Ha preso il via oggi, lunedì 25 marzo, la settimana più attesa dell’anno dai cosiddetti fujenti, i devoti della Madonna dell’arco che solitamente trascorrono il lunedì di Pasquetta recandosi in pellegrinaggio al Santuario di Sant’Anastasia. Un appuntamento che giunge al culmine di un lungo rituale preparatorio e che vede le squadre delle varie associazioni inscenare funzioni religiose già diverse settimane prima del rinomato appuntamento con la secolare tradizione che da sempre rappresenta un mistico intreccio tra folklore e fede.
Seppure numerosi fedeli si avvicinino a questo rituale mossi da un reale sentimento di devozione verso la Madonna dell’arco, molte sono le abitudini malsane che inficiano la bontà del sentimento religioso. Non a caso, la Madonna dell’arco è stata erta a protettrice delle “pecore nere”, dei ladri, dei malviventi, perché la storia narra che durante il lunedì di Pasqua del 6 aprile 1450, mentre era in corso una festa paesana, due giovani giocavano a chi facesse andare più lontana una palla di legno colpendola con un maglio. Nel gioco, la boccia di uno dei due andò a sbattere contro un albero di tiglio che sorgeva vicino all’edicola della sacra immagine, facendogli perdere la partita. Il perdente, accecato dall’ira, bestemmiando scagliò la boccia contro l’effige della Madonna, colpendola alla guancia sinistra. Questa, come se fosse di carne, cominciò a sanguinare.
La gente si gettò sul sacrilego e stava per linciarlo, quando, passando di lì il Conte di Sarno, Raimondo Orsini, Gran Giustiziere del Regno di Napoli, fece liberare il malcapitato. Dopo un processo sommario, constatato il miracolo, il sacrilego venne impiccato allo stesso albero di tiglio che aveva fermato la boccia. Dopo ventiquattr’ore l’albero seccò.
Da allora, l’icona della Madonna dell’Arco è venerata da migliaia di fedeli che le rendono omaggio soprattutto nel giorno del lunedì di Pasqua.
Una tradizione diffusissima che vede da tempo immemore uomini e donne vestiti di bianco raggiungere il Santuario di Sant’Anastasia a piedi, talvolta anche scalzi. Nel corso delle domeniche che s’interpongono tra Natale e Pasqua, gli stessi “fujenti” sono soliti chiedere la questua per la Madonna: offerte e donazioni spontanee necessarie per allestire il carro che i fedeli portano in spalla fino al santuario e sostenere le altre spese legate alla funzione.
Negli ultimi tempi, tuttavia, la redazione del nostro giornale continua a ricevere segnalazioni da parte di cittadini che riferiscono che quelle avanzate dai fujenti sarebbero delle richieste estorsive a tutti gli effetti.
In ogni rione del quartiere Ponticelli dove giace un’edicola votiva dedicata alla Madonna dell’arco, i residenti in zona sono chiamati a elargire somme di denaro ogni volta che si organizza una funzione religiosa. Per giunta, non viene chiesta un’offerta spontanea, ma una tariffa fissa che parte da 20 euro. Una vera e propria richiesta estorsiva, al pari di quelle avanzate per retribuire le imprese di pulizie e gli addetti alla potatura delle aree verdi. L’ennesimo sopruso che concorre a esasperare gli animi dei cittadini, ma anche degli esercenti, a loro volta taglieggiati non solo per corrispondere la tangente di Pasqua, ma per fare un’offerta alla Madonna e che pertanto subiscono l’ennesima richiesta estorsiva mascherata da donazione spontanea.
In via Luigi Franciosa, quartier generale del clan Casella, è spuntato perfino un avviso nella bacheca condominiale che invita coloro che vogliono partecipare alle spese da sostenere per ospitare le squadre di battenti, chiamati ad esibirsi a ridosso dell’altare dedicato alla Madonna dell’arco, a recarsi presso l’abitazione di un inquilino. In realtà, secondo quanto riferito dai cittadini che hanno inviato la foto alla redazione del nostro giornale, il promemoria farebbe riferimento alla “richiesta esplicita” ricevuta nei giorni precedenti di recarsi presso la stessa abitazione per “donare spontaneamente” 20 euro.
Ricostruendo quanto emerso dalle informazioni raccolte, in ogni rione, in ogni strada in cui c’è un altare votivo dedicato alla Madonna dell’arco dove si svolgono funzioni religiose, le celeberrime parate dei fujenti che impazzano anche sui social, i cittadini sono tenuti a sborsare del denaro, destinato a confluire nelle casse dei clan. A capo del business ci sarebbe un parente diretto di alcune figure di spicco della camorra locale, mentre ad effettuare la raccolta di denaro porta a porta nei vari rioni sarebbe un soggetto incaricato dai clan operanti nella zona non direttamente coinvolti nelle dinamiche malavitose, proprio per non indispettire e insospettire i cittadini che devono vivere nella ferma convinzione che quei soldi verranno destinati all’acquisto di addobbi e materiale necessario per l’allestimento del carro che comunque deve essere bardato in maniera impeccabile, perché ciascuna associazione rappresenta un rione o una zona della città controllata da un clan.
Un carro sfarzoso e imponente è sinonimo di potere e opulenza, un simbolo che consacra “lo stato di ottima salute” di cui gode il clan, riconoscente per questo alla Madonna, ma altresì propenso ad ostentare quel pomposo orpello, emblema dell’egemonia conquistata, sfilando sotto gli occhi delle compagini rappresentative delle altre realtà di Napoli e provincia.