Francesco Pio Valda e Manuel Aprea, i giovanissimi reggenti del clan Valda-Aprea che in quel momento rivendicavano il controllo del quartiere Barra entrando in contrasto con i rivali del clan Cuccaro-Ronza, il 15 febbraio del 2023 misero la firma sul tentato omicidio di Ciro Marigliano. I due gli indirizzarono diversi colpi d’arma da fuoco mentre transitava a bordo della sua auto. Teatro dell’agguato il rione Villa di San Giovanni a Teduccio.
Un agguato sconfinato nel quartiere controllato dai Mazzarella e che proprio per questo fu interpretato come una mancanza di rispetto da parte di ‘o 38 alias Antonio Cozzolino, genero del “pirata” Salvatore D’Amico, fondatore dell’omonimo clan, costola dei Mazzarella, nonché cognato di Gesualdo Sartori, indicato dagli inquirenti come il reggente del clan D’Amico. Sartori è imparentato anche con Antonio Nocerino detto brodino, figura di spicco del clan De Micco e proprio questo vincolo di parentela ha favorito la recente alleanza tra le due organizzazioni e che ha concorso a creare un asse camorristico solido e in grado di controllare l’intera periferia orientale, anche grazie all’alleanza con gli Aprea di Barra, rappresentati da Giovanni Prisco, figlio di una delle sorelle Aprea. Dettaglio, quest’ultimo, particolarmente interessante, alla luce dei dissidi che sono emersi tra i baby-boss Valda e Aprea e una figura di spicco del clan D’Amico come Cozzolino.
All’indomani di quell’agguato, ignaro di essere intercettato, Valda racconta la discussione intercorsa con ‘o 38, irritato per quel tentato omicidio che lui e Manuel Aprea avevano compiuto “a casa sua”, ovvero nel quartiere controllato dal suo clan d’appartenenza. Particolarmente indicativa la reazione di Valda che ribadisce la loro supremazia a Barra, sminuendo l’autorità di Cozzolino rifiutandosi di recarsi presso la sua abitazione per chiarire la situazione: “se vuole dire qualcosa, viene lui qua.”
“Quando ero nu creature ero nu creature”, afferma Valda volendo intendere che quando ricopriva un ruolo marginale nell’ambito del contesto malavitoso locale era tenuto a rispettare le figure di primo ordine, sottolineando quindi di aver conquistato un ruolo di maggiore spessore.
Nei giorni successivi, nel corso di un’altra conversazione, emerge un altro dettaglio: Cozzolino si era rivolto a un cugino dei Valda-Aprea, poi identificato in Francesco Relli, esponente del clan Aprea, all’epoca detenuto ai domiciliari spiegando di “volere soddisfazioni”, quindi avrebbe esplicitamente manifestato il desiderio di rivalsa nei riguardi di Francesco Pio Valda ed Emmanuel Aprea per quell’agguato compiuto nella sua zona di competenza. “O ci date voi soddisfazioni o ce le prendiamo noi”: il monito della compagine operante nel quartiere al confine con Barra. In sostanza, Cozzolino auspicava che Aprea e Valda venissero pestati dai loro stessi parenti e sodali per punire la mancanza di rispetto che gli avevano indirizzato sparando in casa loro, altrimenti avrebbero provveduto personalmente a dare una lezione ai due giovani ribelli. Valda chiarisce che il cugino aveva deciso di non dare seguito a tale richiesta: “è meglio che restiamo litigati con questi qua… invece che umiliarti”.
Nel corso di una conversazione telefonica con Luigi Valda, il fratello maggiore detenuto, Francesco Pio Valda annuncia la volontà di replicare all’affronto subito in quanto “‘o 38 non avrebbe mai dovuto fare una sceneggiata fuori da loro, perchè è zona rossa…è tutto scemo, è un montato”.
Inoltre, Valda manifesta la volontà di colpire nuovamente Marigliano ovunque lo avrebbe incontrato, quindi annuncia l’intenzione di non farsi intimorire dalle imposizioni dei “sangiovannari”, ribadendo più volte al fratello di non volersi scusare per l’agguato compiuto con Manuel Aprea nel rione Villa.
Il tentato omicidio di Ciro Marigliano è stato ricostruito dagli inquirenti esclusivamente basandosi sui fatti emersi dalle voci dei diretti protagonisti, in assenza di rilievi balistici, poiché quella sera nessuno allertò le forze dell’ordine per segnalare il raid.