«Qua dentro io non posso insegnare niente a nessuno, posso solo imparare». Esordisce così Geolier, il rapper napoletano Emanuele Palumbo, che nel corso del pomeriggio di martedì 26 marzo ha incontrato gli studenti dell’Università Federico II di Napoli, nell’Aula Magna del complesso di Scampia, quartiere della periferia nord di Napoli, poco distante dal rione Gescal, dove il rapper è cresciuto.
«Non è una lezione, ma una chiacchierata tra amici e ho mille paure e mille ansie come le avete voi». Il 24enne, reduce dal secondo posto al festival di Sanremo, ha già collezionato 60 dischi di platino con due album, di cui il secondo, Il coraggio dei bambini, risulta il più venduto del 2023.
L’invito da parte del rettore al rapper aveva scatenato le critiche, a partire da quelle del procuratore di Napoli Nicola Gratteri, che ha definito la scelta della facoltà «assurda», perché Geolier sarebbe, a suo parere, un «modello negativo per i ragazzi» e l’Università dovrebbe essere un centro di «formazione e raffinatezza culturale». Il rettore dell’ateneo, Matteo Lorito, ha replicato a queste critiche all’inizio dell’incontro, spiegando: «Ci hanno tirato dentro a polemiche che non ci interessano, l’autonomia dell’Università è sacrosanta e con questo dibattito rispondiamo a tutte le critiche. Alcune preoccupate, alcune retrò, ma questa è l’università che noi vogliamo».
Gli studenti hanno accolto con interesse e simpatia il giovane artista, molto legato a Napoli, la sua città: «Quando voglio stare tranquillo sto nel mio rione: lì le persone non mi fermano, sanno che sto là per sentirmi a mio agio, tutti mi chiamano Emanuele e mi piace». E ancora: «Tutti i pregiudizi su Napoli sono sbagliati. A Milano mi chiedono se esiste il casco a Napoli, i rapper vengono qui a Napoli e non indossano l’orologio, e io mi domando: “Ma come? Vieni da Milano, che è la città con più reati, e poi arrivi qui e non ti metti l’orologio?”». Verso Napoli, Geolier sente di avere un debito di riconoscenza: «Mi ha creato. Non posso portare questo in un’altra città. Io sto combattendo per portare l’industria musicale a Napoli e poi me ne vado io? No, non succederà mai».
Geolier ha raccontato anche il legame con la sua famiglia: «Mio padre quando parla crea silenzio, ma ogni volta che parla è un insegnamento: lui è quello che vorrei essere da grande. La prima volta che mi ha fatto un complimento è stato l’altro giorno per L’ultima poesia, la canzone con Ultimo, mi ha detto “È proprio bella”. Quello che faccio è per loro, se loro sono orgogliosi di me va bene. Mi posso pure fermare, non mi interessa altro».
Il rapper ha anche spiegato che il suo timore è «di non essere capito»: «Il coraggio dei bambini è stato il pezzo più ascoltato lo scorso anno, ma in molti non capiscono il napoletano e questa cosa fa male perché ho paura di non essere compreso. Invidio voi universitari, sopportate delle pressioni assurde sul lungo periodo, dovreste spiegare voi a me come fare per sopportare le pressioni». E ancora: «Avrei studiato di più per comunicare meglio con le persone. Durante le prime interviste avevo paura di parlare: sono un ragazzo rionale, era strano dire una parola in italiano, forse quello è l’unico rimpianto che ho».