ribasso”, non solo perchè a differenza della camorra hanno delle spese da pagare, ma soprattutto perchè gli è stato impedito dagli esponenti del clan che in più circostanze avrebbero minacciato esplicitamente i “competitor ” intimandogli di non osare vendere quella stessa merce a tariffe più basse rispetto a quelle praticate dalle loro abili venditrici.

Non solo abbigliamento, ma anche creme anticellulite, trucchi e rossetti, in barba alle più basilari norme che regolamento la vendita di questi prodotti. Profumatori per ambienti, utensili da cucina e prodotti di tutti i tipi, rigorosamente di marche rinomate e anche di dubbia provenienza, come nel caso di un lotto di rossetti “appiccicosi” per un difetto dell’astuccio esterno, privo del sigillo di sicurezza che lei chiama “etichetta” e per questo, spiega, “lo abbiamo pagato in offerta”.

Dai prodotti per capelli di marche professionali, generalmente distribuite solo ai saloni di parrucchiere, a creme anticellulite e creme solari, anche per bambino, vendute a prezzi irrisori.

Ma come funziona il sistema della vendita in diretta facebook?

Durante la diretta, le clienti prenotano i prodotti che desiderano acquistare scrivendo un messaggio nei commenti. La venditrice o una sua collaboratrice provvedono a marcare i prodotti con il nome della cliente che poi viene contattata su WhatsApp dove è anche presente un gruppo nel quale sono inserite tutte le clienti fidelizzate. Un escamotage ordito anche per controllare e tracciare l’identità delle acquirenti e preservare il buon esito degli affari. La vendita, tramite il passaparola, si estende ad amiche, parenti e conoscenti che vengono introdotte da persone già interne al gruppo e che pertanto rappresentano una garanzia di sicurezza per le donne a capo del business illecito.

Un volume d’affari ampliato anche dalle spedizioni, ovviamente garantite da un corriere abusivo, e che consentono ai prodotti venduti dal clan di raggiungere abitazioni collocate ben oltre i confini del quartiere Ponticelli.

La stessa venditrice in più occasioni ha mostrato l’ampia richiesta di pacchi da spedire, rifornendo così decine e decine di famiglie ignare di alimentare le casse di un clan camorristico.

Di recente, l’organizzazione è entrata in affari con una “collega” di Arzano ed è proprio nel suo magazzino che si sono svolte diverse dirette nel corso delle quali le affezionatissime clienti hanno potuto acquistare abiti da cerimonia per bambini di noti marchi d’abbigliamento a prezzi irrisori.

Nel quartiere si narra che nel business si sia inserita anche una new entry, imparentata con un membro delle forze dell’ordine. Un fatto che, agli occhi della società civile, rappresenta un ulteriore elemento di indignazione dinanzi all’impunità ostentata da soggetti che hanno fatto dell'”arte dell’illecito” la loro fortuna.

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