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I Simboli della Pasqua nella tradizione culinaria

Redazione Napolitan di Redazione Napolitan
30 Marzo, 2024
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I Simboli della Pasqua nella tradizione culinaria
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In occasione delle festività pasquali, sulle tavole italiane sfila un’infinita varietà di piatti tipici e innovativi. Il nostro Paese, lo sappiamo, possiede una tradizione culinaria ben radicata nei secoli. Soprattutto in periodi di festa, sulle nostre tavole non mancano piatti e dolci tipici. A Pasqua è d’uopo consumare cibi che rappresentano veri e propri simboli: pensiamo alla buonissima colomba dolce, all’uovo di cioccolata e agli svariati pani augurali tipici di ogni regione.

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Al simbolismo originario della Pasqua, come rito di rinascita della natura e della resurrezione, si riconnettono i pani augurali che contengono l’uovo. Questi pani assumono diverse forme e nomi, secondo le località di produzione.

Nel corso dei secoli, la nostra cucina è stata influenzata e contaminata da popoli stranieri che hanno trasferito le tipicità dei luoghi di provenienza in alcuni dei più deliziosi dolci italiani. Si pensi, ad esempio,  alla cassata siciliana, introdotta dagli Arabi e divenuta simbolo pasquale: inventata probabilmente dai cuochi di corte dell’emiro della dinastia dei Kalbiti, il nome di questo dolce deriva da “quas’at”, che significa casseruola. Con il tempo, la cassata è stata oggetto di numerose rivisitazioni e oggi si trova nelle pasticcerie in ogni periodo dell’anno, mentre in passato veniva preparata solo per Pasqua.

Oggi possiamo renderci conto di come le antiche ricette e le laboriose preparazioni, che siano dolci o salate, si trasformano e si completano nel corso dei secoli, attraverso l’apporto di nuovi alimenti e metodi; si parte da una pietanza antica e, secondo la disponibilità degli ingredienti, si arricchisce di sapori. Anche la fantasia in cucina dà una marcia in più al piatto, esaltandone non solo il gusto ma anche la presentazione.

Seguire una tradizione non è solo l’abitudine a ricordare un rito; significa anche acquisire la consapevolezza di quel rito. Mangiare l’uovo di cioccolato a Pasqua è un rituale che la maggior parte di noi compie ogni anno ma non deve restare solo un’abitudine che, con inerzia ci accingiamo a fare: quando gustiamo un uovo di Pasqua, dobbiamo avere la consapevolezza che esso è un potente simbolo di rinascita, fertilità e vita.

Non è un caso se l’uovo di cioccolato si mangia in questo periodo dell’anno.

Tra i simboli che rappresentano la Pasqua, la colomba è quella sulla quale esistono più versioni in merito al suo significato: tra leggende e religioni, la colomba è simbolo univoco di pace e inizio di una nuova vita.

Sono questi i significati profondi che il linguaggio del cibo comunica: conoscendoli a fondo, essi ci permettono di mangiare con più consapevolezza. Dopo tutto, il mangiare non è solo un mero nutrimento del corpo ma anche dello spirito.

Prendiamo coscienza di ciò che mangiamo e delle nostre tradizioni: in tal modo, potremo preservare la nostra cultura gastronomica e “gustare” appieno la nostra esistenza.

L’uovo di Pasqua – Storia e significato simbolico

“Omne vivum ex ovo“, cioè “tutti i viventi nascono da un uovo“, è il motto che per secoli ha spiegato il principio che la vita non può avere origine dal nulla. Da esso capiamo quale importanza abbia sempre avuto l’uovo, con la sua forma perfetta nel nostro immaginario; la sua forma ovale è infatti una linea senza inizio e senza fine (infinita) che richiama l’eternità.

In tutto il mondo, l’uovo è il simbolo della Pasqua. Dipinto o intagliato, di cioccolato o di zucchero, di terracotta o di cartapesta, l’uovo è parte integrante della ricorrenza pasquale e nessuno vi rinuncerebbe. Ma quanti di noi conoscono il significato autentico di questo simbolo?

Se quelle di cioccolato o di cartapesta hanno un’origine recente, le uova vere colorate e decorate hanno una storia antichissima, che affonda le sue radici nella tradizione pagana. Simbolo della vita che nasce, l’uovo cosmico è all’origine del mondo: al suo interno avrebbe contenuto il germe degli esseri. Presso i greci, i cinesi e i persiani, l’uovo era anche il dono che veniva scambiato in occasione delle feste primaverili, quale simbolo della fertilità e dell’eterno ritorno della vita. Gli antichi romani usavano seppellire un uovo dipinto di rosso nei loro campi, per propiziarsi un buon raccolto.

Con l’avvento del Cristianesimo, molti riti pagani vengono recepiti dalla nuova religione. La stessa festività pasquale, d’altro canto, risente di lontani influssi: cade, infatti, tra il 25 marzo e il 25 aprile, ovvero nella prima domenica successiva al plenilunio che segue l’equinozio di primavera. La Pasqua, insomma, si festeggia proprio nel giorno in cui si compie il passaggio dalla stagione del riposo dei campi a quella della nuova semina e quindi della nuova vita per la natura.

Anche in occasione della Pasqua cristiana, dunque, è presente l’uovo, quale dono augurale, che ancora una volta è simbolo di rinascita, ma questa volta non della natura bensì dell’uomo stesso, della resurrezione di Cristo: il guscio è la tomba dalla quale Cristo uscì vivo.

L’Agnello

Nella tradizione cristiana a Pasqua si mangia l’agnello, perché nella sua simbologia ci ricorda il sacrificio di Gesù in croce, la sua passione, perché fu “immolato come un’agnello”.

L’agnello noi tutti sappiamo essere un animale mansueto e la sua immagine ci ricorda appunto l’innocenza e simboleggia perfettamente la pazienza, la mansuetudine e l’innocenza di Cristo che viene “condotto al macello” e immolato per noi sul legno della Croce, al posto nostro, in obbedienza al Padre per la salvezza di tutta l’umanità.

Ma la simbologia affonda le sue radici nella tradizione Ebraica perchè ci ricorda, nell’antico testamento, il sacrificio di Isacco, che per noi è immagine di Cristo, da parte di Abramo, sacrificio che grazie alla sua fede non fù consumato (al suo posto venne ucciso un ariete); inoltre ci ricorda anche l’esodo, perché nell’ultima piaga il Signore dà ordine a Mosè di spargere il sangue  di un agnello sugli spipiti delle porte della case degli ebrei, di modo che l’angelo della morte vedendolo non sarebbe entrato.

La pastiera

La Pastiera è un dolce di pastafrolla, ricotta, uova e grano, nato ufficialmente a Napoli  nell’antichissimo monastero di San Gregorio Armeno dove le monache vollero celebrare la Risurrezione creando un dolce che fosse carico di simboli. Un dolce che unisse il profumo dei fiori dell’arancio del giardino conventuale con la bianca ricotta ed il grano e le uova simbolo di nuova vita, l’acqua di mille fiori odorosa come la primavera, col cedro e con le spezie asiatiche.

Negli simbologia degli ingredienti quindi, compare oltre all’uovo, un altro elemento comune a tutti i preparati di questo periodo, il grano.  Il grano è simbolo di vita; dal grano si ricava la farina con la quale si prepara il pane che è il cibo per eccellenza e che ci richiama l’eucarestia. Ma c’è un’altra cosa da considerare; per ottenere la farina, il grano deve subire un processo di battitura e deve passare per una macina per essere ridotto quasi in polvere; questo ci ricorda in simbolo la passione di Cristo che è stato umiliato e battuto prima di andare in Croce (gli schiaffi, gli sputi, le frustate, ecc.). La tradizione vuole che la pastiera si prepari il Giovedì Santo per poi consumarla il lunedì in Albis.

Il Casatiello e il Tortano

Il tortano e il casatiello si fanno con la farina che, come abbiamo già detto, simboleggia qualsiasi forma di sostentamento e di alimento. Prima di diventare il Simbolo del Re dei Re, cioè di Cristo nell’ostia consacrata, il Pane era ed è il Re dei Cibi.

Poi ci sono le uova. L’Uovo come abbiamo già detto è il simbolo del seme primordiale dal quale in seguito nasce il mondo. Come totalità racchiusa in un guscio, indica la Creazione già prefigurata fin dall’inizio.

Oltre alla sostanza, tortano e casatiello hanno in comune  la forma a ciambella, vuota al centro. Questa forma ha un significato ben preciso, la forma della corona di spine di Gesù Cristo. E’ così che, mangiandola, ci si ricorda, senza averne consapevolezza, ma a livello profondo, del calvario del Salvatore: e si lenisce la (sua e nostra) sofferenza  “distruggendo”, col mangiarla, una delle sue cause: la terribile corona di spine, appunto. Ma benché uguali per contenuto (l’impasto è sostanzialmente il medesimo), e per forma (ciambella),  tortano e casatiello non sono sinonimi.

ll casatiello ha qualcosa in più rispetto al tortano. Oltre ad avere le uova sode dentro l’impasto, ce le ha pure fuori: quattro o più, complete di guscio, incastonate nella ciambella. Ma non completamente affondate in essa, in modo che la loro parte superiore rimanga visibile.

Il tortano (in cui le uova sode, tagliate a spicchi, si trovano solo nell’impasto) è in realtà più antico del casatiello. Che ne rappresenta un’evoluzione.

Nel  casatiello, al di sopra di ciascun uovo inserito nella ciambella vengono sistemate due striscioline di pasta perpendicolari tra loro. Le due strisce ortogonali di pasta che non sono altro che la rappresentazione della Croce.

Le erbe amare

Sulla nostra tavola oltre a quanto citato sopra, compaiono anche dei piatti a base di erbe amare, perché fanno riferimento alla pasqua ebraica dove si ricorda l’amarezza della schiavitù d’Egitto; mentre per noi ricordano l’amarezza del peccato, raffigurata anche dal fiele offerto a Gesù, da parte di un soldato, quando era in Croce ed aveva sete.

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