La Corte di Assise di Napoli ha condannato a 26 anni di carcere il collaboratore di giustizia Antonio Pipolo, per l’omicidio di Carlo Esposito, unico obiettivo dell’agguato e Antimo Imperatore, vittima innocente della criminalità.
Il processo ha escluso l’aggravante dell’associazione a delinquere di tipo mafioso, ma ha riconosciuto la premeditazione e le attenuanti generiche. La sentenza è stata accolta con applausi dai familiari delle vittime che hanno poi espresso la loro amarezza per il mancato ergastolo.
Pipolo, la mattina del 20 luglio del 2022, bussò alla porta del basso dove Carlo Esposito, 29enne affiliato al suo stesso clan, era in procinto di trasferirsi con l’intenzione di ucciderlo. L’agguato avvenne nel rione Fiat, fortino del clan De Martino. Pipolo e Esposito erano entrambi affiliati ai De Micco-De Martino e il killer decise di eliminare Esposito dopo che era riuscito a sfuggire a una trappola che gli era stata tesa in una discoteca per ucciderlo. Una persona rivelò a Pipolo il piano di morte ordito dal suo clan d’appartenenza che aveva deliberato la sua morte in quanto ritenuto poco affidabile. Forte era il timore che Pipolo potesse pentirsi. Il sicario incaricato di eseguire materialmente il delitto era Carlo Esposito: per questo motivo decise di bruciando sul tempo, ma quando bussò alla porta del basso ad aprirgli fu Antimo Imperatore e pertanto lo uccise, senza neanche sapere chi fosse per poi dirigersi verso la cucina e sparare anche ad Esposito.
Antimo Imperatore, 52 anni, marito e padre di famiglia, era il tuttofare del rione. Si guadagnava da vivere facendo piccoli lavoretti domestici e proprio per questo si trovava in casa di Esposito: quando Pipolo gli ha sparato stava montando una zanzariera.
Poche ore dopo l’omicidio, Pipolo si consegnò spontaneamente, confessando ai magistrati di essere l’autore del duplice omicidio avvenuto quello stesso giorno a Ponticelli e manifestando la volontà di avviare un percorso di collaborazione.