L’ordinanza che ha fatto luce sulla compravendita di voti andata in scena all’ombra del Vesuvio in occasione delle ultime elezioni amministrative a Cercola ha scoperchiato il vaso di Pandora.
Tutti sapevano come funziona, da tempo immemore, “il sistema Cercola”: quello che ha consentito a diversi soggetti di ricoprire cariche politiche per decenni. I loro nomi, citati in più circostanze dai camorristi arrestati, non destano di certo scalpore.
Del resto, è proprio un “vecchio volpone” della politica cercolese a segnalare l’indagine in corso da parte delle forze dell’ordine al gruppo impegnato ad acquistare i voti per favorire la vittoria del candidato sindaco del Pd Antonio Silvano e delle candidate Giusy De Micco – sorella di Sabino, capogruppo di Fratelli d’Italia della VI Municipalità di Napoli – e Antonella Ponticelli, figlia del boss ergastolano Gianfranco Ponticelli, interdetta dai pubblici uffici. Un’impresentabile, sotto tutti i punti di vista, che mirava a “campare di rendita” per cinque anni, consapevole che una volta conquistata la poltrona da consigliere comunale “non avrebbe dovuto fare niente”, solo intascare lo stipendio a fine mese. Uno schiaffo alla dignità e all’orgoglio di decine di giovani colti e istruiti che hanno concorso legalmente alle elezioni per ambire alla stessa carica e che, nel corso degli anni, sono stati sistematicamente beffati dal “sistema Cercola”.
La candidatura di Antonella Ponticelli, figlia del boss ergastolano Gianfranco Ponticelli, un camorrista che ha seminato sangue e terrore tra le strade del vesuviano, ottenuta dichiarando il falso e omettendone l’interdizione, rappresenta l’emblema dello scempio che la politica cercolese è stata capace di compiere nel corso degli anni.
Lo stesso pm sottolinea i due aspetti più mortificanti che rappresentano la costante che si ripete nelle 240 pagine di ordinanza che hanno concorso a far luce sulle dinamiche illecite che hanno contraddistinto l’ultima tornata elettorale ponticellese: la scarsa o del tutto assente dimestichezza con la lingua italiana degli indagati che trapela dalle intercettazioni che faticosamente sono state tradotte in concetti ed espressioni più comprensibili. Un passaggio che concorre a gettare ulteriore mortificazione sulla vicenda, considerando che tali soggetti ambivano a ricoprire una carica istituzionale, facendosi – in teoria – portavoce del pensiero dei cittadini. Un altro dato allarmante è la consapevolezza di essere al cospetto di una pratica radicata e consolidata nel tempo, dove gli indagati conoscono bene i soggetti che per conto dei clan comprano i voti per favorire uno o l’altro candidato. Sanno a chi rivolgersi, sanno chi osteggiare. La figura del broker dei voti per conto dei clan operanti sul territorio risulta essere un vero e proprio mestiere che vede coinvolto – non a caso, probabilmente – anche un soggetto già finito nei guai in passato per essere risultato invischiato in dinamiche analoghe.
La partita, come puntualmente accade in tutte le realtà in cui vige un sistema elettorale viziato e colluso con le dinamiche mafiose, si gioca nelle case popolari: determinanti nel decretare le sorti delle elezioni, in questo caso, i voti degli abitanti delle palazzina di via Matilde Serao a Caravita. Gli aspiranti leader della politica cercolese, in sostanza, mirano a “comprare la fame della povera gente”: 30 euro per il primo turno, 20 euro per il ballottaggio. Questo il tariffario praticato alle ultime elezioni, ma gli abitanti di Caravita si ribellano e fanno sapere alla nostra redazione che “non dobbiamo buttare fango su chi ha aiutato la povera gente, promettendo anche posti di lavoro che a volte sono arrivati, altre volte no, ma hanno sempre avuto un occhio di riguardo.” Come nel caso delle Universiadi, dove al palazzetto dello sport di Caravita – secondo quanto riferito da alcuni lettori al nostro giornale – avrebbero trovato un impiego diversi residenti in zona, tra i quali alcuni soggetti direttamente coinvolti nel business del voto di scambio.
Così come alcuni residenti del rione di edilizia popolare della frazione di Cercola raccontano il vivo malcontento scaturito dalle promesse fatte da alcuni noti esponenti della politica locale che alla vigilia delle elezioni amministrative del 2023 li avrebbero addirittura invitati a non pagare il canone di affitto, malgrado siano residenti in case di proprietà del comune. Un ammanco che si sarebbe tradotto in dozzine di ingiunzioni di pagamento da parte dell’Agenzia delle entrate che stanno arrecando notevoli rogne ai cittadini che – a loro dire – avrebbero smesso di pagare l’affitto su invito di alcuni volti noti della politica cercolese.
A destare sconcerto non è solo “la premura” di uno dei senatori della politica cercolese, Vincenzo Barone, il nome più ricorrente nelle conversazioni dei soggetti tratti in arresto e legati al clan De Micco-De Martino di Ponticelli e Fusco-Ponticelli di Cercola, che li avrebbe messi in guardia dall’esporsi durante il ballottaggio, acquistando altri voti, consapevole che fosse in corso un’indagine da parte delle forze dell’ordine.
Il rapporto confidenziale che intercorre tra alcuni esponenti della politica cercolese e i camorristi impegnati nella compravendita di voti si sintetizza così: questi ultimi erano soliti rivolgersi al sindaco uscente, Vincenzo Fiengo, chiamandolo “Enzuccio”.